L’Iran, l’omofobia e la guerra della Russia in Ucraina
Teheran difende Mosca accusando l'Occidente di aver 'esportato' vizi e omosessualità. Tesi sposata dal tg russo secondo cui la vittoria è vicina perché l'Ucraina schiera battaglioni gay.
L’Occidente (Usa in testa) alimenta il “caos sessuale” e promuove l’omosessualità, favorendo così un irreversibile decadimento dei costumi. Parola dell’Ayatollah Ali Khamenei, guida suprema dell’Iran, che così si è espresso lo scorso primo marzo, durante un lungo discorso diffuso dalla televisione nazionale iraniana e incentrato sul conflitto russo-ucraino. Ma cosa c’entra l’omosessualità con la guerra in questione? Non è del tutto chiaro, ma Khamenei, che incolpa del conflitto gli Stati Uniti e l’Occidente tutto, insiste: «In questi Paesi vigono gravi vizi morali come l’omosessualità, e altri vizi ancora che sono troppo vergognosi perché se ne possa anche solo parlare. I regimi d’Occidente promuovono l’immoralità in un modo più diffuso e organizzato perfino rispetto all’età dell’ignoranza preislamica». E ancora: «Siamo favorevoli a fermare la guerra in Ucraina, ma non dimentichiamo mai che è l’America che ha portato l’Ucraina a tutto questo, intromettendosi negli affari interni di quel Paese, innescando proteste contro i governi, rivoluzioni di velluto e cambi di governo». E forse infiltrando anche il germe dell’omosessualità, se è vero quanto ha sottolineato il 3 marzo una conduttrice del Tg russo, e cioè che «stiamo avanzando e vinceremo, come potremmo non farlo? La vittoria sarà tutta nostra. Impossibile non vincere con gli ucraini che schierano battaglioni formati soltanto da soldati gay».
L’ossessione per i gay nei Paesi islamici
L’Iran non è certamente l’unico Paese islamico intollerante nei confronti della sessualità tra persone dello stesso sesso (gli atti omosessuali sono illegali e punibili, a seconda della “gravità” dell’atto, da un minimo di 31 frustate alla pena di morte): la pena capitale è prevista anche in Arabia Saudita, Nigeria, Mauritania, Pakistan, Somalia, Yemen e Afghanistan, mentre pene più “morbide” (pecuniarie, corporali o carcerarie) sono previste in Paesi come Emirati Arabi Uniti, Qatar, Algeria, Maldive, Egitto. Ma non c’è dubbio che tra tutti questi Paesi l’Iran spicchi per lo “zelo” con cui interviene nella repressione del “vizio”. Non è un caso che al Paese di Khamenei spetti il record di esecuzioni capitali eseguite: tra le 4 e le 6 mila dall’inizio della Rivoluzione islamica (1979) a oggi. Molte organizzazioni internazionali, comprese le Nazioni Unite, da decenni cercano di porre un freno a questa omofobia estrema, ma senza successo. Lo stesso vale per quelle poche voci che, all’interno delle comunità islamiche, cercano di convincere l’Iran e gli altri Stati islamici che prevedono la pena di morte a optare per sanzioni meno cruente, e lo fanno appellandosi al fatto che si tratti di una pena non giustificata, visto che il Corano, per primo, non la invochi, sebbene, tra le sure del testo sacro islamico si possano trovare passaggi come questo: «Voi accostate, per soddisfare le vostre passioni, gli uomini anziché le donne. Voi siete gente perversa […]», per cui, la prescrizione del Profeta è questa: «Mettete a morte tanto l’attivo quanto il passivo». I più “laici” arrivano a persino a contestare che le leggi dello Stato debbano essere fondate sulla religione. Ma qui, è ovvio, verrebbe a crollare l’impianto stesso delle teocrazie islamiche.

Il fenomeno dei bacha bazi, ragazzini usati anche dai soldati
Non crolla, invece, a dispetto della conclamata omofobia islamica, e in barba a ogni moralismo, una tradizione purtroppo radicata nelle società islamiche: quella dei cosiddetti bacha bazi (ragazzi per giocare): un adolescente, di solito dai 12 ai 20 anni, chiamato bacha berish (cioè ragazzo imberbe) viene costretto a indossare abiti femminili e a danzare in mezzo a un cerchio formato da uomini, perlopiù militari (tipico il caso dei talebani, forse qualcuno ricorderà la vicenda narrata da Khaled Hosseini nel suo celebre Il cacciatore di aquiloni e rappresentata crudamente nell’omonimo film diretto da Marc Foster), che gli gettano soldi. Il più generoso di loro potrà portarsi a casa il ragazzino e soddisfare – anche sessualmente – le sue voglie. C’è anche una variante per così dire più prosaica, quella dei ragazzini – concubini – costretti ad avere una relazione esclusiva con un adulto (secondo i canoni della classica pederastia greca) che li possono condividere con la moglie. Ufficialmente, il fenomeno viene combattuto dagli Stati islamici, ma sembrerebbe, anche qui, senza grande successo. Del resto, se la domanda prosegue è anche perché l’offerta non manca: spesso i bacha berish provengono da famiglie poverissime e vengono venduti dai genitori a ricchi signori, oppure si tratta di ragazzini che, avendo subito violenza, procurano disonore alla famiglia e quindi vengono cacciati di casa, trovando rifugio presso ricchi “protettori”.

Senza contare i giovani (solitamente fino a un’età non superiore ai 20 anni) che abbandonano spontaneamente le famiglie per cercare di ricevere regali, ma anche istruzione, da anziani amanti. Per completezza di informazione, va detto che alcuni studiosi negano che la natura del rapporto bacha bazi con l’adulto sia di natura sessuale, e che questa mistificazione sia stata alimentata proprio dagli integralisti islamici per giustificare il loro estremismo moralista. Altri attribuiscono la mistificazione all’Occidente, alla ricerca di un ulteriore giustificazione al loro intervento “umanitario” (per esempio in Afghanistan, “terra di stupri infantili”). Per altri ancora, si tratterebbe di una tesi alimentata dai fondamentalisti cristiani per convalidare la loro – del tutto strumentale e infondata – equazione omosessualità uguale pedofilia. Sia come sia, sembra improbabile immaginare che il rapporto tra ragazzini e adulti non contempli il rapporto sessuale. E sembra altrettanto improbabile che situazioni di questa natura possano passare inosservate in regimi dove la sorveglianza degli individui si esprime a livelli inimmaginabili nell’Occidente immorale.