Inganno d’amore – Il delitto Rosboch: la storia vera che ha ispirato il docufilm in onda stasera sabato 2 ottobre 2021 alle 21.15 su Nove

Redazione
02/10/2021

Al centro del docufilm la storia del delitto della professoressa piemontese Gloria Rosboch, uno dei casi più torbidi della cronaca italiana.

Inganno d’amore – Il delitto Rosboch: la storia vera che ha ispirato il docufilm in onda stasera sabato 2 ottobre 2021 alle 21.15 su Nove

La straziante storia di Gloria Rosboch, insegnante 49enne, è al centro del docufilm Inganno d’amore – Il delitto Rosboch in onda stasera, sabato 2 ottobre 2021, su Nove alle 21.25. Ispirata a un fatto di cronaca realmente accaduto, la pellicola ricostruisce, passo dopo passo, la torbida escalation di inganni e crudeltà che ha portato Gabriele Defilippi, ex studente della donna, a truffarla e ucciderla senza alcuna pietà.

Inganno d’amore – Il delitto Rosboch: le cose da sapere sul caso al centro del film in onda stasera su Nove alle 21.25

Inganno d’amore – Il delitto Rosboch: la misteriosa scomparsa di Gloria Rosboch

Era la fine di gennaio 2016 quando la Procura di Ivrea decideva di aprire un’inchiesta per omicidio, a carico di ignoti, a seguito della scomparsa di Gloria Rosboch, professoressa quasi 50enne residente a Castellamonte, piccolo comune del Canavese, a cinquanta chilometri da Torino. La donna, che viveva assieme ai genitori anziani, era stata vista per l’ultima volta il 13 gennaio e, da quel giorno, aveva fatto perdere qualsiasi traccia di sé. Allertate dalla famiglia, le forze dell’ordine, affiancate dalle unità cinofile, avevano iniziato a battere in lungo e in largo tutto il territorio, compresi i corsi d’acqua. Operazioni finite, ben presto, con un nulla di fatto. Mentre tutto sembrava tacere, tra gli archivi degli inquirenti faceva la sua comparsa un documento importante: nel settembre 2015, infatti, la docente aveva presentato una denuncia per truffa nei confronti di un suo ex allievo, Gabriele Defilippi. Il giovane, promettendole un futuro insieme in Costa Azzurra, si era fatto consegnare tutti i risparmi di una vita, per un ammontare di 187mila euro.

Inganno d’amore – Il delitto Rosboch: il ritrovamento del corpo

Il 16 febbraio 2016 Defilippi veniva convocato al comando provinciale dei carabinieri di Torino. Ad accompagnarlo anche la madre, Caterina Abbattista, infermiera presso l’ospedale di Ivrea. Dopo qualche giorno, la più tragica delle scoperte. Il cadavere di Rosboch veniva rinvenuto in un pozzo, in mezzo a una discarica abbandonata, a pochi chilometri dalla sua abitazione. Dagli interrogatori di Defilippi, fermato subito dopo il ritrovamento, iniziarono ad emergere particolari e dettagli sempre più precisi, fino ad arrivare a un nome, quello di un complice potenzialmente coinvolto nel delitto. Si trattava del 53enne Roberto Obert, un amico di famiglia che, ai carabinieri, confessò di essere l’amante del ragazzo, di essere al corrente della truffa e, soprattutto, di come quella denuncia fosse stata la miccia che aveva scatenato la furia omicida del giovane.

Inganno d’amore – Il delitto Rosboch: la confessione di Gabriele Defilippi

Con l’autopsia, i medici legali confermarono la morte per strangolamento. Ad uccidere Rosboch era stato un foulard o, comunque, un tessuto morbido che non aveva lasciato segni visibili sul collo. Intanto, i carabinieri fermarono anche la madre di Defilippi, sospettata di essere coinvolta nell’assassinio. Nella notte tra il 19 e il 20 febbraio, incalzato dagli inquirenti, Defilippi confessò di aver preso parte all’omicidio dell’insegnante ma, nel suo racconto, additava come esecutore materiale Obert. Che, invece, aveva raccontato esattamente l’opposto, scaricando su di lui tutta la responsabilità materiale. Il misfatto era stato pianificato nei minimi dettagli. Secondo una prima ricostruzione, il 13 gennaio Rosboch era salita volontariamente in auto con Obert e Defilippi. I due, probabilmente, avevano tentato di convincerla a ritirare la denuncia e, davanti al rifiuto della donna, l’avevano uccisa, scaricandone il corpo nelle vicinanze della discarica. A inchiodare i killer un particolare: qualche giorno prima, si erano recati proprio in quel luogo, segno che avevano ponderato ogni singola mossa. Possedevano, addirittura, telefoni cellulari con sim apposite, utilizzati per discutere del delitto. I due continuarono per lungo tempo a puntarsi il dito a vicenda, accusati entrambi di omicidio premeditato e occultamento di cadavere. Più complicata sembrava, invece, la posizione di Caterina Abbattista, accusata di concorso in omicidio perché le celle telefoniche l’avevano localizzata in un posto diverso da quello in cui aveva detto di trovarsi al momento del fatto. Fu solo dopo l’ultimo esame autoptico che Defilippi decise di vuotare il sacco, descrivendo con inquietante freddezza tutti i passaggi che avevano portato alla morte della 49enne. Spogliata di tuti i suoi indumenti, Rosboch sarebbe stata gettata viva nella cisterna. Una versione che, tuttavia, non coincideva coi risultati medici, che parlavano di soffocamento e, successivamente, di abbandono del corpo nel pozzo. Ma non è tutto. Iniziarono a emergere sulla scena anche altri personaggi. Una giovane ragazza marocchina, Sofia Sabhou, presunta fidanzata di Defilippi, e una 45enne, Efisia Rossignoli, probabilmente implicata nella truffa perché fintasi impiegata di banca per spillare denaro alla malcapitata.

Inganno d’amore – Il delitto Rosboch: la fine delle indagini e le condanne

Il 20 luglio 2016, su indicazione di Obert, nelle campagne del Canavese, i carabinieri trovarono una pistola, proprio l’arma usata da Defilippi il giorno dell’omicidio per minacciare la sua ex insegnante. A inizio dicembre, la Procura di Ivrea chiuse le indagini e, un mese dopo, il procuratore Ferrando firmò le richieste di rinvio a giudizio per Gabriele Defilippi, Roberto Obert, Caterina Abbattista e Efisia Rossignoli, che avrebbe dovuto rispondere solo del reato di truffa. Dopo un lungo iter legale, il giudice ha confermato l’assoluzione di Abbattista dall’accusa di concorso in omicidio e condannato Obert e Defilippi, rispettivamente a 18 e 30 anni di reclusione, come deciso in appello.