Era la dattilografa nel campo di concentramento nazista di Stutthof, 37 chilometri a est di Danzica, in Polonia. A 96 anni, adesso, dovrà rispondere di quell’attività davanti ai giudici del tribunale tedesco di Itzehoe, nella regione dello Schleswig-Holstein. È la storia di Irmgard Furchner, accusata di concorso in omicidio di oltre undicimila persone.
La donna, rivestiva l’incarico di segretaria del comandante del campo, in piena Seconda guerra mondiale, a cavallo tra il 1943 e il 1945. Nello specifico si occupava della corrispondenza del suo superiore, battendo a macchina gli ordini di esecuzione dei condannati a morte. In tutti i documenti, pertanto, sarebbero comparse le sue inziali. Le indagini nei suoi confronti sono cominciate, nel 2011, dopo il processo a John Demjanjuk, guardia del campo di Sobibor (Polonia), a sua volta condannato per favoreggiamento nell’uccisione di circa 28mila persone. In quell’occasione il giudice disse che «bastava essere ingranaggi nella macchina di distruzione nazista per poter essere condannati per tali crimini».
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Furchner, per la difesa non sapeva la fine che avrebbero fatto i prigionieri
Nel caso di Furchner l’accusa è stata categoricamente respinta dalla difesa della donna che ha insistito nel ripetere come l’assistita non sapesse quale fosse l’atroce destino dei prigionieri. A sostegno della tesi, la terminologia in codice con cui venivano stilati gli atti e di cui la donna pare non fosse a conoscenza. La questione, intanto, anima il dibattito e suscita interesse, in quanto ad oggi sono poche le donne condannate per i crimini nazisti. «Il loro ruolo è stato per troppo tempo ignorato dalla giustizia», ha spiegato la storica Simone Erpel, intervistata dal settimanale Der Spiegel.
Irmgard Furchner, was to be tried today by a special court for “complicity in murder in more than 10,000 cases” – but now has ‘run away’ https://t.co/FNiVc01hFw
— Amichai Stein (@AmichaiStein1) September 30, 2021