Lo slogan «morte a Khamenei» potrà essere utilizzato su Facebook, Instagram e Whatsapp. Lo ha deciso l’oversight board di Meta, colosso dei social che dopo aver originariamente bloccato le frasi utilizzate da chi protesta in Iran è tornato sui suoi passi. Questo perché, riporta Reuters, per il board lo slogan non viola la norma che vieta minacce violente e contenuti d’odio. Un passo in avanti nella moderazione dei contenuti che richiama all’eccezione presentata già lo scorso 11 marzo. In quel caso non erano state più moderate le frasi che auguravano la morte a Putin.

La norma introdotta dopo Capitol Hill
La norma generale sul divieto di minacce violente e contenuti d’odio è nata due anni fa. Tutto è partito da Capitol Hill. Meta in quel caso ha deciso di inserire nuove norme in modo tale da evitare che potesse accadere nuovamente che gruppi interi potessero organizzare una rivolta violenta e veicolare messaggi d’odio. La prima eccezione, però, si è avuta l’11 marzo del 2022. L’argomento è stato la guerra in Ucraina. Meta ha deciso di non bloccare i messaggi in cui si augurava la morte a Putin, perché non ritenuti minacce vere e proprie ma una sorta di slogan di protesta. Lo stesso accade ora con Khamenei.

Per il board la frase è usata come «abbasso Khamenei»
Il board ha deciso che la frase «morte a Khamenei» è stata utilizzata non come minaccia ma come una sorta di «abbasso Khamenei». Il parere dell’azienda è semplificato in poche parole: «Nel contesto del post e della più ampia situazione sociale, politica e linguistica in Iran, “margh bar Khamenei” dovrebbe essere inteso come “abbasso”». Si tratta di «uno slogan retorico, politico, non una minaccia credibile». Una protesta, quindi, non come istigazione a uccidere. Per questo secondo le politiche attuali il contenuto potrà essere scritto e pubblicato senza incappare nella censura.