Ora tutti a discettare sullo stato della relazione tra la piccola Giorgia e il grande Guido. Ancora stretti? Più freddi di prima? Il “gigante” e la “bambina” marciano verso la presa di Palazzo Chigi, ma i rapporti di forza sono totalmente cambiati da quando, 10 anni fa, sul palco dell’Auditorium della Conciliazione di Roma, lui se la prese in braccio e la issò con gioia per celebrare la nascita di Fratelli d’Italia. Ora Meloni è leader assoluta del partito e presidente del Consiglio in pectore, mentre Crosetto è tra i consiglieri più importanti, un influente privato cittadino che, da cofondatore della creatura politica di maggioranza relativa del Paese, aspira legittimamente a un ruolo chiave nel nascituro esecutivo. Senza dimenticare che è stato il candidato di bandiera di FdI nella corsa al Quirinale.
L’ipotesi di un ruolo di governo e l’ombra del conflitto di interessi
Certo, a domanda lui si schermisce e dall’alto dei suoi quasi due metri di altezza ci scherza su, come quando a La7 ha detto: «Sono troppo grosso per entrare in un governo». Ma poi lascia aperto uno spiraglio all’ipotesi e intanto si affretta a chiudere le posizioni societarie o professionali che potrebbero imbarazzare in ottica di conflitto di interessi con una eventuale poltrona nell’esecutivo. Le sue società nel settore dell’accoglienza turistica non preoccupano più di tanto, tutt’altra storia le attività da lobbista istituzionale, manager e rappresentante delle imprese confindustriali del comparto difesa, sicurezza e aerospazio, associate nell’Aiad. Senza dimenticare il ruolo, che conserva da un paio d’anni, di presidente del Cda di Orizzonte Sistemi Navali, azienda strategica controllata da Leonardo e Fincantieri, e l’impegno da senior advisor della stessa Leonardo. Non a caso, Crosetto ha già annunciato via Twitter che liquiderà del tutto la Srl di famiglia fondata nel 2020, «una bella società di consulenza, con mia moglie e mio figlio», in modo che «nessuno possa fare illazioni». E nella stessa notte del trionfo meloniano ha sgombrato il campo: «L’Aiad? La abbandonerò, non posso essere rinnovato il prossimo anno». Per la cronaca: occupa la poltrona di presidente dal 2014.

Giorgia Meloni può fare a meno del king maker di Cuneo?
Sarà, ma intanto resta l’interrogativo: quali sono oggi i rapporti tra lui e Giorgia? Lo “Shrek di Cuneo” è un king maker di cui Meloni non può fare a meno, soprattutto per le sue relazioni con il deep state? Oppure l’uomo che sussurra ai grand commis di Stato inizia a diventare una figura troppo ingombrante (per una volta non solo fisicamente), da cui Meloni punta gradualmente a emanciparsi? Lui non si è candidato, non ha ruoli ufficiali, ma viene sempre interpellato da fondatore e in certi casi quasi trattato come un oracolo dai grandi media. Questo manda in bestia molti dei suoi compagni di partito che sono saltati sulla sedia quando hanno letto l’intervista ad Avvenire del 9 settembre scorso, in cui Crosetto prefigurava l’ipotesi di un nuovo governo di larghe intese, con «tutte le energie migliori. E tutte vuol dire tutte», per far fronte agli enormi problemi del frangente attuale. Non l’avesse mai detto, apriti cielo. In ogni caso, la vittoria di Fdi si è poi rivelata talmente schiacciante che adesso tutte le rogne sono sulle spalle di Meloni e dei suoi.
