I Quaderni di conversazione di Beethoven, il genio nelle parole degli altri

Cesare Galla
18/02/2023

Ormai completamente sordo, il compositore cominciò a usare taccuini per dialogare con gli altri. Il risultato è una sorta di diario per interposta persona che restituisce le riflessioni e le preoccupazioni quotidiane del genio, insieme all'atmosfera del suo tempo. Un documento biografico prezioso recentemente ripubblicato da Einaudi.

I Quaderni di conversazione di Beethoven, il genio nelle parole degli altri

I Quaderni di conversazione di Beethoven sono i taccuini che a partire dal 1818 il compositore, ormai da tempo completamente sordo, cominciò a usare per poter dialogare con le persone, in casa e fuori. Quando qualcuno voleva dirgli qualcosa, era invitato a scrivere. La risposta, però, quasi mai era a sua volta scritta. Sono quindi documenti biografici molto particolari, allo stesso tempo rivelatori e di interpretazione problematica, spesso ardua, sempre insidiosa proprio per il fatto che la “voce” di Beethoven è quasi sempre assente. E va dedotta dal seguito della conversazione scritta.

Uno squarcio di vita vissuta tra considerazioni su musica, politica, letteratura e quotidianità

Ne conosciamo 139: vi si trova una storia continuamente interrotta e frammentaria, scritta da una piccola folla di personaggi noti e meno noti. Uno squarcio di vita vissuta dal 1818 al 1827 a Vienna e in qualche centro dei dintorni, ma specialmente negli innumerevoli appartamenti abitati, sempre in affitto, dal musicista. Lungo le pagine di questi libriccini di piccole dimensioni (in genere sono larghi 12 centimetri e alti 18) i problemi domestici e quelli economici si incrociano con le considerazioni sulla musica e sulla letteratura, sulla vita teatrale, sulla politica e la storia, sugli avvenimenti del giorno. L’alto e il basso nell’esistenza di un genio della musica, che aveva deciso di utilizzare questo mezzo per comunicare con i suoi contemporanei dopo avere preso atto del fatto che la sua sordità gli impediva definitivamente di farlo in maniera naturale o anche utilizzando strumenti più o meno sofisticati.

I Quaderni di Beethoven, un diario narrato per interposta persona
La firma di Beethoven (Getty Images).

La nuova edizione curata e tradotta da Cappelletto contiene il Testamento di Heiligenstadt

Una traduzione “tale e quale” dei Quaderni sarebbe impresa inutile oltre che ardua. Il primo che provò a realizzarne un’edizione almeno parziale fu Piero Buscaroli, che nel 1956 propose a Leo Longanesi la sua versione di una traduzione francese di 10 anni prima, curata da Jacques-Gabriel Prod’homme. Era ancora lontana l’epoca dell’edizione critica, iniziata negli Anni 70 e completata in Germania solo nel 2001. «Non si capisce niente», fu la risposta di Longanesi, e il progetto rimase al palo. Nei primi ‘60, mentre a Torino usciva una traduzione delle annate fino al 1823, a cura del musicologo Guglielmo Barblan, i Quaderni di Conversazione diventarono il cavallo di battaglia di Luigi Magnani: Beethoven nei suoi quaderni di conversazione fu pubblicato nel 1962 da Ricciardi a Napoli, poi nel 1970 da Laterza e nel 1975 da Einaudi. Nel frattempo, il critico reggiano aveva vinto il Premio Campiello 1973 con il romanzo Il nipote di Beethoven, pubblicato sempre da Einaudi ed evidentemente legato agli studi su questa figura, centrale nei Quaderni e nella biografia beethoveniana. Da allora, però, più nulla fino alla recentissima edizione a cura e con la traduzione di Sandro Cappelletto, pubblicata ancora da Einaudi nella storica collana Gli Struzzi. Il volume comprende anche la nuova traduzione di un celeberrimo autografo beethoveniano, la lettera ai fratelli scritta da Beethoven nell’autunno del 1802 e mai spedita, trovata fra le carte del musicista dopo la sua morte, universalmente nota come Il Testamento di Heiligenstadt, dal nome del piccolo centro vicino a Vienna dove fu composta. La relazione fra i due documenti è implicita: il Testamento contiene la prima e più drammatica confessione della sordità che affliggerà sempre più gravemente il musicista per il resto della sua vita, insieme all’eroica decisione di non arrendersi al destino in nome dell’arte; i Quaderni sono per molti aspetti la documentazione della vita da sordo di un sommo artista, accettata e condotta con coraggiosa sopportazione.

