Nuova stretta del governo russo alle informazioni sui militari caduti in Ucraina. Dal 2015 i dati sui soldati morti durante le cosiddette “operazioni speciali” sono classificati come segreto di Stato, ma le pratiche per i risarcimenti destinati alle famiglie erano gestite dalle autorità civili. Ora il ministero della Difesa ha chiesto di trasferire questo compito agli uffici di arruolamento in modo da evitare quanto più possibile fughe di notizie. Come si legge nella nota che accompagna il decreto che stabilisce il passaggio di consegne è spiegato senza giri di parole che la misura è necessaria «per limitare il numero di persone che hanno accesso alle informazioni sui familiari di militari delle forze armate della federazione russa morti nell’operazione militare speciale nei territori dell’Ucraina e delle Repubbliche di Donetsk e Lugansk».
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Respinto l’appello degli attivisti alla Corte suprema russa
Finora i documenti erano rilasciati dalle amministrazioni distrettuali e registrati in libri contabili speciali. Questa procedura è in vigore dal 2013 e riguarda i familiari dei soldati uccisi in Cecenia, in Siria e altri conflitti. Tuttavia, per i parenti dei militari morti nella guerra in Ucraina, il ministero della Difesa ha proposto di introdurre la nuova regola e affidare le pratiche all’esercito finora responsabile solo dell’assegnazione delle pensioni e dei risarcimenti ai parenti disabili di un capofamiglia morto in guerra. Un gruppo di attivisti per i diritti umani e giornalisti ha tentato invano di impugnare il decreto presso la Corte suprema russa sostenendo la sua incostituzionalità. La nuova legge infatti violerebbe tra gli altri anche il diritto delle persone a essere informate. Appello che come era prevedibile è stato prontamente respinto.

L’odissea legale per i familiari dei militari dispersi
Il certificato di “familiare di un veterano di guerra deceduto” dà diritto ai benefici stabiliti dalla legge, inclusa la pensione di reversibilità. Il presidente Vladimir Putin ha promesso inoltre un risarcimento di 7,4 milioni di rubli, circa 90 mila dollari. Soldi erogati, però, solo in caso di morte legalmente accertata, riconoscimento che spesso passa dai tribunali e che può durare decenni. Per questo per i parenti dei prigionieri e dei dispersi ottenere i risarcimenti è difficile. La legge infatti stabilisce che le misure di sostegno sociale siano assegnate dopo l’esclusione del soldati dagli elenchi militari. Un soldato non è riconosciuto morto durante il servizio se si è arreso volontariamente, ha disertato o è morto in stato di ebbrezza. Allo stesso tempo, la procedura per riconoscere i militari come dispersi nelle aree di combattimento si è allungata. Secondo il codice civile russo, il tribunale può dichiarare morto un soldato solo dopo due anni dalla data della fine delle ostilità. E spesso i parenti sono costretti a rivolgersi ai tribunali. Un problema questo che si è ripresentato drammaticamente nei giorni scorsi con le proteste dei parenti dei marinai dispersi dopo l’affondamento, il 14 aprile, dell’incrociatore Moskva. «Tutte le informazioni circa i dispersi sono rilasciate dal ministero della Difesa, non siamo autorizzati a riferire nulla», si è limitato a rispondere il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov a chi chiedeva un commento sui marinai dispersi. Dal ministero della Difesa non è arrivato nessun ulteriore chiarimento.
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I cadaveri dei soldati russi abbandonati in Ucraina
Dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, le autorità russe hanno comunicato solo due volte il numero dei militari morti. Il 2 marzo il bilancio parlava di 498 vittime e il 25 marzo di 1.351. Diversi i numeri diffusi dallo stato maggiore ucraino secondo cui al 19 aprile i militari russi morti in guerra superavano le 20 mila unità. Diecimila per gli Usa. Un numero comunque tremendamente alto, se paragonato ad esempio ai 10 anni di conflitto che l’Urss affrontò in Afghanistan, alla fine del quale si contarono 14 mila morti. Mentre nelle due guerre cecene persero la vita in 11 mila. Anche per questo, per evitare l’indignazione dell’opinione pubblica, Mosca si rifiuterebbe di riportare in patria i cadaveri. Lo spiegava ai giornalisti indipendenti russi Volodymyr Zelensky a fine marzo: «Il ministero della Difesa non ha voluto farsi carico dei corpi. Inizialmente si sono opposti, poi si sono offerti di inviare sacchi neri. Anche quando muore un cane o un gatto viene trattato meglio». A ciò si aggiunge, la questione dei forni crematori mobili, trasportati in fretta e furia per coprire l’elevato numero di decessi e far scomparire i cadaveri. Sempre a fine marzo, il capo dell’amministrazione regionale di Nikolaev, Vitaly Kim, aveva chiesto ai residenti a denunciare la presenza di cadaveri dei soldati russi nei territori liberati: «Non sempre si prendono i propri, e in primavera ed estate sarà un problema nostro. Per favore diteci dove sono… se possibile riponeteli in sacchi e metteteli in frigorifero in modo che si possano identificare attraverso l’esame del Dna. Anche questi soldati hanno delle madri».