Le storie degli sfollati ucraini trasferiti con la forza in Russia

Redazione
14/04/2022

Almeno 700 mila cittadini ucraini sono stati portati in Russia dopo essere passati dai campi di filtrazione in Donbass. Le storie dei trasferimenti forzati da Mariupol e altre città assediate attraverso i corridoi umanitari organizzati da Mosca.

Le storie degli sfollati ucraini trasferiti con la forza in Russia

Sfollati costretti a lasciare l’Ucraina, su autobus diretti nel Donbass, nelle aree controllate dai russi. Lì sono sono identificati, perquisiti, privati dei documenti, alloggiati in tende, in quelli che vengono definiti campi di filtrazione. Poi sono accompagnati oltre la frontiera, in Russia. Viene offerto loro un lavoro e i 10 mila rubli (circa 120 dollari) necessari per presentare la richiesta del permesso di soggiorno. Insieme, un documento che vieta di lasciare la Federazione per i due anni successivi. È il destino a cui sono andati incontro moltissimi rifugiati ucraini che hanno lasciato le città bombardate e assediate grazie ai corridoi umanitari organizzati da Mosca. Come racconta Meduza, a metà marzo il giornalista ucraino Dmitry Gordon aveva cercato di mettere in guardia i residenti di Mariupol e altre città assediate. «Secondo informazioni in nostro possesso», aveva spiegato Gordon senza però specificare meglio la fonte, «gli ucraini che usano i corridoi umanitari russi finiscono nei cosiddetti campi di filtrazione» creati sul modello «dei famigerati campi del NKVD», il Commissariato del popolo per gli affari interni ai tempi dell’Urss. «Abbiamo molte informazioni circa residenti di Mariupol, in particolare coloro che sono stati evacuati dai russi, finiti in questi luoghi dove sono torturati, maltrattati e dove il loro destino è avvolto nel mistero».

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Quartieri distrutti a Mariupol.

I corridoi umanitari organizzati da Mosca e le deportazioni in Russia

La questione dei corridoi umanitari per mettere in salvo i civili è stata centrale per tutto il mese di marzo. E largamente utilizzata dalla propaganda, sia di Kyiv sia di Mosca. Le autorità ucraine hanno condannato a più riprese ‘deportazioni‘ e trasferimenti forzati. La vice premier Iryna Vereshchuk ha addirittura paragonato questi centri di smistamento ai campi nazisti. Una volta privati dei documenti, ha ricostruito Vereshchuk, gli sfollati passano attraverso il controllo dei tatuaggi. Avere sulla pelle lo stemma ucraino è sufficiente per sparire nel nulla. Il Consiglio comunale di Mariupol ha aggiunto che questi campi potrebbero persino essere utilizzati per fare scomparire i testimoni dei crimini di guerra. Stando alle informazioni diffuse dall’intelligence militare ucraina, i cittadini presi a carico dai russi vengono poi spediti in regioni remote della Federazione. Zone economicamente depresse, compresa la Siberia e l’isola di Sakhalin, nell’Oceano Pacifico. «Agli ucraini vengono offerti posti di lavoro attraverso strutture simili a centri per l’impiego. Coloro che accettano ricevono un documento che vieta loro di lasciare le regioni russe per due anni», ha aggiunto l’intelligence.

Le storie degli sfollati ucraini trasferiti con la forza in Russia
Sfollati del Donbass a Rostov (Getty Images).

I passaporti russi assegnati agli sfollati ucraini

Ai ‘deportati’, ha denunciato su Facebook la commissaria ucraina per i diritti umani Lyudmyla Denisov, vengono dati passaporti russi. «Intimidendo le persone più vulnerabili, donne, persone con disabilità e pensionati», ha scritto Denisov il 10 aprile, «gli aggressori hanno ottenuto quasi 14 mila domande di cittadinanza russa e rilasciato 12 mila passaporti». Azioni di questo genere, ha aggiunto, «mirano a una integrazione forzata» e sono illegali, contrarie «ai principi e alle norme del diritto internazionale. Una violazione della Convenzione di Ginevra relativa alla protezione dei civili in tempo di guerra».

https://www.facebook.com/denisovaombudsman/posts/518814286266515

Cresce la preoccupazione per le adozioni dei bambini del Donbass in Russia

A oggi, sarebbero arrivati in Russia più di 700 mila sfollati ucraini, al ritmo di 10-20 mila persone evacuate al giorno. All’11 aprile circa 31 mila persone soggiornavano nei “centri di accoglienza temporanea” della Federazione. Il resto dei rifugiati ha trovato posto presso parenti e amici, almeno così ha riferito una fonte di sicurezza russa alla Tass. L’agenzia ha reso noto anche che tra loro ci sono ben 141 mila bambini. Ed è proprio sui minori che si concentrano le preoccupazioni. A marzo, Vladimir Putin aveva spinto per una legge che consentisse ai cittadini russi di adottare gli orfani del Donbass. Secondo Denisov però si tratterebbe di rapimenti veri e propri. Non è stato reso noto infatti se i bambini destinati all’adozione siano veramente senza genitori.

