Dagli scandali degli Anni 70 a Jamie Wallis: la storia dell’omosessualità tra i Tory britannici
Il coming out del deputato Jamie Wallis era stato preceduto da un'infelice battuta del premier Johnson. Il parlamentare, però, non è certo il primo gay tra i Tory. Dallo scandalo Sexminster ai casi di pedofilia, la storia dell'omosessualità tra i conservatori britannici.
Il 30 marzo scorso, il trentasettenne deputato conservatore britannico Jamie Wallis, con un tweet, ha fatto coming out: ha dichiarato di essere trans, raccontando anche di essere stato più volte ricattato per questo, e persino violentato da un uomo conosciuto sul web. Wallis ha anche sottolineato che la sua transessualità è frutto di una disforia di genere che lo accompagna sin da quando era piccolo e ha ringraziato la polizia per il supporto (lo stupratore è stato arrestato) e per la discrezione (la vicenda è passata sotto silenzio).
Il coming out di Wallis è avvenuto all’indomani dell’ennesima gaffe del leader del partito conservatore, Boris Johnson che, la sera precedente, introducendo un incontro con i parlamentari Tory, aveva fatto una battuta proprio sull’identità di genere, salutando i convenuti con un «Buonasera signore e signori, o, come direbbe Keir Starmer (il leader laburista notoriamente sensibile alle istanze del mondo LGBT), persone a cui alla nascita viene assegnato il genere maschile o femminile». Dopo il tweet di Wallis, lo stesso Johnson ha cercato subito di rimediare, lodando il compagno di partito per aver condiviso una storia «molto intima che senza dubbio sarà di grande aiuto agli altri». E a lui si sono accodati diversi altri Tory che hanno espresso solidarietà a Wallis per il suo atto coraggioso.
It’s time. https://t.co/cbt0tKQZuN pic.twitter.com/IUaCjm9PtE
— Jamie Wallis MP (@JamieWallisMP) March 30, 2022
Forzati o spontanei, gli altri casi di coming out tra i Tory britannici
Se Wallis è il primo deputato transessuale presente nel parlamento inglese, non si può certo dire che sia il primo gay nelle file del partito Tory. I conservatori britannici, a dispetto della loro tradizione omofoba, annoverano infatti nella loro storia altri casi di coming out, alcuni spontanei, alcuni «forzati» che hanno fatto scalpore, o comunque che hanno suscitato più di un mal di pancia tra i sostenitori britannici del partito. A cominciare dalle vicende del più giovane Primo Ministro nella storia inglese (1783-1801 e 1804-1806), il conservatore William Pitt II, che prediligeva gli amori maschili, o di Matthew Parris (e siamo già negli anni Ottanta del secolo scorso), deputato conservatore e poi editorialista del Times che ha sposato l’ex ghostwriter di David Cameron e giornalista economico Julian Glover, e che l’Independent ha inserito, nel 2010, tra le cinquanta più influenti personalità del mondo LGBT britannico. Va ricordato anche Michael Brown, grande sostenitore del National Party sudafricano al governo durante l’apartheid, che fu «costretto» a un doloroso coming out, dopo che il News of the world, nel 1994, era entrato in possesso – e si apprestava a pubblicarle – di alcune foto che ritraevano il deputato Tory alle isole Barbados, in pose inequivocabili, con un amico ventenne. E scosse non poco il mondo conservatore britannico un altro coming out, quello di un famoso deputato, Alan Duncan, che nel 2002 uscì allo scoperto dichiarando la propria omosessualità alla stampa.

