Prendiamo pure atto che con Gianni Infantino, presidente della Fifa, siamo saltati verso uno stadio ulteriore nell’evoluzione della specie umana. Che è una traiettoria lunga e scandita da ritmi placidi, ma poi di tanto in tanto si vede imprimere degli scarti improvvisi che portano verso direzioni non previste. Ecco, l’avvocato italo-svizzero Giovanni Vincenzo Infantino segna una mutazione antropologica della quale non si è ancora preso pienamente atto, ma che presto strapperà l’attenzione della comunità scientifica internazionale. Che ancora perde tempo a discettare sul selfish gene, il gene egoista su cui l’antropologo Richard Dawkins scrisse a metà Anni 70 un testo presto assurto al rango di classico. E che invece dovrebbe virare con decisione verso l’analisi del selfiesh gene, il gene del selfie ch’è la vera pandemia del nostro tempo e porta a percepire la quotidianità come il set sterminato di una photo opportunity.
Le polemiche per il selfie alle esequie di Pelé
Di tale spirito del tempo è perfetta espressione il capo del calcio mondiale. Che giunto a Santos, in Brasile, per partecipare alle esequie pubbliche di Pelé è finito al centro della polemica per avere scattato un selfie che lo ritrae sorridente e in compagnia. Una figuraccia globale che ha il pregio di non essere la prima e da cui il presidente della Fifa ha cercato di tirarsi fuori con un lungo post su Instagram. Manco fosse Madame. Un testo che ha l’effetto di elevare al quadrato l’imbarazzo, e che una volta di più restituisce l’immagine di un leader chiuso dentro una bolla di selfiesmo, da dentro la quale percepisce il mondo in modalità schermata, quasi amniotica. È nelle mani di uno così che si ritrova un’industria capace di fatturare 47 miliardi di dollari all’anno.
Infantino, da adolescente bullizzato a gaffeur
Leader per caso: chi lo conosce, chi ne ha seguito la traiettoria da vicino, chi si trova a lavorare con lui, non si stupisce dei suoi continui passi falsi. Perché Gianni Infantino è un gaffeur nato, totalmente inadeguato al ruolo che ricopre. Costituzionalmente insicuro, come egli stesso si è lasciato scappare nel corso della tragica conferenza stampa pre-mondiale, quando ammise di essere stato un ragazzino bullizzato a scuola. Mettendo a nudo questo doloroso aneddoto della sua vita passata intendeva dire che lui è uno che in passato ha sofferto, e che perciò si sentiva autorizzato a ribattere alle critiche di chi denunciava l’indifferentismo morale della Fifa rispetto al pessimo stato dei diritti e delle libertà personali in Qatar, o allo scandalo delle migliaia di operai morti nei cantieri per le opere del Mondiale. E ci credeva davvero a questa equiparazione fra il giovane Infantino, che a scuola doveva affrontare le angherie dei compagni più prepotenti, e un cittadino qatariota di diverso orientamento sessuale che per questo motivo rischia l’arresto o un operaio migrante crepato nell’anonimato mentre lavorava per rendere possibile Qatar 2022.

Così il grigio segretario ha scalato i vertici del calcio mondiale
Del resto non è mica colpa sua se il senso della realtà gli fa difetto, anche a causa di un percorso di ascesa verso la leadership del calcio mondiale che proprio sull’irrealtà ha posto basi solide. È successo così che nel giro di pochi mesi il grigio segretario generale dell’Uefa si sia ritrovato presidente della Fifa a causa di un’irripetibile concatenazione di circostanze. Prima il blitz di fine maggio 2015 a Zurigo, che orchestrato dalle magistrature di Usa e Svizzera ha portato alla decapitazione della classe dirigente Fifa ingrassata sotto il regno di Joseph Blatter, a sua volta costretto a dimettersi nel giro di poche settimane. Quindi lo scandalo che ha travolto Platini, che da presidente dell’Uefa era anche il capo di Infantino e veniva dato come il successore certo di Blatter. Dalla caduta dei due candidati forti – l’uscente e l’erede designato –, il grigio segretario generale ha avuto spianata la strada verso il vertice del calcio mondiale. Cose veramente accadute eppur avvenute con una dinamica talmente impensata da farle sembrare irreali. E magari è per questo che scatta il selfie gene: il bisogno di fermare l’attimo, la necessità di avere una testimonianza documentale che tutto quanto è successo davvero anziché appartenere alla sfera dei sogni mostruosamente proibiti.

