Guerra in Ucraina: perché il Patriarca di Mosca Kirill rischia di cadere

Redazione
29/03/2022

I destini di Putin e del Patriarca sono legati a doppio filo. Considerare l'invasione dell'Ucraina una guerra santa sta isolando la chiesa ortodossa moscovita e allontanando molte diocesi. Il rischio è che si arrivi a uno scisma e a una destituzione del leader.

Guerra in Ucraina: perché il Patriarca di Mosca Kirill rischia di cadere

La guerra in Ucraina sta trascinando la Chiesa ortodossa verso uno scisma interno. L’appiattimento al neo imperialismo di Vladimir Putin, che ha fatto del Patriarcato di Mosca il braccio spirituale del Cremlino, è arrivato a portare Kirill – al secolo Vladimir Michailovič Gundjaev, 16esimo Patriarca di Mosca e di tutte le Russie e capo della Chiesa ortodossa russa – a giustificare l’invasione e dipingerla come uno scontro di civiltà. Ma come Putin dice di voler de-nazificare l’Ucraina, allo stesso modo le chiese ortodosse che fanno riferimento a Mosca cominciano a chiedere una de-putinizzazione della stessa ortodossia e una maggiore autonomia dallo Stato.

Il nome di Kirill eliminato dalle liturgie in molte chiese ucraine sotto il Patriarcato di Mosca

All’indomani dell’invasione e soprattutto dell’omelia del 6 marzo con cui Kirill ha benedetto l’operazione militare speciale, una cinquantina di diocesi ucraine rimaste sotto il patriarcato di Mosca dopo la proclamazione dell’autocefalia del 2018 hanno smesso di citare il suo nome nella liturgia. Tra i primi Giobbe Oshaanskyi, abate del monastero della Santa Resurrezione di Leopoli e l’arciprete Ihor Derkach, rettore della Chiesa della Santa Intercessione a Chervonograd. Ma il nome di Kyrill non è stato più pronunciato nemmeno nel monastero delle Grotte di Kyiv, culla del monachesimo e della spiritualità russi, da sempre fedele al Patriarcato di Mosca. Alcune comunità stanno poi chiedendo di passare ufficialmente alla Chiesa ortodossa guidata da Epifanij, metropolita di Kyiv e di tutta l’Ucraina. Uno strappo che non riguarda solo l’ex Repubblica sovietica. Anche la parrocchia di Amsterdam, punto di riferimento degli ortodossi nei Paesi Bassi, per esempio ha già dichiarato la sua separazione da Mosca.

Guerra in UCraina: Kirill rischia di essere destituito
Il patriarca di Mosca Kirill (Getty Images).

Le voci di un possibile scisma all’interno della Chiesa ortodossa

Per questo, da più parti, si è cominciato a parlare addirittura di uno scisma. Sergei Chapnin, ex direttore della rivista del Patriarcato di Mosca, parlando all’Agi aveva sottolineato l’isolamento a cui sta andando incontro Kirill: «La Chiesa russo ortodossa, appoggiando la guerra, ha perso l’Ucraina e rischia, come Mosca, di trovarsi in un isolamento internazionale nel mondo cristiano», ha spiegato il giornalista. Aggiungendo: «Assistiamo al completo crollo morale del Patriarca e dell’intero episcopato della Chiesa russa». Sulla stessa linea anche Alexander Soldatov, ex direttore del sito Credo del patriarcato di Mosca secondo cui «la Chiesa ortodossa russa molto probabilmente si ritroverà isolata nell’insieme del mondo cristiano in ragione della giustificazione della guerra operata dai suoi vertici».

E c’è chi ipotizza una destituzione del Patriarca di Mosca

I destini di Putin e di Kirill sembrano così legati a doppio filo. In caso di sconfitta, anche la Chiesa ortodossa di Mosca potrebbe crollare. Tanto da indurre alcuni a ipotizzare una possibile successione. Come scritto da SettimanaNews, rivista dei dehoniani, il posto di Kirill potrebbe essere preso Onufrij, all’anagrafe Orest Berezovski. Vescovo metropolita dell’Ucraina sotto il Patriarcato di Mosca, che nel 2014 si espresse contro l’ingresso dell’Ucraina nell’Ue, è stato il primo a prendere nettamente le distanze dall’invasione seguito dal suo sinodo (in rappresentanza di un centinaio di vescovi per 52 diocesi ucraine). Il metropolita, che per anni ha resistito in mezzo al fuoco incrociato di opposti nazionalismi – russo e ucraino – e che ha offerto i sotterranei delle chiese e dei monasteri come rifugi, oggi chiede al patriarca Kirill e ai leader della Russia di «rispettare la sovranità e l’integrità dell’Ucraina, cessare immediatamente la guerra fratricida, peccato di Caino che uccise Abele per invidia». Perché «questa guerra non ha giustificazione, né davanti a Dio, né davanti all’uomo». Pur criticando duramente la guerra, Onufrij non ha mai colpevolizzato il popolo russo: «La nostra santa Chiesa ortodossa ucraina ha sempre insegnato, auspicato e predicato l’amore fra i popoli. Ancora oggi desideriamo che il popolo russo e il popolo ucraino vivano insieme, in pace». La sua voce non è sola.  In Russia quasi 300 sacerdoti ortodossi hanno firmato un appello alla riconciliazione e alla fine dell’invasione.