Sexminster: lo scandalo che nel 2014 scosse il Regno Unito e il partito Tory
È stato tuttavia un altro il caso scoppiato in casa Tory a scuotere l’intero Regno Unito, oltre a creare scompiglio e molti imbarazzi nel mondo conservatore britannico. Si tratta del cosiddetto scandalo «Sexminster», relativo a molestie, avance e abusi sessuali perpetrati da membri del Parlamento nei confronti dei componenti, soprattutto maschili, dei diversi staff (segretarie, ricercatori e ricercatrici, stagisti, ecc.). Lo scandalo era stato sollevato a inizio luglio 2014 da un documentario di Channel 4, che prendeva spunto dal processo a Nigel Evans, membro conservatore del Parlamento accusato (poi assolto) di stupro, assalti e molestie sessuali su membri del suo staff. Gli autori del documentario avevano intervistato una settantina tra stagisti e giovani professionisti, scoprendo che almeno un terzo di loro era stato oggetto di molestia da parte di parlamentari e che il quaranta percento delle vittime erano uomini molestati da altri uomini. Lo scandalo, come immaginabile, ripreso dai media britannici con grande clamore, rischiò di provocare un vero terremoto politico, e di scuotere persino la poltrona di Primo Ministro del conservatore Cameron.
L’accusa dei tabloid e le presunte orge gay a spese dei contribuenti
Il documentario scoperchiò un vaso di Pandora. Nel pieno delle polemiche, emerse infatti un altro scandalo nello scandalo, con alcuni tabloid che accusarono i deputati di Sua Maestà di aver organizzato, con i rimborsi pubblici, e quindi a spese dei contribuenti, party e orge gay. Si parlò, in particolare, di un presunto festino sessuale che si sarebbe svolto in un hotel a cinque stelle di Manchester (costo della camera 2.500 sterline a notte) e, secondo alcune testimonianze, pubblicizzato addirittura su alcuni social per incontri omosessuali come Grindr. Fra i personaggi del partito conservatore coinvolti ci sarebbe stato anche Ian Corby, che si dimise dalla guida del Parliamentary Resources Unit (gruppo che riuniva i ricercatori al servizio dei deputati conservatori). L’escalation della vicenda costrinse quindi il premier Cameron ad avviare un’indagine interna, affidata a Teresa May, allora a capo del dicastero degli interni.

Il racconto choc di Norman Tebbit, ex ministro di Thatcher: casi di pedofilia praticati già negli Anni 80
Nemmeno il tempo di avviare l’indagine che su Cameron e il partito conservatore cade un’altra tegola, questa volta addirittura con drammatici risvolti di pedofilia. domenica 6 luglio, lord Norman Tebbit, più volte ministro di Margaret Thatcher, confessò, durante un talk show televisivo, che la pratica di coprire gli scandali per proteggere il sistema era comune anche nella politica inglese. Tebbit faceva riferimento a una vicenda di abusi sessuali, compresi casi di pedofilia, risalenti agli Anni 70 e 80, nel quale sarebbero stati coinvolti almeno dieci parlamentari. Lo scandalo era stato sollevato all’epoca da Peter McKelvie, responsabile di un’organizzazione per la protezione dell’infanzia. Sulla scorta dei materiali raccolti da McKelvie, il deputato conservatore Geoffrey Dickens realizzò un dossier consegnato all’allora Ministro dell’interno Leon Brittan. Ma del dossier si persero le tracce.
Lord Brittan, dichiarò, all’epoca, che le accuse «erano state prese in considerazione» e che «gli elementi credibili e potenzialmente verosimili» erano stati passati al procuratore per ulteriori indagini. Ma il dossier non fu mai ritrovato. La vicenda si incrociava con una indagine, avviata due anni prima da Scotland Yard sulla base della testimonianza di un presunto abusato nella Elm Guest House, un pensionato (in realtà un bordello maschile) nei pressi di Londra trasformato in «casa degli orrori». Qui, secondo il testimone, parlamentari, politici e funzionari, forse anche di Downing Street, avrebbero organizzato festini a scopo sessuale le cui vittime erano dei bambini tra i dieci e i dodici anni (si parlò addirittura dell’uccisione di alcuni bambini abusati). L’inchiesta si concluse con un nulla di fatto nell’ottobre dell’anno successivo.