Nel mondo in continua evoluzione delle app di dating ce n’è una che promette di diventare la vera, grande novità dell’anno che sta per iniziare. Si chiama Hinge, e non è una novità in senso assoluto, dato che esiste dal 2013. Ma se prima era pressoché sconosciuta, da qualche mese se ne parla (e la si usa) sempre di più. Due le caratteristiche che la differenziano dalla concorrenza. La prima riguarda il fatto che è indirizzata a chi cerca una relazione stabile e duratura. La seconda è la particolare attenzione (ricambiata) per il mondo omosessuale.
Il caso del politico democratico Pete Buttigieg, sposato grazie a Hinge
Partiamo dalla prima: già dallo slogan utilizzato si capisce che Hinge non è fatta per chi in una dating app cerca incontri destinati a non avere un seguito. «Per il tuo ultimo primo appuntamento», si legge nella home page. «Non vogliamo che i nostri utenti tornino in continuazione sulla app», fanno sapere dal quartier generale di New York, «bensì che a un certo punto la cancellino perché non ne hanno più bisogno». E perché non dovrebbero averne più bisogno? Semplice: perché hanno trovato un partner con cui stanno bene. Come è successo, e qui arriviamo all’attenzione ricevuta dal mondo omosessuale, a Pete Buttigieg, già candidato alle primarie del Partito Democratico americano. Attualmente segretario ai Trasporti dell’amministrazione Biden, il quarantenne Buttigieg ha dichiarato in un’intervista alla Cnn di aver conosciuto proprio su Hinge l’insegnante di liceo Chasten Glezman, suo marito dal 2018. Inutile dire che nei tre mesi successivi all’intervista i download dell’applicazione sono triplicati rispetto al trimestre precedente.
Le donanzioni ai favore dei locali vicini alla comunità LGBTQIA+
Come detto, anche da parte di Hinge sono arrivati notevoli segnali di attenzione nei confronti del mondo omosessuale. Come il Lesbian Bar Project, lanciato lo scorso anno con l’obiettivo di sostenere economicamente diversi locali messi a dura prova dalla pandemia come l’Henrietta Hudson di New York, l’Alibi di Oklahoma City e il Lipstick Lounge di Nashville, storici luoghi di ritrovo al centro di numerose campagne di sostegno alla comunità LGBTQIA+. «I locali che abbiamo deciso di aiutare con le nostre donazioni non sono solo luoghi sicuri ma anche parte essenziale della cultura LGBTQIA+», ha detto Justin McLeod, uno dei fondatori di Hinge, «la nostra speranza è quella che rimangano aperti a lungo».
Dating app fondata nel 2011 e poi acquisita da Match Group
Fondata nel 2011 dallo stesso McLeod e da Frances Haugen, Hinge è stata progressivamente acquisita da Match Group, proprietario dell’omonimo servizio ma anche di Tinder, Meetic, OkCupid e altri ancora. Un vero e proprio cartello del dating on line, insomma, che all’inizio del 2019 è diventato proprietario del cento per cento delle azioni. Un anno più tardi, a rivista online Cnet l’ha segnalata come dating app su cui puntare per il 2021, evidenziandone le caratteristiche che la rendevano migliore rispetto alla concorrenza: «Si possono fornire al potenziale partner informazioni spesso decisive nella scelta di stabilire una connessione: opinioni politiche, orientamento religioso, frequenza del consumo di alcolici, perfino l’intenzione di avere figli. Su Hinge è più facile creare profili interessanti».
Come funziona Hinge, dal profilo all’algoritmo pensato da un premio Nobel
Una volta entrati nel profilo della persona che vogliamo conoscere, si possono mettere dei “like” alle foto ma anche alle caratteristiche che questa persona ha deciso di rendere note. Si possono mandare messaggi privati, anche audio, anche senza richiedere una connessione. Utile, infine, la funzione “tocca a te”, con la quale un utente può sollecitare l’altra persona a rispondere. Ma la caratteristica più interessante di Hinge è forse il suo utilizzo dell’algoritmo di Gale e Shapley, due studiosi (il secondo ha addirittura vinto nel 2012 il Nobel per l’Economia) che hanno indagato a lungo le relazioni matematiche proprie dei matrimoni stabili. Insomma, chi usa Hinge non vuole relazioni da “una botta e via”. Sarà per questo che la app ha successo? Lo dobbiamo interpretare come un segnale di cambiamento nella società? Ai posteri, e forse all’algoritmo, l’ardua sentenza.