I Quaderni di Beethoven, un diario narrato per interposta persona
Il Testamento di Heiligenstadt e i Quaderni di conversazione nella nuova edizione Einaudi a cura di Cappelletto.

Dalla lettura è una sorta di diario di Beethoven narrato per interposta persona

A differenza di quanto aveva fatto Magnani, che aveva scelto di suddividere il suo discorso per argomenti supportati dal collegamento con quanto si trova nei Quaderni (i capitoli recano titoli come “Ideali sociali e passione politica”, “Il problema dell’opera”, “I due principi della forma sonata”, “La genesi dell’idea e la Missa Solemnis”), la ricognizione di Cappelletto nei Quaderni è rigorosamente cronologica, suddivisa per annate, fino agli ultimi mesi. Il discorso sull’arte e sulla musica è onnipresente ma non esclusivo. Quello che emerge dalla lettura è piuttosto una sorta di diario di Beethoven narrato per interposta persona. E in certo modo, chi scrive sui Quaderni assurge al ruolo di “cronista” dell’attualità, sia essa quella viennese degli Anni 20 dell’Ottocento o quella personale e familiare del musicista. Quanto mai opportuno oltre che utile, da questo punto di vista, l’elenco dei personaggi più significativi di questa sorta di “commedia umana” molto particolare, che apre il percorso nella nuova edizione italiana dei Quaderni.

I Quaderni di Beethoven, un diario narrato per interposta persona
La statua di Beethoven a Bonn (Getty Images).

La figura del nipote Karl 

La figura probabilmente più presente è il nipote Karl, che debutta fin dall’inverno del 1818, quando aveva 12 anni. È ben noto che nell’ultimo decennio della sua vita il compositore fu largamente assorbito, e non di rado travolto, dai problemi causati dalla tutela del ragazzo, figlio di un suo fratello minore prematuramente scomparso. Una questione dai molteplici e complessi risvolti anche giudiziari, nella quale Beethoven – a vedere la cosa con gli occhi di oggi – non fa certo una bella figura. Durissima e opprimente l’intransigenza nei confronti del giovane; sempre evidente e quindi fonte di ulteriori sofferenze, il suo atteggiamento non solo aspramente critico, ma vendicativo e persecutorio nei confronti della madre del giovane, alla quale aveva deciso di sottrarlo. La riteneva “indegna” e di moralità riprovevole, anzi inesistente. La storia rischiò di finire in tragedia: nel mese di luglio del 1826 il nipote esasperato si sparò un colpo di pistola alla testa, senza peraltro troppo gravi conseguenze. E solo la scomparsa del musicista – il 26 marzo 1827 – pose fine a una conflittualità che, considerata oggi, assomiglia molto a una totale incompatibilità di carattere. Grazie all’eredità lasciatagli dallo zio, Karl van Beethoven sarebbe vissuto di rendita per il resto della sua vita (morì nel 1858). Sposatosi, avrebbe avuto cinque figli, fra i quali un solo maschio, chiamato Ludwig.

I Quaderni di Beethoven, un diario narrato per interposta persona
Un ritratto di Beethoven dipinto da Joseph Karl Stieler (Getty Images).

