«Indosso il nero in lutto per le vite che avrebbero potuto essere», cantava Johnny Cash in Man in Black, canzone che dà il titolo all’album uscito negli Stati Uniti il 31 maggio 1971, esattamente 50 anni fa. E che resta il manifesto politico di uno dei maggiori cantautori della musica americana, scomparso nel 2003, che in 10 tracce concentrò la sua riflessione su uno dei lati più controversi della storia statunitense: la guerra in Vietnam e il ruolo dell’allora presidente Richard Nixon.
Conosciuto principalmente per i testi country della sua gioventù (Folson Prison Blues, Ring of Fire e I Walk The Line) e per le riflessioni sulla morte nelle sue ultime registrazioni (celebre in questo ambito il video di Hurt), in Man in Black Johnny Cash riuscì a parlare direttamente all’anima delle famiglie americane, devastate per la perdita di figli, fratelli, mariti e padri nel conflitto.
Il rapporto burrascoso tra Cash e Nixon
Solo un anno prima dell’uscita del disco, nel gennaio 1970, come ricordato dal Guardian, Cash aveva dichiarato pubblicamente di aver sostenuto il presidente Nixon nella sua gestione della guerra, tanto che l’opinione pubblica lo faceva rientrare nella “maggioranza silenziosa” che appoggiava la Casa Bianca. Cash suonò persino per le truppe, rafforzando il legame con l’esercito creatosi nel suo periodo di servizio nell’aeronautica. Fu forse in questa occasione però che cambiò radicalmente le sue posizioni. Se ne può trovare traccia in un altro brano dell’album, Singin’ in the Vietnam Talking Blues scritta, disse lo stesso Cash, «per tutti gli uomini nell’esercito, specialmente per coloro che sono all’estero e vogliono tornare a casa».
Cash si schierò così con una generazione costretta a pagare un prezzo troppo alto per una guerra sanguinosa e ingiusta. Il distacco dalla presidenza Nixon fu tale che Cash non nominò mai più Tricky Dick in un evento pubblico. «Un anno fa non avevo riflettuto così a fondo sulla questione come ho fatto ora», dichiarò in seguito l’artista, ricordando quei tempi. Man in Black non sancì solo una presa di posizione politica da parte del cantante, ma influì anche sulla sua immagine, tanto che da allora gli venne cucito addosso il soprannome «l’uomo che vestiva in nero». «Questa è la mia uniforme», dichiarò in tivù. «Per quattro anni ho indossato quella della United States Air Force, ora mi chiamano “l’uomo in nero”».