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A Vuelta ritornano

La rinascita di Fabio Jakobsen. Il ciclista olandese, finito in coma nel 2020 per un tremendo incidente in gara, nel giorno del compleanno ha conquistato il successo di tappa nella corsa spagnola. Per lui è la terza affermazione in questa edizione.

1 Settembre 2021 12:041 Settembre 2021 17:06 Giovanni Sofia
Fabio Jakobsen nel giorno del suo venticinquesimo compleanno ha centrato la terza vittoria alla Vuelta: l'incidente è un ricordo

Prima lo schianto, sbattuto contro le transenne all’interno di una volata senza esclusione di colpi. Poi la rinascita, lenta, quasi aspettasse il momento giusto per compiersi definitivamente. L’olandese Fabio Jakobsen il 31 agosto, nel giorno del suo 25esimo compleanno, alla Vuelta, si è preso con gli interessi ciò che una caduta, a velocità folle, aveva provato a togliergli. Vittoria di tappa a Santa Cruz de Bezana, la terza per lui nell’edizione della corsa spagnola, e maglia verde di leader della classifica a punti. A fermarsi qui, il 5 agosto 2020 appare lontanissimo, un ricordo quasi sbiadito. Allora sul rettilineo finale della prima frazione del Giro di Polonia il connazionale Dylan Groenewegen spinse verso l’interno il ciclista. Sparati lungo l’asfalto nemmeno fossero proiettili, il volo fu inevitabile.

First rider in 15 years to win at #LaVuelta21 on his birthday 🤩
Photo: @PhotoGomezSport pic.twitter.com/D1nnKlNM7f

— Deceuninck-QuickStep (@deceuninck_qst) August 31, 2021

Jakobsen perse il casco, travolse un addetto alla sicurezza e sbatté violentemente la testa. Seguirono attimi di paura, il trasporto immediato all’ospedale di Katowice, cinque ore di intervento al volto e addirittura l’estrema unzione. L’atleta, che accusò un trauma cranico e diverse lesioni su tutto il corpo, rimase due giorni in coma farmacologico, poi venne risvegliato e solo allora si tirò il primo sospiro di sollievo. «Le condizioni sono buone», si affrettarono a twittare gli organizzatori della rassegna. Groenewegen, dal canto suo, si aggiudicò la frazione, ma venne squalificato per comportamento scorretto e la vittoria, che per molto tempo sarebbe rimasta l’ultima, fu assegnata simbolicamente al malcapitato Jakobsen. Il suo calvario durerà fino alla primavera successiva, mostrando per l’ennesima volta tutti i limiti del ciclismo, sport incapace di tutelare fino in fondo i propri interpreti.

Jakobsen, il ritorno alle gare e alla vittoria

Sicurezza precaria, che si bilancia con un enorme passione. Fu questa, più della necessità di riprendere a lavorare, a muovere Jakobsen, che l’11 aprile scorso si presentò ai nastri di partenza del giro di Turchia. «Sto abbastanza bene. Sto ritrovando la forma, ma in generale sono felice di essere tornato in bici e sentirmi nuovamente un professionista. È stato un periodo difficile, ovviamente. incontrarci di nuovo è emozionante, molti compagni non li avevo più visti dal momento dell’incidente». Erano passati 249 giorni, altri 101 ne serviranno invece per battezzare un nuovo successo. Accadrà al giro di Vallonia, dove appena 24 ore prima a imporsi – ironia del destino – era stato proprio Groenewegen, al quale in seguito all’episodio erano stati comminati nove mesi di squalifica.

Acqua passata, anche se di perdono Jakobsen non è riuscito mai a parlare: «Ci siamo incontrati a maggio insieme agli avvocati e il contenuto della conversazione mi auguravo rimanesse riservato. Dylan non si è scusato personalmente e rifiuta di assumersi la responsabilità di quello che ha fatto in Polonia. Voglio trovare un accordo, ma per ballare bisogna essere due». Frasi taglienti, testimonianza lampante di un rapporto difficile da recuperare. Al contrario, della strada, dove le cose per fortuna sembrano andare decisamente meglio.

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