Microbi e batteri sarebbero in grado di smaltire la plastica. A confermarlo la ricerca della Chalmers University of Technology, in Svezia, che apre così uno spiraglio nella lotta per la tutela l’ambiente. Lo studio ha individuato infatti 30 mila enzimi che sarebbero in grado di distruggere dieci tipi diversi di polimeri. Il fenomeno è però anche il principale indicatore della portata globale dell’inquinamento, contro cui è necessario agire al più presto.
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Microbi e batteri sono stati individuati in campioni oceanici e montani
La ricerca, pubblicata su Microbial Ecology, ha preso in analisi oltre 200 milioni di campioni di DNA prelevati in tutti gli ecosistemi mondiali, dagli oceani alle alte montagne. Gli scienziati hanno lavorato su 236 diverse località sparse nel pianeta, scoprendo così in microbi e batteri 30 mila nuovi enzimi in grado di degradare la plastica. Di questi, 12 mila sono stati rinvenuti in campioni estratti a tre diversi livelli di profondità oceaniche. I dati hanno portato alla luce una relazione diretta fra la capacità di smaltimento e l’habitat dei microbi, che diminuirebbe progressivamente avvicinandosi alla superficie.
Study reveals how enzymes are reacting to #plastic #pollution in the environment – Chalmers University research from @AZelezniak in the @guardian this week@guardianeco https://t.co/2N2ien3nIz
— Chalmers University of Technology (@chalmersuniv) December 15, 2021
Fra le aree passate in rassegna ci sono il Mar Mediterraneo e l’Oceano Pacifico meridionale, notoriamente fra i più inquinati del pianeta. I restanti 18 mila enzimi invece provengono da campioni di terreno di 169 località, per un totale di 38 e 11 habitat naturali.
I dati rappresentano una nuova speranza per l’ambiente
«I risultati confermano gli effetti dell’inquinamento da plastica sull’ecologia microbica globale», hanno detto gli scienziati. Interessante proprio la risposta dei batteri. Come riporta il Guardian, i ricercatori hanno scoperto che il 25 per cento dei microrganismi possedeva un enzima adatto alla distruzione della plastica in misura proporzionale al tasso di inquinamento nel proprio habitat. «Il potenziale di degradazione del microbioma è fortemente correlato al tasso di inquinamento», ha detto il professor Aleksej Zelezniak, autore della ricerca per la Chalmers University of Technology. «Si tratta di una chiara dimostrazione di come l’ambiente stia rispondendo alle pressioni esercitate dall’uomo».
News on our tiny contributions to trying to solve huge plastic problemhttps://t.co/719tkjdsjo
— Aleksej Zelezniak (@AZelezniak) December 14, 2021
Sorpreso anche il collega Jan Zrimec, che ha parlato di dati molto più alti rispetto a quelli previsti all’inizio. Una scoperta sensazionale che però illustra la grave portata del problema. Negli ultimi 70 anni, la produzione mondiale di plastica è infatti salita da 2 a ben 380 milioni di tonnellate all’anno. Prossimo passo sarà ora quello di testare gli enzimi più promettenti in laboratorio, in modo da certificarne con più accortezza le proprietà e sfruttarli in futuro.
Il precedente dello studio italiano del 2017
«Si potranno così progettare comunità microbiche con funzioni di degradazione mirate per specifici tipi di polimeri», ha concluso Zelezniak. Nel 2016, gli scienziati avevano scoperto in una discarica giapponese un insetto in grado di digerire la plastica. Un anno dopo, alcuni ricercatori italiani in Spagna ne avevano individuato un altro. Si tratta della Galleria mellonella o tarma della cera, parassita delle api che è però anche ghiotto di polietilene, materiale di buste, tappi di bottiglie e pellicole alimentari. Simili proprietà ha anche mostrato il verme della farina. Lo scorso anno, invece, la società francese Carbios aveva inavvertitamente creato un enzima mutante in grado di decomporre le bottiglie di plastica nel raggio di poche ore. Nello stesso periodo, in Germania, alcuni scienziati ne avevano scoperto un altro capace di nutrirsi del poliuretano tossico che solitamente finisce nelle discariche.
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