La moda è fatta di corsi e ricorsi storici. Ci sono tendenze che sembrano sparire per poi ritornare, dopo anni, più forti di prima. Ed epoche che, nonostante lo scorrere del tempo, continuano a fare scuola, imponendo stili, tagli e fantasie che non hanno data di scadenza. È il caso dei favolosi Anni 60, particolarmente presenti nelle nuove collezioni proposte dalle grandi maison italiane e internazionali e celebrati in grande con una retrospettiva organizzata dal London’s Fashion and Textile Museum, Beautiful People: The Boutique in 1960s Counterculture, aperta al pubblico dal primo ottobre al 13 marzo.
Lo stile sixties ritorna a dettare legge sulle passerelle
A più di 60 anni da quella rivoluzione socio-culturale che nella moda e nel costume ha trovato l’habitat ideale per sviluppare al massimo il suo potenziale, l’haute couture ha sfruttato il ritorno delle sfilate in presenza per riproporre rivisitazioni in chiave moderna dei classici di un decennio diventato leggendario. Ecco quindi che, sulle passerelle di Prada, Versace e Max Mara, ha fatto ritorno la mitica minigonna, omaggiando l’estro e l’inventiva della stilista inglese Mary Quant. Un’operazione nostalgia che ha conquistato anche celebrità come Jennifer Lopez e Adele e la direttrice creativa di Dior Maria Grazia Chiuri. Che, nella settimana della moda di Parigi, ha riportato il brand indietro nel tempo e, recuperando i modelli del designer francese Marc Bohan, ha riproposto gonne corte, stampe a fantasia, stivali al ginocchio e un arcobaleno di colori accesi su tuniche e mini dress che ricordavano molto quelli indossati dalla top model Twiggy negli Anni 60.
Il ritorno degli Anni 60: non solo moda
Quest’influenza, ovviamente, non si limita soltanto alla moda. In televisione e nella musica, serie tivù come Ridley Road, grandi reunion di gruppi o personaggi come Harry Styles, icona dei look dandy, hanno contribuito a mantenere in vita tanti dei riferimenti e delle ispirazioni di quegli anni ruggenti. Nonostante il dilagare dello stile Y2K e dei trend degli Anni 2000 che la Generazione Z sta riscoprendo e rilanciando sul mercato. Ma a regalare allo stile sixties un’aura eterna non sono state soltanto le case di moda o i personaggi più in vista del mondo dello spettacolo ma anche le boutique. Soprattutto a Londra, infatti, negozi come Biba, Granny Takes a Trip e Mr Fish, hanno visto passare dalle loro vetrine pezzi indossati da stelle del rock come Mick Jagger, Keith Richards e Jimi Hendrix, e capi d’abbigliamento realizzati da couturier del calibro di Thea Porter e Bill Gibb.
Una mostra tributo per ricordare i favolosi Anni 60
A metà tra una lezione universitaria e un’esperienza proustiana, la mostra Beautiful People viaggia negli Anni 60 attraverso la storia di empori e botteghe che non avrebbero mai immaginato di diventare mete predilette dei trendsetter. «Quando abbiamo aperto Biba eravamo anziani per l’epoca, avevamo 24 anni», ha detto ironicamente al Guardian Barbara Hulanicki che, dal 1963, assieme al marito Stephen Fitz-Simon, ha contribuito a diffondere il verbo della minigonna tra le teenager che, in lotta coi genitori ancora attaccati alle tradizioni, utilizzavano l’abbigliamento come forma di emancipazione. «Ho ricordi straordinari. Quegli anni sono stati fantastici. C’era così tanta musica attorno a noi». L’elemento che, probabilmente, ha reso e continua a rendere affascinante ai nostri occhi quel periodo è il forte desiderio di libertà che lo pervadeva. E che, per la prima volta, è stato manifestato senza filtri attraverso i vestiti. «La gente dava libero sfogo alla propria personalità anche solo con la scelta di indossare un determinato colore», ha spiegato Dennis Nothdruft, curatore dell’esposizione. «Nessuno si sentiva incatenato. Le persone vogliono ancora questo. Cercano ancora questo».
Tra recuperi consapevoli ed evoluzioni lineari
Ovviamente, la libera espressione non è l’unico impulso che spinge addetti ai lavori e fashion victim ad apprezzare l’appeal degli Anni 60. Secondo Cleo Butterfield, responsabile di C20 Vintage, una delle collezioni più grandi al mondo, i disegnatori moderni guardano al recupero del passato perché non è anacronistico ed è da lì che molte delle idee più nuove sono partite. «Non è altro che la logica dell’upcycling», ha sottolineato Butterfield. «Non ti sbarazzi di spunti interessanti solo perché non appartengono agli anni in cui sei nata, cresciuta o lavori, li riutilizzi perché hanno ancora tanto da dire, anche in una chiave diversa da quella originale». Una linea di pensiero validata anche da Paul Gorman, autore del saggio The Look: Adventure in Rock and Pop Fashion, convinto che il successo del decennio sia legato soprattuto alla linearità della sua evoluzione in fatto di stile e al ruolo di primo piano conferito alle giovani generazioni: «Rispetto agli Anni 70, turbolenti e caotici, gli Anni 60 si sono dimostrati coerenti e lineari in quanto a trend», ha aggiunto. «In più, i giovani avevano capito che la moda non era solo frivolezza ma poteva diventare un’arma potente a servizio delle loro battaglie, dei loro ideali e delle loro utopie. È bene non idealizzarlo, ci sono state tante contraddizioni, però c’è da dire, senza alcuna remora, che quel momento storico ha fatto la differenza ed è stato proprio questo a renderlo immortale».