Balene: dopo lo stop alla caccia, l’Islanda promuove le attività di avvistamento
L'Islanda dal 2024 vieterà di cacciare i grandi cetacei. Che in molti ristoranti non vengono già più serviti. Contestualmente è boom di richieste per i tour che consentono di avvistarli in mare aperto. Ma la decisione incontra l'opposizione dei pescatori.
Dalla caccia all’avvistamento. L’Islanda, che a febbraio aveva annunciato lo stop alle uccisioni delle balene dal 2024, ne incentiverà le attività per osservarle nel loro habitat. Soddisfatti gli attivisti e gli studiosi dei grandi cetacei, che da 15 anni chiedevano a gran voce un intervento del governo per salvare gli animali. In netto calo, per converso, il consumo, tanto che solo il 2 per cento della popolazione afferma di mangiarle regolarmente. Nel Paese infatti molti ristoranti hanno già smesso di servirne la carne a tavola, optando per la tutela degli animali. Preoccupa però l’azione delle baleniere, che intendono trarre profitto fino al limite ultimo consentito.
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Islanda, origini ed evoluzione della caccia alle balene
In Islanda, la caccia alle balene ha origini antiche che affondano nel 1600. Allora le operazioni erano condotte quasi esclusivamente da pescatori locali. Nel corso del XIX secolo piroscafi e arpioni statunitensi ed europei fecero il loro ingresso nelle acque territoriali del Paese per fini commerciali. Una moratoria internazionale portò alla sospensione momentanea della caccia nel 1985, ma già vent’anni dopo il traffico riprese al ritmo abituale. Attualmente, per legge è possibile uccidere ogni anno 209 balenottere comuni e 217 minori da dividere fra uso interno ed export, distribuito soprattutto in Giappone. Per porvi fine, da 15 anni il Fondo internazionale per il benessere degli animali (Ifaw) e la società IceWhale hanno promosso la campagna “Incontraci, non mangiarci”.

Contrariamente alla credenza collettiva, la balena non è una prelibatezza locale. Secondo l’Ifaw, solo il 2 per cento degli islandesi consuma regolarmente la carne dei cetacei, mentre gran parte del consumo proviene dai turisti. «Molti viaggiatori giungono qui per osservare le balene e poi chiedono dove possono mangiarle», ha detto al Guardian Megan Whittaker, a capo dell’organizzazione Elding che mira alla tutela degli animali. Per questo si è resa necessaria un’azione si sensibilizzazione collettiva. Già nel 2009 una petizione aveva raccolto 175 mila firme contrarie al consumo della carne di balena. Negli ultimi anni invece IceWhale ha convinto più di 60 ristoranti a smettere di servire piatti a base di cetacei. I locali che hanno detto stop sorgono sopratutto a Reykjiavik o nelle zone limitrofe. In questi campeggia una targhetta con su scritto “amico delle balene” ne conferma la posizione in merito alla caccia e alla consumazione.
La promozione di tour e gite per osservare le balene
Mentre il consumo a tavola cala, è in forte espansione la richiesta di escursioni per osservare le balene in mare aperto. Ad oggi, un turista su cinque prenota un tour, generando così un introito di 12 milioni di dollari all’anno per le casse nazionali. «Società e organizzazioni hanno fatto un grande lavoro di sensibilizzazione», ha detto Gísli Ólafsson, proprietario di Lakitours, che opera nei fiordi occidentali dell’Islanda. «Durante le nostre escursioni, parliamo sempre dei danni causati dalla caccia alle balene». Gli ambientalisti hanno persino creato un codice di condotta da rispettare durante i tour, ossia fare meno rumore possibile, avvicinarsi a turno e con grande lentezza per non impaurire gli animali. Per il momento si tratta solo di un accordo collettivo che non tutti seguono alla lettera, ma le società sperano in un intervento del governo.
The end of #Icelandic #whaling !🐋🐳
"This is wonderful news for Iceland, whales in its waters, and its world-class whale watching industry," said @LivermoreSharon, Director of Marine Conservation at IFAW. https://t.co/XsmXiYnjuA #SaveOurSeas— ifaw European Union (@ifawEU) February 7, 2022
Fuori dal coro, chi e perché continuerà a cacciare le balene
Come in ogni settore, non mancano gli scontenti. Kristján Loftsson, proprietario dell’azienda Hvalur che da generazioni caccia le balene, ha detto che continuerà fin quando sarà possibile. In estate, salperà assieme a 150 dipendenti al fine di catturarne e ucciderne in numero sufficiente da consentire un guadagno in grado di sopperire ai mesi futuri. «Le balene sono solo un’abbondante risorsa marina dell’Islanda», ha detto l’uomo, cui si è unito anche Gunnar Bergmann Jonsson, che si definisce «cacciatore con licenza di uccidere».