Quegli incontri segreti tra Lauber e Infantino
Dunque è andata a finire che il selfie scattato in prossimità della bara di Pelé è stato giustificato via Instagram con una richiesta da parte di amici e parenti di O Rey, cui proprio non gli è stato possibile sottrarsi. E davvero non c’era da attendersi altra giustificazione, da parte di un leader privo di leadership, da un capo disistimato e circondato da nulla più che il sostegno peloso dei pretoriani. Ha combinato una cafonata da film dei fratelli Vanzina e ne attribuisce la responsabilità a altri. In fondo è il suo modo di fare. Comportarsi sempre come se lui non c’entrasse nulla, anche se gli cascasse il mondo intorno. Per dire, in Svizzera ci ha rimesso il posto un procuratore generale della confederazione, cioè il capo nazionale dei pubblici ministeri. E tutto ciò è accaduto a causa degli incontri segreti tenuti proprio con Infantino. L’ex magistrato in questione di chiama Michael Lauber e, per inciso, era il titolare dell’inchiesta sulla Fifa che ha fatto fuori sia Blatter che Platini. Lauber ha incontrato tre volte Infantino fra il 2016 e il 2017 nello svolgimento del suo ufficio, ma per motivi sui quali la giustizia svizzera vuol chiarirsi le idee non ha fatto menzione di quegli incontri nell’agenda ufficiale di lavoro, ciò che invece sarebbe stato un suo dovere. E oltre ai tre incontri con Infantino ce n’è in ballo un quarto, che Lauber ha tenuto a luglio 2015 con l’allora procuratore dell’Alto Vallese, Rinaldo Arnold. Quest’ultimo è amico di Infantino dai tempi della scuola. E chissà se all’epoca lo difendeva dai bulli. Ciò che sappiamo per certo è che luglio 2015, data dell’incontro fra Lauber e Arnold, sta a metà strada fra fine maggio 2015 (il blitz che azzera la Fifa di Blatter) e settembre 2015 (quando dal nulla sbuca la vecchia storia di una consulenza da 2 milioni di franchi svizzeri che ammazza la candidatura di Platini).

Il trasferimento con la famiglia in Qatar
Siamo certi che si tratti soltanto di una coincidenza. E magari ne sono altrettanto certi i magistrati svizzeri, che però stanno indagando giusto per dissolvere ogni ragionevole dubbio. Per questo Infantino è finito sotto inchiesta, dopo aver fatto lo gnorri per mesi mentre il sistema giudiziario svizzero era travolto dallo scandalo e dal discredito. Un procuratore generale era stato costretto a dimettersi a causa degli incontri con lui, e lui se ne stava dentro la bolla amniotica a regolare il grandangolo dei selfie. Beata incoscienza. Sta di fatto che questo interesse degli inquirenti elvetici lo ha parecchio indispettito. E chissà se proprio il disappunto lo ha indotto a trasferirsi in Qatar assieme alla famiglia da ottobre 2021. Dice che doveva seguire la preparazione del Mondiale. Con più di un anno di anticipo. E va bene tutto, ma adesso il Mondiale è finito da quasi un mese. Il presidente avrà mica intenzione di continuare a governate la Fifa via Zoom? Torni a Zurigo e ci mandi un selfie da lì. Saremo curiosi di vedere quale compagnia gli farebbe da cornice.