Una delle notizie della settimana è che il musicista Pharrell Williams ha preso il posto di Virgil Abloh (scomparso nel novembre 2021), come direttore creativo della collezione maschile di Louis Vuitton. La notizia è diventata immediatamente virale e ha creato un autentico terremoto sui social network. Sempre presente nel front row delle sfilate e con qualche collaborazione importante alle spalle, che va da Dior a Kenzo, passando per Adidas e Uniqlo, l’ex frontman dei N.E.R.D. è solo l’ultimo esempio di quanto la cultura hip-hop da movimento underground sia entrata a pieno titolo nel mainstream.

La celebrazione degli Avengers del rap all’halfitime show 2022
Già l’anno scorso aveva fatto parecchio rumore l’esibizione durante l’halftime show del Super Bowl dei cosiddetti “Avengers del rap” (Snoop Dogg, Eminem, 50 Cent e Kendrick Lamar), che assieme alla “regina dell’rnb” Mary J. Blige, uno dopo l’altro, si erano avvicendati sull’enorme palcoscenico in mondovisione girando intorno alla figura del leggendario produttore di Compton Dr. Dre, certificando una volta per tutte, qualora ce ne fosse bisogno, la più grande celebrazione mai vista dell’intero movimento. D’altronde Kendrick Lamar aveva già vinto il Premio Pulitzer, Barack Obama aveva sdoganato l’hip-hop invitando alla Casa Bianca diversi rapper, tra cui Jay Z e lo stesso Lamar, e uno dei più importanti tra loro, il solito Kanye West, si era addirittura auto-candidato, in pieno delirio di onnipotenza, a Presidente degli Stati Uniti.

Cinquanta anni fa Kool Herc ebbe l’intuizione che cambiò la storia
Quando nel 1994 Biggie Smalls rappava «Non hai mai pensato che l’hip-hop sarebbe arrivato così lontano», rivolgendosi ai critici che pensavano che il movimento fosse destinato a essere una moda passeggera, non avrebbe mai immaginato il punto a cui è arrivato oggi il rap: una cultura che negli anni si è talmente trasformata da poter essere considerata una delle più grandi e redditizie industrie contemporanee. Si ritiene che il movimento nacque 50 anni fa, nel South Bronx di New York grazie a Kool Herc, un dj nato in Giamaica, che al 1520 di Sedgwick Avenue organizzò la prima festa hip-hop della storia. Durante quel leggendario party dell’estate del 1973, mentre il Bronx era funestato dai disordini, Herc ebbe una illuminazione che si rivelò una delle scelte creative chiave della musica del XX secolo. Aveva intuito i brani o le parti di essi che la gente aspettava per scatenarsi. Il momento in cui il pubblico perdeva la testa coincideva con la parte strumentale in cui tutti gli elementi scemavano a favore delle percussioni e del ritmo: il break. Fu qualcosa di rivoluzionario: Herc portava alle sue feste due copie dello stesso disco, per allungare il break dei pezzi, fino a creare qualcosa di nuovo, un suono che non si era mai sentito prima.

Dalla figura dell’MC al gangsta rap
L’evoluzione da lì fu graduale, ma continua. I primi dj, impressionati da Herc, cercarono di perfezionare la sua creazione. Tra questi Afrika Bambataa, che riuscì a riunire le varie gang, fino ad allora in continua lotta, nella Universal Zulu Nation, e Grandmaster Flash, che affinò la tecnica creata da Kool Herc, iniziando a segnare sul disco con un pennarello il punto del break, per trovarlo più velocemente: «Sapevamo dove eravamo. Non tiravamo più a indovinare». Flash fu il primo che riuscì a trasformare il giradischi uno strumento musicale. Poi arrivarono gli Anni 80 e fu subito chiaro che l’attenzione si era spostata sulla figura dell’MC, letteralmente Master of Cerimonies, quando The Sugar Hill Gang pubblicò Rapper’s Delight. Nacquero così le prime band come i Public Enemy, i Run DMC e il Wu Tang Klan a New York o gli NWA a Los Angeles, che di fatto crearono un sottogenere di enorme successo, il cosiddetto gangsta rap, iniziando a fomentare la rivalità tra le due coste l’East Coast e la West Coast, rivalità che si cristallizzò con lo scontro tra Notorious Big e Tupac Shakur, due dei rapper più celebri di tutti i tempi, che persero la vita in seguito a due sparatorie a brevissima distanza l’uno dall’altro. Da allora i rapper diventarono i nuovi eroi. La cultura hip-hop uscì dalle periferie per conquistare cinema (con film come Boyz N Da Hood e Friday), moda (FUBU e Tommy Hilfiger33) e persino la tv con le serieThe Fresh Prince of Bel-Air e In the House. Per saperne di più irrinunciabili il libro edito da Minimum Fax e scritto da Cesare Alemanni intitolato semplicemente Il Rap e il documentario Hip-Hop Evolution, facilmente reperibile su Netflix.