Hic sunt Leoni. Nel senso di economisti leonini, ovvero provenienti dall’Istituto Bruno Leoni, la fondazione che raggruppa le miglior teste d’uovo liberiste del Paese, e che ha prestato al governo Draghi due delle sue migliori risorse: il direttore ricerche e studi Carlo Stagnaro e la fellow Serena Sileoni, che persino nel cognome manifesta una convinta adesione al think tank.
Il primo farà capo al dipartimento programmazione economica presso la presidenza del Consiglio, ed è di nomina recentissima (con lui sono entrati anche gli economisti Carlo Cambini, Francesco Filippucci, Marco Percoco, Riccardo Puglisi, anche quest’ultimo un leone, ma da tastiera, visto che alberga in pianta stabile su Twitter). La maceratese Sileoni, tra i fondatori dell’Istituto che porta il nome dell’insigne giurista autore di Freedom and the law, è invece a Palazzo Chigi da marzo, e fa parte del team più ristretto di consiglieri insieme ad Alessando Aresu (di cui Tag43 si è in precedenza occupato) e Simona Genovese. Tripudio e gaudio quindi per i leoniani, che vedono valorizzata la serietà del proprio lavoro di ricercatori e che ora contribuiranno a seguire la politica economica di un governo che sin qui è stato fedelmente keynesiano.
Nei bilanci dell’istituto mancano i nomi dei donatori
Un unico appunto, e non da poco. Se si vanno a guardare i bilanci dell’Istituto, si vede come trasparenza e liberismo, che dovrebbero viaggiare a braccetto, non vanno molto d’accordo. Nel sito infatti viene riportata l’entità delle contribuzioni, che nel 2020 tra grandi (sopra i 10 mila euro) e piccoli sono stati 380. Il loro ammontare complessivo, pari a 575 mila euro, di cui 90 mila provenienti dal 5xmille. E viene addirittura riportato suddiviso in percentuale lo spaccato merceologico dei donatori ma dei loro nomi non v’è traccia. Siccome ora i leoniani stanno fornendo loro uomini alla causa del governo, non sarebbe male che quei nomi venissero pubblicati. Uno dei nemici di un adamantino liberista è infatti il conflitto di interessi, un mostro che si è insinuato nella vita pubblica italiana contro il quale gli economisti dell’Istituto da sempre hanno lanciato i loro strali. Ecco, onde eliminare zone d’ombra ad essere trasparenti a tutto tondo, sarebbe bene che i nomi dei finanziatori, almeno i 22 che hanno contribuito con cifre cospicue, vedessero la luce del sole.