perché la guerra in Ucraina può portare a uno scisma ortodosso
Onufrij, al secolo Orest Volodymyrovyč Berezovs’kyj.

Il ruolo di Onufrij e il ritorno a una chiesa indipendente dal potere politico

Parlare di successione, per ora, è solo una suggestione. Il fatto però che l’ipotesi sia stata rilanciata da alcuni media dà il polso del dibattito innescato dalla guerra. La possibile destituzione di Kirill era emersa nei commenti del sito russo (dissidente) Meduza, e ripresa anche da Parlons d’Orthodoxie, sito notoriamente filorusso. Su Le Figaro, il teologo ortodosso francese Jean-François Colosimo in un editoriale durissimo si è scagliato contro Kirill. «Senza aspettare un secondo di più, deve finire la menzogna a cui Kirill sottopone la fede cristiana al mondo», ha scritto lo scorso 23 marzo. «L’impostura di vedere il primate e il potentato russo predicare il conflitto, benedire la crociata, assolvere il crimine deve essere fermata mentre si ricama la croce della salvezza sul sudario dell’Ucraina. La vergogna con cui travolge gli ortodossi, la costernazione con cui travolge cattolici e protestanti devono terminare». Lo stesso Chapnin, come riporta sempre Meduza, non esclude il rovesciamento di Kirill e la sua sostituzione. Onufrij «sarebbe il candidato numero uno. Il popolo russo ha bisogno di una personalità capace di difendere la Chiesa di fronte allo Stato», è il suo ragionamento. «Il metropolita Onufrij promuove una Chiesa non mondana, chiaramente “altra” rispetto al potere. Vi è una domanda diffusa in merito».

La guerra in Ucraina e il rischio di scisma nella chiesa ortodossa
Petro Poroshenko e il patriarca ecumenico di Costantinopoli nel 2018 (Getty Images).

Lo scisma del 2018 della chiesa ortodossa ucraina

Uno scenario del genere scatenerebbe un terremoto nella Chiesa ortodossa. Due terzi dell’intero mondo ortodosso sono rappresentati infatti da russi e ucraini, divisi ben prima dell’invasione di Putin dello scorso febbraio. Negli Anni 90, la proclamazione dell’indipendenza dell’Ucraina aveva aperto le prime crepe che si erano allargate dopo gli eventi del 2014 (Euromaidan, l’invasione della Crimea e la guerra del Donbass). Nel 2019 lo strappo ufficiale. Il 5 gennaio l’allora presidente ucraino Petro Poroshenko, filo atlantico e filo Usa, fece consacrare la nuova sede metropolitana di Kyiv dal Patriarcato di Costantinopoli. Il Patriarca ecumenico Bartolomeo concesse così l’autocefalia. Oltre a Poroschenko erano presenti il presidente della Verkhovna-Rada – il parlamento ucraino – Andriy Parubiy e una serie di rappresentanti del governo. A indicare l’intreccio di interessi tra chiesa politica. Capo della nuova Chiesa ortodossa dell’Ucraina venne eletto Epifanij che assunse il titolo di metropolita di Kyiv e di tutta l’Ucraina. Una ‘scissione’ che fu vissuta come un oltraggio da Putin e Kirill, sostenitori di un’idea imperiale secondo cui l’Ucraina, non solo territorialmente ma anche spiritualmente, fa parte della grande Russia. E che può aiutare a comprendere la presa di posizione dello stesso Patriarca di Mosca contro la ‘decadenza’ prima di tutto morale dell’Occidente. Dopo la proclamazione, la Chiesa ortodossa russa, denunciò lo “sconfinamento” del Patriarcato di Costantinopoli con cui ruppe le relazioni. Dichiarò inoltre il concilio illegale e la nuova Chiesa «scismatica». Con l’invasione dell’Ucraina, il Patriarcato di Mosca adesso rischia di perdere altri fedeli. In Russia, su 80 milioni di ortodossi, solo 5 sono praticanti. In Ucraina invece su 15 milioni di fedeli, più della metà frequenta regolarmente la chiesa. A questi vanno aggiunti i 6 milioni di membri della Chiesa autocefala e i 3 milioni di greco-cattolici che seguono la tradizione ortodossa ma sono in comunione con Roma.