A un anno dall’entrata in vigore della legge sulla sicurezza nazionale, che ha di fatto ridotto l’autonomia di Hong Kong dalla Cina, è possibile tirare i primi bilanci su quanto quel provvedimento abbia corroso il meccanismo di uno Stato, due sistemi su cui Londra e Pechino avevano disegnato la restituzione dell’ex colonia britannica.
La legge, che prevede pene fino all’ergastolo per chi viene ritenuto colpevole dei reati di secessione, sovversione, terrorismo e collusione con forze straniere, ha portato tra l’altro alla chiusura del giornale Apple Daily, una delle poche voci libere di Hong Kong, e l’arresto di alcuni suoi giornalisti. A nulla sono serviti due anni di proteste, decide di arresti e, in generale, il dissenso diffuso della popolazione. Ormai, considerare separate le due entità è un esercizio che ha poco senso.
Hong Kong, le accuse di Amnesty International
E la situazione è stata trattata da Amnesty International in un lungo rapporto: «In un anno, la legge sulla sicurezza nazionale ha fatto intraprendere a Hong Kong il cammino per diventare rapidamente uno stato di polizia e ha creato un’emergenza dei diritti umani per la popolazione», ha dichiarato Yamini Mishra, direttrice per l’Asia e il Pacifico di Amnesty International. «Dalla politica alla cultura, dall’istruzione all’informazione, la legge ha infettato ogni settore della società di Hong Kong e fomentato un clima di paura che costringe la popolazione a pensare due volte su cosa dire, cosa twittare o come vivere. In definitiva, questa legislazione indiscriminata e repressiva minaccia di rendere Hong Kong un deserto dei diritti umani, sempre più simile alla Cina continentale». Il rapporto si conclude con dei numeri abbastanza eloquenti: dal 1° luglio 2020 al 23 giugno 2021, sulla base della Legge sulla sicurezza nazionale, la polizia di Hong Kong ha arrestato o ordinato l’arresto di almeno 118 persone. Al 23 giugno 2021, 64 persone erano state formalmente incriminate, 45 delle quali sottoposte a detenzione preventiva.
🚨NEW RESEARCH🚨
Exactly one year ago, the National Security Law was enacted in Hong Kong. Our latest briefing details how the law has given authorities free rein to illegitimately criminalize dissent while stripping away the rights of those it targets. https://t.co/qFhi9833mQ
— Amnesty International (@amnesty) June 30, 2021
Hong Kong come “1984”
Il New York Times ha fatto un punto su come la regione si sia evoluta, in peggio, in questi 365 giorni. «Il Partito Comunista Cinese sta rifacendo questa città, permeando il suo carattere un tempo vibrante e irriverente di segni sempre più evidenti della sua volontà autoritaria. La trama stessa della vita quotidiana è sotto attacco mentre Pechino plasma Hong Kong in qualcosa di più familiare, più docile», si legge nell’articolo. Ma in che modo? Spingendo la gente a denunciare vicini di casa, familiari o conoscenti poco “organici”, modificando alcune tradizioni, sottoponendo i dipendenti pubblici al giuramento di fedeltà. Le hotline della polizia sono intasate di chiamate dei delatori, pronti a “fare le spie” nei confronti di chi dimostra il minimo dissenso (Un funzionario ha recentemente applaudito i residenti per aver lasciato più di 100 mila messaggi di questo tipo in sei mesi). Gli agenti sono ora addestrati al passo dell’oca, nello stile dell’esercito cinese, abbandonando così la tradizionale marcia in stile britannico. E, chi si sottopone a giuramento, è anche avvertito delle possibili conseguenze in caso di violazione. «Alti funzionari di Hong Kong si sono riuniti, con la mano destra alzata, per giurare fedeltà al Paese, proprio come i burocrati della terraferma sono regolarmente chiamati a ‘biao tai’, mandarino per ‘dichiarare la propria posizione’», si legge ancora sul Nyt.
«Le persone di ogni ceto sociale a Hong Kong hanno inoltre capito che ‘uno Stato’ è il prerequisito e il fondamento di ‘due sistemi’», ha detto questo mese Luo Huining, alto funzionario di Pechino a Hong Kong. E, dopo che il governo centrale ha decretato questa primavera come solo i “patrioti” possono candidarsi a una carica a Hong Kong, la Bank of China International – un’istituzione statale – ha pubblicato un annuncio di lavoro per un posto di direttore, che diceva che i candidati dovrebbero «amare il paese». In tutto questo, Pechino sta anche riscrivendo i programmi scolastici, visto che agli insegnanti è stato detto di inculcare agli studenti fervore patriottico attraverso set di libri di 48 volumi chiamati La mia casa è in Cina. Le biblioteche pubbliche, poi, hanno rimosso dalla circolazione dozzine di libri, incluso uno sul reverendo Martin Luther King Jr. e Nelson Mandela. Il lavaggio del cervello è pronto.