Gli storici legami tra Italia e Russia che rendono difficile a molti la condanna di Mosca

Mario Margiocco
09/04/2022

Dalla suggestione del comunismo alla sensazione di isolamento dal resto d'Europa, fino al populismo e al rifiuto della Nato. Italia e Russia sono tenute insieme da un legame antico, per questo condannare Mosca, a destra e sinistra, risulta spesso così difficile.

Gli storici legami tra Italia e Russia che rendono difficile a molti la condanna di Mosca

Prima della guerra di Vladimir Putin all’Ucraina, fino a pochissimi mesi fa quindi, la Russia godeva in Italia di notevoli simpatie, stando ai sondaggi d’opinione. Simpatie populiste, soprattutto. Con qualche traccia di antichi amori. Nessun altro Paese occidentale, fra i 14 sondati dall’autorevole Pew Research Center, aveva nel dicembre 2020 livelli di simpatia per la Russia analoghi a quelli italiani, che sfioravano la maggioranza ed erano al 48 per cento, ben al di sopra della media, ferma al 29. Lontani anni luce dal minimo assoluto, il 16 per cento svedese. Anche precedenti analoghe indagini Pew, nel febbraio 2020 e nell’agosto 2017, avevano visto l’Italia assai entusiasta. Molto è cambiato dopo il 24 febbraio, e la quasi maggioranza di ben disposti verso Mosca si è ridotta a ben poco in Italia secondo Demos. A fine marzo Putin riscuoteva la fiducia di un misero, ma tenace 7 per cento. In Italia inoltre stiamo assistendo a una metamorfosi interna al populismo, con il fronte no vax che si sta saldando con il fronte no Nato. Li spinge lo stesso sospetto verso le élites, o presunte tali.

Italia e Russia sono tenute insieme da legami storici particolarmente forti, ecco perché per molti una condanna è difficile
Manifestanti italiani con la Z, simbolo dell’invasione russa in Ucraina (Getty)

Russia e Italia hanno condiviso una sorta di isolamento dal resto d’Europa

Esiste poi una lunga storia di simpatia italiana per la Russia e la sua gente, ben oltre le vicende del comunismo, e di sospetti verso l’Occidente. L’Italia ha condiviso con la Russia una certa “separatezza” storica con il resto d’Europa. La stagione della massima potenza europea, coincisa con il 700 che rivoluzionò le idee e l’800 che fece altrettanto con l’economia, si è giocata tutta sul Tamigi, sulla Senna, poi su Reno e Mosella, Elba e alto Danubio, e solo dopo, a metà 800 inoltrato, finalmente anche sul Po e dintorni, poco o nulla sul Tevere, e proprio nulla sulla Moscova. Solo nei 20 anni precedenti la Prima Guerra Mondiale la grande stagione d’Europa arrivò sulla Neva, alla vera capitale della Russia europea, San Pietroburgo, costruita 150 anni prima soprattutto da architetti italiani.

Honoré de Balzac consigliò al marchese Astolphe de Custine, era appena uscita De la démocratie en Amérique di Alexis de Tocqueville, di scrivere qualcosa di analogo su uno dei Paesi «mezzo europei» d’Europa, indicando la Russia o il Regno delle due Sicilie, una cultura diversa, ma non totalmente, da quella dell’Italia settentrionale. De Custine scelse la Russia, lasciando fin troppo caustici ritratti di nobili molto russi mascherati da gentiluomini. Francis Scott Fitgerald, con una pennellata, riassunse e accomunò Russia e Italia in Tender is the Night, quando disse (libro I, cap.XIII) che per aver combattuto sul terribile fronte occidentale franco-anglo-tedesco fino al 1918 erano stati necessari «religione e anni di abbondanza e fortissime sicurezze…..e occorreva avere un completo bagaglio sentimentale più vecchio della propria memoria e ricordarsi il Natale, e le cartoline con il Principe ereditario e la sua fidanzata, e i piccolì café di Valence e i cortili delle birrerie nell’Unter den Linden e i matrimoni alla mairie, e il Derby e i basettoni di tuo nonno». Senza questo bagaglio di affetti identità e ricordi il terribile fronte occidentale sarebbe stato insopportabile. «I russi e gli italiani non erano fatti per questo fronte», concludeva Fitzgerald, esagerando ma chiarendo i termini.

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Il successo del comunismo nel Belpaese: il legame tra il nano italiano e il gigante russo

Poi l’Italia, dove l’Europa moderna era a suo tempo nata, superò con fatica i suoi maggiori ritardi, tra fine 800 e metà 900, nonostante il Ventennio e la guerra, e tornò al più tardi nel 1960 europea a pieno titolo. La Russia invece mantenne sempre il suo essere “altro”,  a causa molto dell’arroccamento sul bolscevismo, nuova anima e arma del nazionalismo russo, e suo messaggio mondiale. Questo comunismo di stampo sovietico ha avuto dal 1944 in poi e per 45 anni così ampio successo in Italia anche per l’antica affinità tra semi-europei, come diceva Balzac, tra il nano Italia (un 56mo della Russia attuale come superficie, ma il 25 per cento in più come Pil) e il gigante russo, e qualche condivisa estraneità rispetto al mondo delle plutocrazie, come si diceva una volta.