La versione di Mosca: civili usati come scudi umani

Dal canto suo Mosca insieme con le accuse di crimini di guerra, nega anche le deportazioni forzate. Anzi, rilancia puntando il dito contro Kyiv che userebbe i civili come scudi umani. Il 12 aprile la commissaria russa per i diritti umani Tatyana Moskalkova non solo aveva assicurato che non c’erano stati trasferimenti forzati di cittadini ucraini, ma aveva anche riportato alcune testimonianze raccolte tra gli sfollati che inchiodavano l’Ucraina. «Ho parlato personalmente con chi gestisce i centri di accoglienza temporanea», aveva spiegato Moskalkova. «Gli sfollati hanno raccontato di come le forze ucraine li abbiano radunati negli scantinati usandoli come scudi umani. La gente voleva rifugiarsi in Russia».

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Sfollati dalla regione di Donetsk (Getty Images).

Interrogatori, controlli e pressioni: le storie dei rifugiati di Mariupol arrivati nel Donbass

Chi però è arrivato in Russia ed è riuscito a parlare con i giornalisti racconta una storia diversa. Non solo i soldati hanno costretto gli sfollati a lasciare i rifugi, ma avrebbero fatto loro una sorta di lavaggio del cervello. Ad alcuni ripetevano: «l’Ucraina non si preoccupa per te» e «nessuno ti evacuerà da qui». Hanno poi chiesto ai residenti di Mariupol di firmare documenti in cui dichiaravano che a bombardare la città era stato l’esercito ucraino. Una volta raccolti, i civili sono stati prima portati in Donbass dove sono stati interrogati e schedati: impronte digitali, fotografie e controllo tatuaggi. Le autorità russe hanno anche preso i loro telefoni scaricando tutti i contatti. Anna, 24 anni, ha raccontato che gli uomini dei servizi le hanno posto domande sulla politica, su cosa pensasse della Russia, chiedendole se avesse o meno parenti nell’esercito ucraino o nel battaglione Azov. Artem, il cui fratello è stato ucciso durante un bombardamento a Mariupol, ha raccontato a Current Time TV di aver aspettato con la sua famiglia quattro giorni prima di entrare nel centro di Starobesheve (nella regione di Donetsk). Ha poi descritto le condizioni in cui erano costretti a vivere: dormivamo sul pavimento di una grande sala. Da mangiare avevamo solo spaghetti, biscotti e tè istantaneo. «Ma dato che a Mariupol vivevamo in un seminterrato e abbiamo sofferto la fame per 20 giorni, nutrendoci solo con il miele, ero più che felice di mangiare quella roba», ha ammesso. Anna, la cui storia è stata pubblicato dal quotidiano indipendente bielorusso Zerkalo, ha raccontato che il bus sul quale viaggiava è rimasto fermo al confine con la Russia, al freddo, per quasi nove ore, praticamente tutta la notte. Lei e molte altre persone sono state poi interrogate dal Fsb. «Mi hanno messo molta pressione», ha ricordato. «Cercavano di ottenere informazioni, ma non capivo esattamente su cosa». Poi c’è Dmitry, 21 anni. Al suo arrivo a Taganrog, non lontano da Rostov, ha ricevuto una Sim, cibo e prodotti per l’igiene personale. È stato quindi trasferito in un centro di accoglienza a Yaroslavl, sul Volga, dove sono stati tutti registrati come richiedenti asilo e sono state date loro carte di credito russe. Ad alcuni è stato offerto anche un lavoro dopo un colloquio al Sakharezh Health Resort, hotel trasformato in centro per l’impiego. «Penso che stiano cercando di assimilarci a loro», ha commentato Dmitry che, appena ha potuto, si è spostato a Mosca in treno e da lì ha raggiunto la città di confine di Ivangorod entrando in Estonia senza passaporto.

Le storie degli sfollati ucraini trasferiti con la forza in Russia
Sfollati in fuga da Irpin (Getty Images).

I civili si sono trovati a scegliere tra andare in Russia o morire sotto i bombardamenti

Storie simili sono state raccolte anche dal Guardian. Una donna di Mariupol per esempio è stata trasferita il 16 marzo nel campo di filtrazione di Novoazovsk, nell’oblast di Donetsk. «Non ho mai chiesto di essere portata via», ha denunciato. «I campi di filtraggio, il viaggio, è stato tutto molto traumatico». Attualmente si trova a Rostov, dove sta pianificando la sua fuga dalla Russia. A Rostov si trova anche Vladimira che però è soddisfatta.  «Volevo arrivare in Russia e sono felice di essere al sicuro», ha spiegato. «La mia famiglia vive qui, l’ho raggiunta». «A queste persone non è stata data la possibilità di riparare in un posto più sicuro in Ucraina», ha detto al Guardian Tatyana Lokshina di Human Rights Watch. «Molti civili si sono trovati a scegliere tra essere trasferiti in Russia o morire sotto i bombardamenti». Anche se non sono stati costretti a salire su un bus con la pistola puntata alla tempia, questo non significa che non si tratti di trasferimenti forzati. Pratica vietata dalla Convenzione di Ginevra.