Scivolone social per il Comune di Belsito, centro di 877 abitanti in provincia di Cosenza. In occasione del Primo maggio sulla pagina Fb istituzionale è apparso il post: «Il lavoro rende liberi (Primo Levi). Buona Festa del lavoro a tutti». La frase è la traduzione del tedesco Arbeit macht frei, scritta che campeggiava all’ingresso dei lager e campi di sterminio nazisti, tra cui Auschwitz e Dachau e a sua volta ripresa dall’omonimo libro di Lorenz Diefenbach, scrittore tedesco vissuto nell’800. Comprensibile che attribuire la paternità del motto proprio a Primo Levi avesse lasciato molti senza parole, facendo persino pensare a una provocazione di pessimo gusto.

La rimozione del post e l’ipotesi di hackeraggio
Dopo diverse ore, qualche utente ha segnalato l’errore, per usare un eufemismo, e si è provveduto a rimuovere il post. In un primo momento il Comune ha puntato il dito contro un fantomatico hacker. «Evidentemente il post apparso in mattinata su questa pagina non è in linea con il pensiero della stessa, con i i valori e con i principi a cui si ispira, tanto meno con “L’usus scribendi” dell’amministrazione comunale», recitava il messaggio. «Si teme un’ infiltrazione esterna. Verranno di conseguenza adottate tutte le misure e le precauzioni del caso».
L’errore in «fase di caricamento di un contenuto non condivisibile»
Alla fine si è scoperto – «dopo i dovuti approfondimenti» – che la responsabilità dell’accaduto non era imputabile ad alcun pirata informatico «come si era legittimamente pensato in un primo momento conseguentemente ad una notifica ricevuta sul profilo di uno degli amministratori della pagina». Con un nuovo post, l’amministrazione di Belsito
ha cercato di spiegare «che si è verificato un errore in fase di caricamento di un contenuto non condivisibile che in alcun modo avrebbe voluto rievocare un contesto storico e sociale terribile, che invece necessitava di un’elaborazione e di una contestualizzazione adeguata. D’altro canto bisognerebbe riappropriarsi del senso nobile del lavoro, sottolineando l’importanza dello stesso nella società attuale, di un lavoro dignitoso e non clientelare, regolare e legittimo che sia in grado di dare a ciascuno un’esistenza più libera e dignitosa come cita l’art.36 della nostra Costituzione. Questo il pensiero che era nostra intenzione manifestare. Ci dispiace che l’accaduto, anche se involontario, abbia creato malumori e disagio».