Stop alle criptovalute private per far largo a una sorta di bitcoin di Stato. L’idea viene dall’India e segue la decisione già adottata dalla Cina, che ha reso illegali tutte le transazioni effettuate con la moneta digitale. La scelta del governo di Nuova Dehli è stata comunicata in un bollettino parlamentare, nel quale viene descritta l’attività legislativa dell’immediato futuro. Nel documento è stato inserito un paragrafo dal titolo La criptovaluta e il regolamento della legge sulla valuta digitale ufficiale, 2021. L’obbiettivo, recita il testo, «è creare una moneta digitale ufficiale emessa dalla Reserve Bank of India». Ma anche «vietare tutte le criptovalute private in India». Tranne se il loro utilizzo non sia finalizzato «a promuoverne la tecnologia e la diffusione». L’atteggiamento appare coerente con le parole usate la scorsa settimana dal primo ministro Narendra Modi che ha bollato le criptovalute come pericolose, in quanto potrebbero «rovinare le generazioni future». Ma a ritenere necessaria una regolamentazione era stata anche la banca centrale, preoccupata da eventuali ripercussioni «sulla stabilità macroeconomica e finanziaria».
Take crypto-currency or bitcoin for example.
It is important that all democratic nations work together on this and ensure it does not end up in wrong hands, which can spoil our youth: PM @narendramodi
— PMO India (@PMOIndia) November 18, 2021
Criptovalute private vietate in India: la reazione del mercato
La notizia, come era facile prevedere, ha innescato forti scossoni nel mercato. Lo stable coin tether (USDT) legato al dollaro che è crollato del 25 per cento, precipitando a quasi 60 rupie nella giornata di mercoledì. Nei mercati globali, il prezzo del bitcoin, è sceso del 2,7 per cento per un equivalente 56.171 dollari. A tal proposito, Laith Khalaf, capo dell’analisi degli investimenti presso la piattaforma di investimento AJ Bell, ha dichiarato: «Il piano dell’India per vietare le criptovalute non ha causato lo stesso danno sul prezzo del bitcoin della repressione della Cina, ma segna comunque un altro ostacolo nel processo di crescita della criptovaluta». Sottolineando contestualmente come fosse inevitabile che le monete digitali continuassero a incontrare «una maggiore regolamentazione o addirittura dei divieti nel mondo».
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Criptovalute, il precedente di El Salvador
Precursore dell’idea di una criptovaluta di Stato, già lo scorso settembre, era stato El Salvador, dove il bitcoin è diventato a tutti gli effetti una moneta a corso legale. Anche qui, tuttavia, i problemi non sono mancati. E proprio lo scorso martedì, 25 novembre, il Fondo monetario internazionale ha messo in guardia il Paese. Una data non causale, ma successiva di un giorno all’annuncio nello Stato centramericano della volontà di dar vita a una città dei bitcoin. Con simili presupposti, si capisce bene perché l’esempio di El Salvador, sia rimasto un unicum. In generale, infatti, l’atteggiamento delle grandi economie rimane di grande diffidenza. Ancora più drastica è la posizione del vicegovernatore della Banca d’inghilterra, Sir Jon Cunliffe, che ritiene le criptovalute potenzialmente in grado di generare un crollo finanziario. Un pensiero che non ha scoraggiato la BoE e il ministero del Tesoro britannico che il prossimo anno dovrebbero avviare una consultazione formale su una valuta digitale emessa dalla banca centrale.