Se proprio vogliamo andare a caccia di un precedente storico riguardo alle polemiche sul Jova Beach Party, ne troviamo uno che più illustre non si può. Riguarda sempre un bell’uomo con la barba, vestito un po’ hippy, che circa 2 mila anni fa riuniva sulle spiagge della Palestina folle strabocchevoli e adoranti predicando pace e amore, e veniva bacchettato perché violava (o induceva altri a violare) alcune regole sacre. Nel suo caso si trattava delle leggi ebraiche sul sabato, che avrebbero proibito in quel giorno di raccogliere qualche spiga di grano per sfamarsi, figurarsi di guarire i malati. In realtà i malevoli cercavano solo un cavillo per poter incastrare l’illustrissimo personaggio con un’accusa di sacrilegio, ma l’interessato rispediva le critiche al mittente osservando che: a) era lui il Messia, quindi anche il Signore del Sabato; b) fare del bene agli esseri umani è lecito anche nel giorno dedicato al riposo.
Il look da Cristo pirata e quegli slogan un po’ cringe e un po’ paraculi
Il parallelo Jovanotti-Gesù è meno azzardato che irriverente. E non solo perché la popstar di cognome fa Cherubini, è nata «a due passi dal Vaticano» e sfoggia un look da Cristo pirata, ma anche perché in vent’anni ha consolidato un’immagine di cantore dell’amore universale, del bene che vince sempre sul mare, dell’«unica grande chiesa che passa da Che Guevara e arriva fino a madre Teresa passando da Malcolm X attraverso Gandhi e San Patrignano» (un pantheon che oggi suona un po’ «criiiinge», come dicono i giovani, e ieri suonava un po’ paraculo, come dicevano quelli cui Jovanotti stava simpatico, ma Muccioli molto meno). Anche nel suo ultimo tormentone estivo, I Love You Baby, ci scappa il riferimento sacro, «sulla strada di Damasco penso subito non è un incidente». Un’allusione alla conversione da picchiatello di Gimme Five al profeta del buonismo rap?
Troppo comodo parlare di nazismo per screditare chi ti mette in discussione
Il parallelo fra i farisei del Vangelo e gli ambientalisti che da Marina di Ravenna a Viareggio criticano i mega-happening spiaggiaroli di Jovanotti, invece, è più irriverente che azzardato. Perché un concerto che piazza su una spiaggia un palco enorme e attira 30 mila persone che saltano e ballano non danneggia una regola astratta, ma può fare all’ambiente danni molto concreti, e non bisogna per forza essere detrattori di Jovanotti per rendersene conto. In una piccata diretta Instagram, un mezzo che risparmia ai messia di oggi la briga di portarsi dietro quattro evangelisti, Jovanotti ha rigettato le accuse con sdegno, rivendicando l’impatto zero dei Jova Beach Party, e sostenendo «di riportare le spiagge a un livello migliore di come le abbiamo trovate». (Che il livello sia migliore è dubbio, ma sicuramente è più basso, visto che la spiaggia prima dell’evento viene spianata con le ruspe). Jovanotti conclude l’intemerata invitando gli «econazisti» a mettersi l’hashtag #greenwashing dove sanno. Un tono che mette veramente tristezza, così come quell’espediente retorico riduce il nazismo a un comodo suffisso per screditare chi lo mette in discussione: e vai di «econazi», «femminazi», di «grammarnazi» eccetera. C’era un sinonimo più elegante per indicare «chi ostenta rigorismo morale badando più alla forma che alla sostanza»: fariseo, appunto. Una parola che però non viene subito in mente quando fai una diretta su Instagram, non hai un evangelista suggeritore a portata di mano e l’unico Matteo che ti appoggia si chiama Salvini.
Silenzio, intorno: solo, alle ventate,
odi lontano, da giardini ed orti,
di foglie un cader fragile . È l'estate,
fredda, di Jovanotti.(Myricae, Pascoli) pic.twitter.com/Bh0PQkQfOD
— libero petrucci (@LiberoPetrucci) August 8, 2022
In gioco c’è l’equilibrio di un ecosistema già in pericolo
Che nel caso dei Jova Beach non ci vadano di mezzo dei formalismi farisaici, ma l’equilibrio di un ecosistema già in pericolo, lo ha spiegato con gentile pazienza il geologo Mario Tozzi in una lunga lettera aperta a Jovanotti pubblicata dalla Stampa. Il tono dell’appello è cauto, umile, quasi supplichevole, appropriato per una perorazione rivolta a un’autorità spirituale (appunto), non a un cantante, per quanto amato e stra-famoso. Come se a Tozzi piangesse e tremasse il cuore nel dover ricordare a Sua Serenissima Positività che «trasformando gli ambienti naturali in luoghi per eventi di massa si potrebbe dare l’idea che la natura e il paesaggio siano in fondo modificabili costantemente dai sapiens anche per esigenze che non solo di immediata sopravvivenza, pur riconoscendo il valore assoluto della musica». Insomma, le uova del fratino, la vegetazione delle dune e l’integrità della sabbia valgono quanto un concerto – non si può dire «più del concerto», se no si passa per «econazisti», guastafeste, nemici del divertimento, dei giovani e forse anche della pace, dell’amore e, a quanto pare, anche di Salvini.
Bravissima @LaStampa ad aver dato a Mario Tozzi @officialtozzi una pagina in cui spiega con cifre, dati, argomentazioni e con i toni pacati della scienza perché chi critica l'operazione JovaBeachParty non può essere considerato un eco-nazi.
Comunque la pensiate, è da leggere. pic.twitter.com/eeM1F16E58— Michele Boroni (@EmmeBi) August 9, 2022
Nella grande chiesa di Jova dovrebbe esserci posto anche per Francesco d’Assisi
E invece no. Nessuno può obbligarci a scegliere fra Jovanotti e il fratino come fra Gesù e Barabba – anche perché il povero fratino non ha fatto nulla di male se non nidificare da sempre in posti dove Jovanotti da due anni organizza i suoi concerti estivi. E l’ex Ragazzo fortunato che «dove c’è uno strappo non mette mai una pezza», questa volta forse dovrebbe rappezzare lo strappo con gli ambientalisti e ritirare quell’«econazisti» che non gli fa onore. Nella sua grande chiesa, oltre a Che Guevara e a madre Teresa, dovrebbe esserci posto anche per Francesco d’Assisi. Che sarebbe stato il primo a spostare una delle sue prediche se c’era il rischio di disturbare la cova di un uccello marino. Anche se non si fosse chiamato fratino.