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Un ex democristiano che piace a tutti
Eppure il personaggio è così. Non per niente piace anche in ambienti politici (e non solo) molto lontani dal suo, perché quando parla non ha mai il sangue agli occhi, non taglia la logica a fette con l’accetta, è lontanissimo da certi manicheismi, applica quasi sempre una buona dose di realismo e di fair play che si sposano bene con la sua bonomia caratteriale. Se si discute di lui con gli avversari politici, è tutto uno sdilinquirsi in «è un signore» o «da quella parte è uno dei pochi che ci capiscono» e via complimentandosi. D’altronde Crosetto è figlio di una storia diversa, molto lontana da quella della destra ex missina, il lignaggio è da vero democristiano della Provincia Granda. Classe 1963, il suo primo ruolo politico fu la segreteria del movimento giovanile e la guida nazionale della formazione della Dc. Ma è stato anche sindaco di Marene, nel Cuneese, dal 1990 al 2004. Solo nel 2000 si iscrisse a Forza Italia e da lì è partita la scalata nazionale: fu eletto in tre legislature, tra il 2001 e il 2008, mentre nel governo Berlusconi IV divenne, manco a dirlo, sottosegretario alla Difesa, settore per cui ha sempre coltivato grande interesse, malgrado l’azienda di famiglia producesse macchine agricole in un territorio nel quale l’agricoltura è arte. Non a caso, Crosetto è stato con Carlin Petrini (l’ideatore di Slow food) uno dei fondatori dell’Università di Scienze gastronomiche di Bra.

I no di Crosetto in Forza Italia e in FdI
Oggi, però, il fascino degli armamenti sembra aver vinto, almeno professionalmente, su Barolo, mandorle e tartufi. E persino sulla politica. Nel 2018 il “gigante di Marene” era stato rieletto alla Camera nelle fila di Fdi, ma si dimise l’anno dopo per poter avere le mani libere. In compenso, è ancora membro del comitato direttivo dell’Istituto affari internazionali e tra i vecchi pallini di Crosetto ci sono pure il settore immobiliare e le infrastrutture: 10 anni fa venne nominato presidente dell’aeroporto di Cuneo-Levaldigi, ma dovette lasciare subito per incompatibilità con la carica parlamentare, dopo la denuncia dei Radicali. E nello stesso periodo scivolò su un’altra buccia di banana, un classico all’italiana: nel suo cv e nella navicella parlamentare faceva capolino una laurea in Economia che Crosetto in realtà non aveva mai conseguito, essendo stato costretto da ragazzo a interrompere gli studi per occuparsi dell’impresa di famiglia dopo la morte del padre. All’epoca fece mea culpa, ma non troppo: «Ho raccontato una piccola, innocente bugia». Se Meloni seguisse l’insegnamento di François de La Rochefoucauld, adesso dovrebbe agire sapendo che è più disdicevole non fidarsi degli amici che venirne ingannati. E poi l’ex sottosegretario non può essere ascritto alla schiera degli yes-men o dei laudatores un tanto al chilo. Nel 2011 contestò con durezza le scelte dell’allora “suo” ministro dell’Economia, il redivivo (proprio in Fdi) Giulio Tremonti. E si disse contrario anche al ritorno in campo di Berlusconi l’anno dopo, tanto da lasciare il Popolo della libertà e fondare appunto Fratelli d’Italia. Se serve, Crosetto sa anche disallinearsi dai diktat della “caserma” meloniana: due anni fa non esitò infatti a dichiarare il suo voto contrario al referendum targato M5s sul taglio dei parlamentari, malgrado la leader avesse schierato il partito a favore.
Un ruolo nel nuovo governo o sempre dietro le quinte?
Insomma, sarà pure allergico alla cravatta, ma il Mazzarino della corte meloniana piace alla gente che piace perché è abile nel dosare schiettezza e diplomazia. Avendo sposato due pallavoliste, sa murare gli attacchi avversari e non a caso ha tenuto un profilo bassissimo nel momento in cui, a maggio scorso, si è vociferato di una sua ipotetica investitura da presidente del Consiglio “di mediazione”, a fronte di una eventuale vittoria monca di Fdi e del centrodestra. Ora Crosetto potrebbe aspirare a fare il sottosegretario alla Presidenza, magari scansando la delega ai servizi segreti, vista la sua sfera d’azione professionale. Oppure (più probabile) il ministro, possibilmente evitando la Difesa per gli stessi motivi. O ancora potrebbe rimanere nuovamente dietro le quinte. Sia come sia, la bambina adesso è cresciuta, ma il gigante rimane pronto a condurla per mano lungo il tragitto più difficile.