Sono elementi che ancora riaffiorano. L’Anpi guidata dall’ex senatore cossuttiano Gianfranco Pagliarulo ritiene la Nato superflua dopo il 1989 e chiede il progressivo smantellamento delle sue strutture, esattamente quello che ha chiesto Putin due mesi prima dell’attacco all’Ucraina. Le posizioni di appeasement, checché ne dicano, di protagonisti attuali del piccolo schermo come il veterano professor Luciano Canfora o la new entry Alessandro Orsini, o l’attivo Alessandro Di Battista, non sono solo un comprensibile stimolante da talk show, ma hanno un pubblico che approva, e detesta la Nato. L’antiamericanismo, giustificato o meno, è l’approdo comune.

Italia e Russia sono tenute insieme da legami storici particolarmente forti, ecco perché per molti una condanna è difficile
Matteo Salvini a Mosca con la maglia pro Putin (Getty)

Canfora, Orsini e Di Battista, il coro di chi vuole un’Europa affrancata dagli Stati Uniti

Canfora e Orsini, Di Battista, e altri, fanno il controcanto in Italia a un’analisi maggioritaria e abbastanza univoca che condanna l’aggressione, sostiene la controffensiva Ucraina, utilizza lo scudo Nato, e accetta quindi la leadership di Washington, come sempre nella sostanza avviene in Europa sui temi della Difesa, pur con vari distinguo, da oltre 70 anni. Una diversa opinione è più che benvenuta. Deve però reggere alla logica e ai fatti. Un punto centrale e condiviso dai tre opinionisti tv citati, e da altri ancora, è quello, per dirla con Canfora, «di un’Europa soggetto collettivo autonomo, che cammina sulle proprie gambe» e che la Nato invece «rende…un gigante minorato», un’Europa che potrebbe ancora lanciare «..un forte intervento autonomo, chiarificatore…», per la pace. Bene. Ma sono nobili parole che ignorano tutta una serie di fatti. Mosca non tratterrà mai con l’Europa, con Bruxelles, che «non esiste» come ha detto più volte il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, definendola già nel giugno 2021, dopo il vertice Biden-Putin di Ginevra, un coro ammaestrato che accompagna il solista, cioè Washington. Come voleva Donald Trump per le questioni commerciali, Vladimir Putin vede la Ue come un impaccio per le questioni della sicurezza, e vuole trattare one to one, cioè da più forte.

Durante la Seconda Guerra Mondiale Mosca chiarì di non volere alcuna alleanza sovrannazionale in Europa

Più di 81 anni fa, quando nel dicembre 1941 vi furono al Cremlino gli incontri Stalin-Anthony Eden, ministro degli Esteri britannico, Mosca subito chiarì di non volere a guerra vinta nessuna alleanza sovrannazionale in Europa, e nessuna potenza militare terrestre in Europa, neanche la Francia. Solo la Russia, con Londra potenza navale. Quando nel settembre 1944 su spinta di Churchill nacque l’unione doganale del futuro Benelux, Stalin si allarmò molto. La permanenza militare americana postbellica, che lo stesso Roosevelt memore della forza dell’isolazionismo escluse a Stalin nel vertice di Teheran (fine 1943), non venne mai ritenuta possibile da Mosca, gigante eurasiatico, che comprensibilmente l’ha sempre considerata innaturale.

I documenti sulla pianificazione postbellica resi disponibili circa 25 anni fa dagli archivi ex-sovietici, e ampiamente analizzati da storici di tutti i Paesi i cui lavori sono in parte facilmente reperibili sul web, parlano chiaro. Un’Europa sovietizzata fino a dove arrivava l’Armata Rossa, e un’Europa finlandizzata fino alla Manica, con la sue industrie legate alle materie prime russe. Era il sogno già di Lenin, limitatamente alla Germania, e sarebbe potuta essere la realtà di oggi. O di domani. Se non ci fosse stata la Nato. E se l’Urss avesse superato il 1989.

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Silvio Berlusconi e Putin in Crimea

Perché l’Europa dovrebbe poter contare su una deterrenza nucleare adeguata

Certo, dopo 73 anni la Nato è vecchia, non inutile, ma vecchia. Sarebbe ora per l’Europa di provvedere a se stessa. Ben oltre quanto deciso finora. Con un vero riarmo anche della Germania. Un riarmo tedesco? Già fischiano assordanti le orecchie. Ed essendo la Ue confinante con una grossa potenza nucleare, non proprio pacifica, anche con una deterrenza nucleare adeguata, ben oltre quel 5 per cento circa di armi nucleari che la Francia ha rispetto alla Russia. I nostri pacifisti di vario tipo e colore, televisivi e non, hanno pensato a tutto questo? E hanno mai pensato a che cosa sarebbe stata l’Europa se i sogni sovietici si fossero realizzati e Washington non avesse rivarcato l’Atlantico, nel 1947, con il Piano Marshall, e quindi l’Europa di Bruxelles e la Nato? Abbiamo perso molto a stare sotto tutela, e guadagnato anche molto. Dopo il 24 febbraio abbiamo da riflettere.