Se Pasquale Tridico dovesse dare un voto a se stesso per i suoi anni all’Inps sarebbe 10. Oppure, per stare nell’ambito accademico dal quale proviene, 30, certamente con lode. Il professore di Politica economica di Roma Tre è stato ascoltato in audizione al Senato sul cosiddetto decreto Lavoro, il provvedimento approvato lo scorso primo maggio dal governo con il quale si supera il Reddito di cittadinanza, per istituire altre misure di sostegno.
La bocciatura punto per punto del decreto Lavoro
Tridico, con toni diplomatici, ha criticato i pilastri della riforma giudicando i nuovi strumenti messi a punto dal governo Meloni «troppo rigidi» e quindi incapaci di intercettare tutte le persone in difficoltà. «Se arrivasse una crisi o una pandemia, il numero di beneficiari sarebbe sempre uguale, perché legato a età o disabilità», quindi – è il messaggio sotteso – molti si troverebbero in difficoltà. Critiche anche alle novità sui contratti a tempo determinato, visto che, per il presidente dell’Inps, «potrebbero favorire un’eccessiva utilizzazione del lavoro a termine», e quindi la precarietà. E, ancora. Il taglio del cuneo fiscale avrà un beneficio sul costo del lavoro «ma senza effetti importanti sull’occupazione». E fin qui nessuna sorpresa. Del resto Tridico è stato per anni considerato il ‘papà’ del Reddito di cittadinanza fortemente voluto dal Movimento 5 stelle all’epoca del Governo Conte I. Quindi che non lodasse una riforma che smonta il Reddito c’era da aspettarselo.

Ben 168 pagine per lodare la ‘sua’ Inps
E allora la notizia va cercata altrove. Tridico, con un filo di emozione, a un certo punto ha ricordato: «Molto probabilmente questa sarà la mia ultima audizione». Già. Il governo, infatti, ha deciso di commissariare l’Istituto, così come l’Inail, proprio per cambiarne i vertici. Tridico, fortemente sponsorizzato dal M5s e ministro del Lavoro ‘ombra’ durante il Conte I quando titolare era Luigi Di Maio, lascerà il posto a qualcun altro (circolava il nome dell’attuale capo di gabinetto della ministra Elvira Calderone, Mauro Nori, che però ormai sembra finito fuori gioco dopo essere entrato in rotta di collisione con Calderone). Così Tridico si è presentato con un bel faldone che ha definito il Libro bianco dell’Istituto per gli anni della sua presidenza e lo ha consegnato al Parlamento. Un volume di 168 pagine che il presidente dell’Inps ha messo sul tavolo della commissione Lavoro di Palazzo Madama. Il documento ricostruisce passo-passo l’esperienza a via Ciro il Grande dal marzo 2019. E cosa c’è scritto nel Libro bianco? L’Istituto sta «vivendo oggi una fase di espansione, di grande innovazione, di massima efficienza e di equilibrio finanziario». Mica male. «Dopo la grave crisi economica e il disavanzo causato dal Covid, l’Istituto ha chiuso l’ultimo bilancio consolidato con un avanzo di 2 miliardi». Ma non solo. Sono state assunte 12 mila risorse a fronte di 8 mila pensionamenti ed è stato consolidato il Polo medico. «Il livello di soddisfazione dell’utenza ha registrato infatti ogni anno una continua crescita», si sottolinea. Tra i risultati rivendicati anche la stabilizzazione di oltre 3 mila precari del contact center. Basta? No. Gli investimenti tecnologici sono stati «significativi». Inps, infatti, «ha condotto negli ultimi quattro anni uno straordinario processo di innovazione e ha impresso una forte spinta alla digitalizzazione. È in atto un programma di trasformazione digitale senza precedenti, che sta contribuendo alla digitalizzazione del Paese, quale fattore abilitante dello sviluppo economico». La lotta all’evasione contributiva va «avanti con successo». Ma anche dal punto di vista relazionale le cose sono andate più che bene. Il rapporto con i sindacati è stato «franco e corretto» e il cda è «un gruppo coeso».

Nel bilancio mancano però l’attacco hacker del 2020, le critiche dei sindacati e il caos del contact center
Ma chi scrive tutto ciò? Pasquale Tridico, ovviamente, proprio nell’introduzione al dossier. Tridico, però, tace – a proposito di innovazione tecnologica – dell’attacco hacker cha ha causato un gigantesco data breach a fine marzo 2020 in occasione del click day per il riconoscimento del bonus 600 euro destinato ai liberi professionisti in difficoltà per l’emergenza Covid. E sul rapporto con i sindacati dimentica la nota dell’aprile 2019, poco dopo il suo arrivo, della Spi-Cgil. «Requisiti per il reddito di cittadinanza modificati di straforo e diversi da quelli previsti dalla legge», attaccavano le sigle. «Un vero pasticcio. Da quando è arrivato il nuovo presidente all’Inps stanno succedendo cose incredibili e mai viste prima. La sua è una gestione politicamente orientata che non rispetta le prerogative che dovrebbe avere l’Istituto. Non va bene». E tornando al pasticcio sul bonus 600 euro (va ammesso che in effetti la mole di lavoro dell’Inps durante il periodo Covid è stata notevole) omette il caos sulla comunicazione che prima informava i lavoratori autonomi che le domande sarebbero state valutate in ordine cronologico, per poi fare un passo indietro. Ma i ‘vuoti di memoria’ di Tridico non finiscono qui. Che dire sul processo di internalizzazione del contact center (vicenda che è andata avanti per anni)? Solo a fine febbraio scorso le segreterie nazionali di Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil ricordavano le segnalazioni provenienti da tutti i territori circa i disservizi. In occasione della scadenza dei termini di presentazione dell’Isee per il rinnovo dell’assegno unico (il 28 febbraio) il centralino era stato bersagliato da telefonate degli utenti con code «superiori alle 1.000/1.500 unità». Un servizio – avevano sottolineato i sindacati – «qualitativamente non accettabile» che «non rappresenta più un’eccezione, ma diventata la regola». Eppure, scrive ora il presidente uscente dell’Inps, «sono certo che l’Istituto nazionale della previdenza sociale continuerà ad adempiere a tale alta responsabilità, anche grazie all’intenso impegno e ai risultati di questi ultimi anni che porteranno vantaggi ben oltre l’attuale fase». Mancava solo: «l’Inps, c’est moi!».