È rimasto in patria «per il popolo afghano», che in questi giorni ha sofferto tanto. Per farlo, però, ha dovuto giurare fedeltà ai talebani, di nuovo al comando della sua nazione senza pace. Hashmat Ghani, fratello del presidente Ashraf fuggito negli Emirati Arabi «per evitare un bagno di sangue», è ancora al suo posto, ed è di gran lunga la personalità più importante del Paese ad aver dato legittimità all’Emirato islamico.
طالبان کا کہنا ہے کہ @ashrafghani کے بھائی حشمت غنی احمد زئی نے طالبان کی حمایت کا اعلان کیا ہے۔ طالبان رہنما خلیل الرحمٰن اور دینی عالم مفتی محمود ذاکری اس موقع پر موجود ہیں۔ ویڈیو مفتی ذاکری نے جاری کی ہے۔ pic.twitter.com/MmBIsRqwa4
— Tahir Khan (@taahir_khan) August 21, 2021
Imprenditore, politico ma soprattutto capo di una delle principali tribù afghane, Hahsmat ha detto di aver ha accettato la transizione pur invocando la formazione di un esecutivo inclusivo. «I talebani sono in grado di portare sicurezza, ma la gestione di un governo funzionale richiede il contributo e la collaborazione di afgani istruiti più giovani», ha scritto su Twitter. Sul social, poi, insiste affinché l’espatrio di chi vuole andare all’estero avvenga nel modo più sicuro possibile, pur sottolineando la necessità per il Paese che le menti migliori rimangano per contribuire alla ricostruzione.
I wish those of you that have strong ties to both rural and cities of country could remain to train up coming generation https://t.co/RrXOC1mxJy
— Hashmat Ghani (@GhaniHashmat) August 22, 2021
Hashmat Ghani, storia di un capotribù
Fratello minore di Ashraf, presidente dell’Afghanistan dal 2014 al 15 agosto 2021, Hashmat ha ereditato l’impresa di famiglia, il colosso Ghani Group, di cui il figlio Sultan è presidente. È però soprattutto la sua qualifica come capotribù del Gran Consiglio dei Kuchi (i nomadi afghani) a renderlo un personaggio di rilievo. Ghani rappresenta gli Ahmadazai, una delle più grandi tribù pashtun originaria del Waziristan, al confine nord-orientale tra Afghanistan e Pakistan.
La carica, che Ghani ricopre dal 2002, gli permette di rappresentare il suo gruppo, tra i principali nel Paese, e di portare gli interessi di circa due milioni e mezzo di afghani, il 60 per cento dei quali totalmente nomadi. La divisione in tribù è uno degli aspetti più complessi della società afghana, che rende il controllo dello Stato particolarmente difficile in determinate zone del Paese. Per questo l’appoggio, o quantomeno la “legittimazione” da parte di Ghani del governo talebano è di particolare importanza. Con quella stretta di mano Ghani ha “ratificato” l’accettazione del nuovo esecutivo da parte della tribù Ahmadazai di cui è leader. E anche se non dovesse essere esattamente così, visto che le divisioni sociali esistono tanto tra tribù quanto nelle tribù, simbolicamente si tratta di un atto molto importante. Mentre il Panshir resiste, e rappresenta al momento la più seria minaccia interna all’esecutivo taliban, una tribù popolosa e influente ha invece deciso di sedersi al tavolo con i nuovi governanti: una circostanza non da poco.
Hashmat Ghani e gli affari di famiglia
Al prestigio sociale si aggiunge anche quello economico, perché Hashmat possiede il gruppo Ghani, un colosso che si occupa di servizi di sicurezza, edilizia, estrazione mineraria, energia e sviluppo tecnologico. Sul sito web si legge che «Il Gruppo Ghani è stato fondato nel 1927 con il marchio Ahmadzai Transport Company in Afghanistan. Dalla sua fondazione, l’azienda è cresciuta fino a fornire servizi di alto livello sia per il governo che per il settore privato nei mercati locali e internazionali». Con il centro operativo a Kabul, l’impresa ha una sede anche a Dubai. Proprio negli Emirati, oltre che in Usa e Pakistan, l’imprenditore ha altre proprietà. Ha studiato in Occidente, tra Francia e Stati Uniti. La sua è una delle poche aziende che non si è sviluppata principalmente dopo l’arrivo degli americani nel 2001.
Quella dei Ghani è però una storia fortemente intrecciata con il potere: suo padre servì re Mohammed Zahir Shah in molti ruoli ministeriali, l’ultimo con il titolo di ministro dei Trasporti dalla fine degli Anni 50 fino alla deposizione del sovrano, avvenuta nel 1973. Dopo il rovesciamento del governo, Ghani e la sua famiglia si unirono all’ex re e ai monarchici in esilio a Roma. Zahir Shah tornò a Kabul solamente nel 2002, con la caduta del primo regime talebano, dove morì nel 2007.