Le “correzioni” e censure di Anton Schindler, assistente mediocre del genio 

Insieme al nipote, un ruolo da protagonista spetta ad Anton Schindler, violinista e direttore d’orchestra, per vari anni, non senza screzi e interruzioni, principale “famulus” del compositore, sia per le questioni pratiche che per quelle mediche e soprattutto per quelle artistiche. Nelle quali ultime, peraltro, emerge la sua sostanziale mediocrità, l’effettiva incapacità di capire la musica di Beethoven. Incapacità nella quale era in buona compagnia: dal 1818 in poi, nella Vienna della Restaurazione e del gusto piccolo borghese noto come Biedermeier, il cosiddetto “tardo stile” di Beethoven doveva sembrare qualcosa di alieno, di ineffabile e inafferrabile. Solo poche menti acute e aperte ne erano consapevoli, e questo emerge nitidamente nella narrazione di Cappelletto, ricca e precisa nel collegare i testi dei Quaderni con gli eventi culturali e politici, illustrando le personalità creative dell’epoca e raccontandone le vicende artistiche. Schindler è figura centrale anche nella storia dei Quaderni dopo Beethoven. Consegnati a lui come emolumento per l’assistenza al compositore pur appartenendo al nipote Karl, che era l’erede universale, i manoscritti furono venduti dopo una trattativa durata alcuni anni (siamo ormai alla metà dell’Ottocento) alla Biblioteca Reale di Berlino, “per farsi la pensione” (obiettivo raggiunto: 2.000 talleri subito, 400 all’anno di rendita vitalizia). I Quaderni rimasero nella disponibilità di Schindler per quasi un ventennio, durante il quale li postillò e “corresse”, molto probabilmente distruggendone un certo numero. Sembra poco plausibile, però, che la soppressione (non fosse che per motivi economici, come giustamente annota Cappelletto nella densa introduzione del volume) abbia riguardato addirittura oltre 200 fascicoli. Resta il fatto che per l’anno 1821 non esiste oggi alcun Quaderno, e per il 1822 ne abbiamo soltanto due.

I Quaderni di Beethoven, un diario narrato per interposta persona
Beethoven ritratto da Ferdinand Georg Waldmüller (1823).

I Quaderni sono utili anche per cogliere la temperie socio-politica dopo il Congresso di Vienna

Questi vuoti non rendono meno affascinante il viaggio che attraverso i Quaderni il lettore può compiere negli ultimi anni di Beethoven. In questa edizione le sottolineature e gli approfondimenti del curatore sono utili anche per cogliere la temperie sociale e politica nella capitale dell’Impero dopo il Congresso di Vienna: una città colma di spie e controllata da una polizia sospettosissima, oppressa da una censura pedante e onnipresente (se ne lamenta specialmente il poeta Franz Grillparzer) nella quale a casa del compositore si recano in visita (e scrivono sui Quaderni) nostalgici di Napoleone e spiriti “rivoluzionari” pronti a entusiasmarsi per i primi moti liberali che attraversano i regni europei a partire dal 1820-21, le cui cronache sono seguite e discusse con evidente interesse. Ma grazie a Cappelletto è parimenti chiaro il percorso creativo di Beethoven. Oltre il perenne arrabattarsi del musicista, da un lato con editori sparsi in tutta Europa e dall’altro con nobili e teste coronate alla ricerca di improbabili “sottoscrizioni” per lavori ancora di là da venire, questi sono gli anni in cui nascono la Missa Solemnis e la Nona Sinfonia, le Variazioni Diabelli e gli ultimi Quartetti, mentre approdano alle stampe le ultime prodigiose Sonate per pianoforte.

I Quaderni di Beethoven, un diario narrato per interposta persona
I funerali di Beethoven di Franz Xaver Ströbel.

Tra le pagine si respira lo spegnersi doloroso del generale dei musicanti

Beethoven parla di musica e pensa in musica, ascoltando il suo efficacissimo “orecchio interno”, ma vive nel mondo. Si lamenta dell’inflazione, se la prende con il governo che rischia la bancarotta facendo perdere un sacco di soldi ai risparmiatori, si indebita, cerca modi per far fruttare le preziose azioni bancarie che permetteranno al nipote di vivere senza problemi, licenza e assume cuoche e domestiche, litiga e si rappacifica con suo fratello, mangia male e beve peggio, comunque troppo. Viene curato anche da quattro medici contemporaneamente, subisce tre interventi chirurgici a domicilio per l’eliminazione dei liquidi creati dalla devastante cirrosi epatica che lo sta conducendo alla tomba. Così, a chi legge questo libro vivido e partecipe, può quasi sembrare di assistere allo spegnersi doloroso del “generale dei musicanti”, mentre i visitatori che si recano nel suo ultimo alloggio, ricavato dove una volta c’era il convento dei frati chiamati Spagnoli Neri, cercano di rassicurarlo parlando – ovvero scrivendo su un Quaderno di conversazione – del più o del meno, di novità nel mondo della musica, di cure per le sue gravi patologie. Parole di ascoltatori, singolare grimaldello per entrare nel mondo del genio che non poteva udire, al quale erano destinate.