Jean-Luc Godard morto a 91 anni: addio al maestro della Nouvelle Vague
Si è spento a 91 anni Jean-Luc Godard, uno dei padri della Nouvelle Vague. Il suo sperimentalismo ha influenzato e continua a influenzare nuove generazioni di registi.
Addio a Jean-Luc Godard, regista francese morto all’età di 91 anni. Considerato uno dei più significativi registi della seconda metà del Novecento e fra i principali esponenti della Nouvelle Vague, le sue opere sono state fonte di ispirazione per molti registi statunitensi della New Hollywood e, più recentemente, per autori come Quentin Tarantino (il quale ha chiamato la sua casa di produzione come uno dei suoi film, Bande à part).
LEGGI ANCHE: Godard è ricorso al suicidio assistito
Jean-Luc Godard morto a 91 anni
Distintosi nei primi Anni 50 per le sue radicali critiche cinematografiche su riviste come Arts e Cahiers du cinéma, è tra il 1953 e il 1955 che l’artista ha abbandonato l’attività di critico per dedicarsi alla regia. Tra i suoi primi cortometraggi si citano Opération béton, Charlotte et son Jules e Une histoire d’eau, mentre il suo primo lungometraggio risale al 1959 e diverrà il vessillo della Nouvelle Vague francese. Si tratta di À bout de souffle (Fino all’ultimo respiro), girato in sole quattro settimane e con la cinepresa a mano, dove sono già presenti quelle trasgressioni che il movimento ha poi utilizzato per distanziarsi dal cosiddetto “cinema de papà”: montaggio sconnesso, attori che si rivolgono direttamente al pubblico, sguardi in macchina.

Bande à part, manifesto della Nouvelle Vague godardiana
Agli Anni Sessanta risalgono oltre 20 film di Godard, tra cortometraggi e lungometraggi, tra cui quello che molti critici hanno definito come una delle massime espressioni della NV, ovvero Bande à part. Ambientato in una Parigi fredda e autunnale, la pellicola racconta la storia di due amici che incontrano casualmente una giovane ragazza, bella e ingenua, che influenzerà nel breve e lungo termine le loro esistenze. Alla fine del decennio, il regista ha poi sperimentato un cinema “politico”, sposando le idee marxiste e servendosi delle pellicole per criticare la civiltà dei consumi e della mercificazione dei rapporti umani, e dato vita al Gruppo Dziga Vertov con cui ha sperimentato un cinema collettivo. Un incidente stradale lo ha costretto a fermarsi, ma dalla metà degli Anni 70 è ripartito con una fase di sperimentazione della nuova tecnologia. A questo periodo appartengono film come Si salvi chi può (la vita), Passion, Germania Nove Zero, Éloge de l’amour e Le livre d’image. Premiato con il Leone d’oro nel 1984 e l’Oscar alla carriera nel 2011, le sue opere hanno ispirato e continuano ad ispirare numerosi registi.
Lo scontro con Truffaut
Tra gli episodi che rimarranno negli annali, da citare è l’acceso scontro epistolare con il collega François Truffaut. Cresciuti umanamente e cinematograficamente assieme ma distanziatisi nel corso degli anni, sia dal punto di vista estetico che politico (Godard ha dato al suo cinema una svolta sperimentale nella forma e impegnata nei contenuti, Truffaut è rimasto disimpegnato e ha ripiegato verso il cinema tradizionale), i due sono stati protagonisti di un aspro diverbio seguito all’uscita di Effetto Notte.

Si tratta del film girato da Truffaut nel 1973 dove si racconta l’iter creativo di un film “classico”, con una parata di trucchi tra i quali appunto quello citato nel titolo. Godard scrisse una lettera di fuoco chiedendo denaro al collega per realizzare il suo successivo progetto “alternativo”: «Ho visto ieri il film. Probabilmente nessuno ti dirà che sei un bugiardo, così lo faccio io. Tu dici che i film sono dei grandi treni nella notte, ma chi prende il treno, in che classe, e chi lo guida con la spia della direzione di fianco? Visto Effetto notte dovresti aiutarmi, perché gli spettatori non credano che i film si fanno solo come i tuoi». Truffaut, rifiutatosi di prestare all’amico la cifra richiesta, rispedì al mittente ogni accusa passando al contrattacco: «Me ne strasbatto di quel che pensi di Effetto notte. Quel che trovo penoso da parte tua è il fatto di andare, ancora oggi, a vedere un film di cui conosci in anticipo il contenuto, che non corrisponde né alla tua idea di cinema né alla tua idea di vita. Tu hai cambiato la tua vita, il tuo cervello e nonostante questo tu continui a perdere ore al cinema a farti male agli occhi. Perché? Per trovare di che alimentare il tuo disprezzo per noi tutti, per rinforzarti nelle tue nuove certezze?».