Negli ultimi giorni è stata una delle richieste centrali avanzate alla Nato dall’Ucraina. Si tratta delle no-fly zone, termine sintetizzato con l’acronimo NFZ e che anche la giornalista Daria Kaleniuk ha scagliato contro Boris Johnson. L’attivista ucraina, infatti, l’ha citata come una delle possibili soluzioni che l’Occidente potrebbe prendere per arginare l’avanzata della Russia. Sia il premier britannico, sia il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, hanno escluso l’ipotesi, almeno fino a ieri. Secondo Sky News UK, invece, oggi i vertici della Nato la starebbero prendendo in considerazione. Ma cos’è e cosa comporterebbe?
Cos’è la no-fly zone
La no-fly zone è un’area di interdizione al volo per gli aerei non autorizzati. Al di là della pura definizione, ciò significa che chi la istituisce vieta a chiunque il passaggio sui cieli di una determinata area. In caso contrario, i velivoli in questione saranno abbattuti. Proprio su questo punto si concentrano i dubbi della Nato e dell’Unione Europea. In caso di istituzione sull’Ucraina della no-fly zone, ogni aereo russo dovrebbe essere abbattuto con armi dell’Occidente, cioè di chi in effetti andrebbe a interdire il volo e il passaggio aereo.

Dmytro Kuleba: «La Nato valuta la no-fly zone»
Dopo i primi no arrivati da parte di Biden e Johnson ieri, è stato Dmytro Kuleba a riportare il tema al centro del dibattito. Il ministro degli Esteri, ripreso da Sky News UK, avrebbe dichiarato che la Nato «sta valutando» l’ipotesi di generare la no-fly zone su Kiev e tutta l’Ucraina. Dalla Casa Bianca, meno di 24 ore fa, avevano escluso l’ipotesi perché «richiederebbe l’uso della forza militare Usa per farla rispettare». Dopo le parole di Kuleba è arrivata l’immediata replica russa, con il viceministro degli Esteri Alexander Grushko ad affermare che non si possono escludere «rischi di scontro» con la Nato.
Le precedenti no-fly zone
Difficile, ad oggi, che la Nato possa schierare i propri missili nel territorio ucraino per abbattere i velivoli russi, in quella che sarebbe una vera e propria dichiarazione di guerra. Le no-fly zone nella storia sono state in realtà molto poche. Stati Uniti, Franca e Gran Bretagna istituirono la prima in Iraq, durante la guerra del Golfo. Nel 1993 la Nato ne impose una sulla Bosnia-Erzegovina durante la guerra nei Balcani, mentre nel 2011 venne istituita in Libia. Non solo guerre, però. Un esempio proviene proprio dall’Italia, che tra fine 2015 e il novembre 2016 la impose su Roma, in occasione del Giubileo straordinario indetto da Papa Francesco.
