Dal Myanmar al Tigray: le emergenze umanitarie oltre alla guerra in Ucraina

Stefano Iannaccone
20/03/2022

Dal Myanmar, dove continua la repressione violenta della Giunta militare, al Tigray, regione martoriata dalla guerra. fino al Sud Sudan dove si rischia la catastrofe umanitaria e a Hong Kong nella morsa del Covid. Le crisi passate in secondo piano con la guerra in Ucraina.

Dal Myanmar al Tigray: le emergenze umanitarie oltre alla guerra in Ucraina

C’è la tragedia in Ucraina, certo. Un orrore che sta sconvolgendo l’Occidente con immagini strazianti. E milioni di profughi diretti verso l’Europa. Ma nel mondo, fuori dai radar mediatici, ci sono altri drammi, crisi altrettanto gravi in cui il rispetto dei diritti umani è una chimera. Tra oppositori bruciati vivi, operazioni che sono una vera pulizia etnica e obitori pieni di vittime del Covid, il quadro è quasi apocalittico. Basta volgere lo sguardo in Asia, nel Myanmar, l’ex Birmania, in cui le violenze della giunta militare non accennano a diminuire. Mentre nel Tigray, la guerra civile ha assunto la forma di una pulizia etnica dove non è possibile documentare alcunché. In Sud Sudan 9 milioni di persone necessitano di aiuti umanitari. Per non parlare del rischio carestia cui andranno incontro molti Paesi (anche) africani a causa del blocco delle esportazioni di cereali da Russia e Ucraina. Infine un’altra emergenza “dimenticata”: quella di Hong Kong dove il Covid che sta compiendo una strage.

Emergenze e crisi umanitarie oltre alla guerra in ucraina
Profughi in fuga dal Myanmar (Getty Images).

Myanmar, la repressione della Giunta militare e le torture 

Le notizie dal Myanmar confermano un disastro umanitario senza fine. Dopo il colpo di Stato del primo febbraio del 2021, le proteste non sono mai cessate. Lo scorso anno l’esercito ha rovesciato il governo eletto, con l’arresto dei leader politici, tra cui Aung San Suu Kyi. Da quel giorno, l’opera di repressione non ha mai avuto fine. Per qualche settimana la questione è rimbalzata sui media internazionali, per poi sparire gradualmente. Un recente rapporto delle Nazioni Unite ha svelato cosa è accaduto e cosa ancora sta succedendo. Ci sono stati «attacchi diffusi e sistematici contro i civili secondo schemi di condotta che possono equivalere a crimini contro l’umanità», riferisce il documento dell’Alto commissariato per i Diritti umani, guidato dall’ex presidente del Cile Michelle Bachelet. «A luglio, i soldati hanno ucciso 40 persone nella regione di Sagaing in una serie di incursioni e gli abitanti del villaggio hanno trovato alcuni dei resti delle vittime con mani e piedi ancora legati dietro la schiena», prosegue il rapporto. E ancora: a dicembre, nello Stato di Kayah, i militari hanno dato fuoco al corpo di almeno 40 persone, tra cui donne e bambini. Stando alle testimonianze della popolazione locale, alcuni sono stati bruciati vivi mentre tentavano la fuga. Intanto gli oppositori sono stati arrestati, senza il rispetto di alcun diritto: vengono sottoposti a torture, maltrattamenti, tra cui la mancanza di cibo e di acqua. Sono decine le denunce di violenza sessuale sulle donne. Per questo Bachelet ha chiesto «misure concertate e immediate per arginare la spirale di violenza». Una predica nel deserto.

Emergenze e crisi umanitarie oltre alla guerra in ucraina: dal tigray al myanmar
Rifugiate originarie del Tigray si riparano con i cartoni dell’Unhcr (Getty Images).

Il Tigray è sull’orlo di una catastrofe umanitaria

E in un’altra zona del Pianeta, desertica nel vero senso della parola, si sta consumando una catastrofe umanitaria. È il caso del Tigray (o Tigrè), regione settentrionale dell’Etiopia che confina con l’Eritrea, dove gli scontri sono iniziati dal novembre del 2020. L’esercito regolare, che risponde al governo di Abiy Ahmed Ali, si contrappone ai miliziani del Fronte popolare di liberazione del Tigray (Tplf), organizzazione separatista, di ispirazione marxista, attiva nel nord del Paese da oltre 40 anni. Le tensioni sono nate sulla disputa dell’autonomia territoriale, sfociando in un conflitto. I ribelli, grazie all’alleanza con l’Esercito di liberazione oromo (un’altra milizia locale), stavano avanzando, tanto da far immaginare una possibile conquista della Capitale, Addis Abeba. La controffensiva delle truppe ufficiali, però, ha respinto l’assalto. La battaglia si è spostata di nuovo nel Tigray, che ha come capoluogo la città di Macallè, dove sono segnalate ripetute violazioni dei diritti umani da parte degli uomini di Abiy Ahmed Ali, che – ironia della sorte – è stato insignito del Nobel per la Pace nel 2019 per il processo di pace avviato con i nemici eritrei. Le notizie arrivano con il contagocce, ma la definizione di pulizia etnica non è un tabù. Di certo la popolazione della regione è allo stremo, priva di beni di prima necessità tra cui i medicinali per le persone gravemente malate. Da oltre un anno, in pratica, circa 7 milioni di tigrini sono bloccati dall’esercito etiope e compressi al confine eritreo. «Non c’è nessun posto al mondo in cui la salute di milioni di persone sia più minacciata», ha affermato il direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus.

In Sud Sudan, 9 milioni di persone necessitano di aiuti umanitari

E sempre in Africa, spostandosi nel Sud Sudan, la condizione della popolazione non è certo migliore. Il Paese, che ha ottenuto l’indipendenza dal Sudan nel 2011, ha vissuto due guerre civili in pochi anni a causa di scontri etnici. L’ultima è ufficialmente terminata nel 2020 con una accordo di pace, ma la situazione è tuttora drammatica: secondo le stime, circa 9 milioni di persone (su 12,4 milioni di abitanti del Paese) hanno bisogno di sostegno umanitario. Il conflitto ha ulteriormente impoverito il Paese. E la ripresa non si vede affatto. A Leer, nello stato settentrionale di Unity, è stato saccheggiato un deposito del Programma alimentare mondiale, dove ci sono decine di migliaia di persone sfollate.

le altre emergenze e crisi oltre la guerra in Ucraina
Hong Kong è alle prese con un’ondata di Covid senza precedenti (Getty Images).

Il Covid con Omicron si abbatte su Hong Kong

Ma non ci sono solo le guerre nel contesto globale. Mentre l’Europa tenta un ritorno alla normalità, la pandemia sta flagellando Hong Kong. Da febbraio c’è stata un’impennata di contagi che hanno superato i 50 mila casi al giorno (su una popolazione di 7 milioni), e le vittime si contano a centinaia. Così non bastano gli obitori e mancano addirittura le bare per i morti. Tanto che la città Stato ne ha chieste alla Cina. Dove, tra l’altro, la politica Covid zero non sta dando risultati sperati con 42 milioni di persone ancora in lockdown, la maggior parte dei quali a Shenzen. Un racconto tragico nelle ore in cui vengono commemorati i camion militari di Bergamo pieni di feretri delle vittime del Covid-19.