Tartarughe dalle orecchie rosse, pappagalli cacatua, gibboni dalle guance gialle e oranghi. Questi sono solo alcuni degli esemplari esotici messi illegalmente sul mercato indiano e venduti come animali domestici. Una realtà che, di recente, è balzata agli onori delle cronache a causa del ritrovamento lo scorso aprile di tre canguri abbandonati che vagavano per le strade di Jalpaiguri, nel Bengala occidentale. Malnutriti e sofferenti, i marsupiali sono stati avvistati dai residenti che, immediatamente, si sono occupati di avvisare le autorità. Uno di loro, poche ore dopo, è morto, gli altri due, invece, sono stati sottoposti a un ciclo di cure e ospitati dallo zoo locale. «Non abbiamo idea di chi li abbia portati qui e come sia riuscito a farlo», ha spiegato un agente della forestale all’Indian Express, «quel che sospettiamo, però, è che siano stati portati clandestinamente in Nepal e, da lì, spostati fino a qui».
Casi e numeri del traffico illegale di specie esotiche in India
Quello dei canguri è soltanto l’ultimo di una serie di episodi che testimoniano l’esistenza di un vero e proprio traffico di specie esotiche in India, sviluppatosi soprattutto negli ultimi anni. E il repertorio delle vittime di esportazione illecita sembra davvero variegato: a gennaio 2021, ad esempio, 30 uccelli e un guenon dalle orecchie rosse, originari dell’Africa e inseriti nella lista degli animali vulnerabili compilati dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, sono stati intercettati al confine tra Mizoram e Assam.
Forest officials in north #Bengal’s #Jalpaiguri rescued two #kangaroos — allegedly being smuggled to South India – on Friday night while patrolling at Gajoldoba canal road. pic.twitter.com/6EkIlonMPJ
— Tamaghna Banerjee (@tamaghnaTOI) April 1, 2022
O, ancora prima, a ottobre 2019, gli ispettori doganali dell’aeroporto internazionale di Tiruchirappalli, nello stato del Tamil Nadu, hanno requisito una valigia piena zeppa di rettili, tra cui diverse iguana. Eventi che, sfortunatamente, di eccezionale non hanno nulla, come confermato anche dai numeri. Nel report curato da Traffic India, infatti, si parla di più di 70 mila esemplari sequestrati negli aeroscali del Paese tra 2011 e 2020, trasportati in scatoloni e bottiglie di plastica, trolley da stiva o bagagli a mano e, per la maggior parte, o in via d’estinzione o inseriti all’interno di programmi di protezione nazionali.

Animali smerciati come status symbol
Le direttrici dello smercio, ovviamente, non sono solo quelle che rendono possibile la chiusura dell’affare in persona (nei mercati o nei negozi specializzati che si riforniscono soprattutto da Myanmar, Bangladesh e Nepal) ma anche quelle che si estendono online. Uno spazio che ha decisamente contribuito all’incremento dei volumi di vendita: secondo un recente studio, infatti, soltanto nel biennio che va dal 2018 al 2020, i trafficanti indiani hanno scambiato un totale di 84 rettili.

«L’India, in questo contesto, ha un doppio ruolo: è tanto punto di partenza quanto destinazione del commercio illegale di fauna e, talvolta, fa anche da via di transito», ha spiegato al Guardian Jose Louies, a capo dell’unità di monitoraggio dei crimini contro le specie selvatiche del Wildlife Trust of India, «quello che alimenta quest’attività è, essenzialmente, la richiesta di persone che vogliono diventare proprietarie di qualcosa di esclusivo e costoso, da utilizzare essenzialmente come status symbol, senza alcuna cura dei danni che, in questo modo, arrecano all’ecosistema. Molti degli animali, infatti, finiscono nei giardini zoologici e non vengono mai più rimpatriati».
DRI, India rescued exotic birds, Macaws & Kookaburra (native to Australia) smuggled from Bangladesh & seized u/Customs Act r/w Wild Life Protection Act. Birds were handed over to Wild Animal Rescue centre for safekeeping & transfer to Kolkata Zoo@WCO_OMD @FinMinIndia @UNODC pic.twitter.com/OpWz7AurSM
— Dr. Debi Prasad Dash (@debidashindia) September 22, 2018
Perché la legislazione non aiuta ad arginare il problema
A spingere gli acquirenti ad avanzare richieste sempre più insolite, secondo il dottor Saket Badola di Traffic India, è stata, da un lato, una disponibilità di denaro crescente e, dall’altro, l’influenza dei social media, dove non è raro vedere utenti trattare animali decisamente inadatti a stare in casa come se fossero cani o gatti da compagnia. Una moda difficile da sradicare soprattutto perché i trafficanti sono tutelati da un vuoto legislativo del Wildlife Protection Act, promulgato nel 1978, che tutela le specie native ma non quelle importate dal resto del mondo.
Directorate of Revenue Intelligence (DRI) Kolkata, seized some rare and endangered wildlife animals (Hollock Gibbons, Palm Civets) and 42 exotic birds, smuggled from Bangladesh, in North 24 Parganas. 2 persons have been arrested. pic.twitter.com/s0eh3ToIjC
— CBIC (@cbic_india) May 31, 2018
La compravendita può procedere, secondo la legge, solo dopo aver ottenuto licenze e permessi dagli organi competenti ma, una volta entrato in territorio indiano, l’anfibio o il volatile può essere tranquillamente ceduto senza troppi problemi. «Siamo davvero turbati dall’evolversi di quest’attività illegale», ha aggiunto Badola, «oltre a mettere a repentaglio i biosistemi, può facilmente trasformarsi in un pericoloso veicolo di malattie che, oltre a minacciare gli animali locali, rischiano di infettare l’uomo».
Gli animalisti chiedono misure più severe
Cosa fare, dunque, per arginare l’emergenza? Oltre al potenziamento del training dello staff aeroportuale sul contrabbando illegale, gli attivisti richiedono a gran voce l’approvazione dell’emendamento per la tutela della fauna selvatica, proposto nel 2021. «Questa misura consentirebbe al governo di regolare o vietare del tutto l’importazione, la vendita e il possesso di animali esotici», ha concluso Debadityo Sinah, membro della non profit Vidhi Centre for Legal Policy, «l’unico modo per tutelare la nostra biodiversità da ‘invasori’ che, per adattarsi a un’area geografica estranea a quella nativa, finiscono per distruggerla in maniera irreversibile».