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Wargame

Alla Fiera delle calzature di Mosca ci sono 48 aziende italiane

Ben 31 imprese provengono dalle Marche. Pioggia di critiche agli organizzatori BolognaFiere e Assocalzaturifici, ma c’è chi li difende: «Sono posti di lavoro».

27 Aprile 2022 17:41 Redazione
Alla Fiera delle calzature di Mosca ci sono 48 aziende italiane. Una scelta che non viola alcuna norma: 31 imprese sono marchigiane

Si chiama Obuv’ Mir Kozhi, che tradotto significa Scarpe in pelle dal mondo, ed è una fiera del settore calzaturiero che si tiene, da ieri e fino al 29 aprile, a Mosca. Una notizia che in un periodo diverso non desterebbe alcuna sorpresa, ma che invece ora ha ancora più risalto a livello nazionale perché ci sono ben 48 aziende del settore italiano lì, a partecipare sul territorio russo. Una presenza inferiore, sì, ma pur sempre in grado di generare polemiche sebbene gli espositori presenti non stiano violando alcuna norma sulle sanzioni.

Il regolamento europeo: divieto per beni di lusso sopra i 300 euro

All’interno del quarto pacchetto di sanzioni previsto dall’Unione Europea si può trovare il regolamento per quanto riguarda la vendita sul mercato russo di beni considerati di lusso. Il divieto scatta per gli oggetti dal valore superiore ai 300 euro e riguarda scarpe, sigari, gioielli e caviale. Una norma che non viene violata dalle 48 imprese presenti, perché gli italiani si sono adeguati proponendo soltanto modelli dal prezzo inferiore. Una cifra che potrebbe ancora abbassarsi in fase di contrattazione. Tra le aziende ben 31 sono marchigiane. Le Marche coprono il 19 per cento dell’intero settore italiano, con 2.250 imprese su un totale nazionale di 11.665.

Alla Fiera delle calzature di Mosca ci sono 48 aziende italiane. Una scelta che non viola alcuna norma: 31 imprese sono marchigiane
Scarpe (Twitter)

La Regione Marche paga le spese per gli stand 

E proprio queste 31 aziende sulle 48 totali italiane ricevono il sostegno della Regione Marche. Un appoggio che viene spiegato dal governatore Francesco Acquaroli: «Se la partecipazione ad una fiera è consentita, non vedo per quale motivo la Regione Marche non dovrebbe dare un sostegno alle imprese, che sono preoccupate e che con coraggio e determinazione cercano di tutelare se stesse e, facendolo, tutelano anche l’occupazione e il nostro prodotto interno lordo». Il presidente della Regione ha proseguito: «Vogliamo e dobbiamo sostenere le nostre imprese nell’ambito di quelle che sono le regole e le azioni dell’Italia e dell’Europa. Le nostre imprese stanno cercando di fare il massimo per conservare fasce di mercato che sono difficilmente sostituibili e per garantirsi una serie di commesse che hanno riflessi positivi per sopravvivere in una fase così complicata».

La Russia un mercato importante per le aziende italiane

Il mercato calzaturiero italiano di alta fascia sa che quello russo è un Paese cruciale per la propria attività. Mentre secondo il Sole 24 Ore la Russia vale il 2,7 per cento dell’export, nel settore del lusso l’Italia è tra i produttori più importanti. E nel territorio russo ci sono, rivela una relazione di Mediobanca, quegli acquirenti di modelli anche da oltre mille euro, che ora a causa delle sanzioni potrebbero limitare le proprie spese. Il mercato dei marchi di lusso, che già ha faticato nel periodo di pandemia, potrebbe ora risentire di un altro problema, quello della guerra e dei suoi risvolti economici.

Alla Fiera delle calzature di Mosca ci sono 48 aziende italiane. Una scelta che non viola alcuna norma: 31 imprese sono marchigiane
Un negozio di scarpe in Russia (Getty)

I sindacati al fianco di BolognaFiere: «Scelta giusta»

A organizzare l’esposizione dal 1997 sono BolognaFiere e l’Assocalzaturifici, l’associazione di settore di Confindustria. I due organizzatori hanno deciso di farlo anche in questa occasione, ricevendo notevoli critiche per questa scelta. Al fianco di BolognaFiere, però, si sono schierati i sindacati. Il segretario provinciale bolognese della Cgil, Maurizio Lunghi, ha sottolineando che «dal punto di vista sindacale ci rendiamo conto che attraverso questa operazione si salvaguardano i diritti occupazionali e i posti di lavoro e quindi è evidente che in un contesto come questo non ci pare utile polemizzare». Scelta giusta anche per Cisl e Uil, con Enrico Bassani a dichiarare che si tratta di «scelte imprenditoriali» e Giuliano Zignani a parlare di «scelta giusta perché c’è tutta un’economia che non si deve firmare ma deve andare avanti».

BolognaFiere e il contratto pluriennale

E a difendere la scelta di BolognaFiere c’è anche l’assessore della Regione Emilia-Romagna Vincenzo Colla. Come riportato da Repubblica, ha dichiarato che «si tratta di un contratto pluriennale, sottoscritto dalla stessa BolognaFiere ben prima dell’inizio del conflitto. Spazi che imprese del comparto, in gran maggioranza di fuori Emilia-Romagna, hanno chiesto venissero attivati, relativi a categorie merceologiche autorizzate e non sottoposte a restrizioni o a embargo. Non è certo nelle nostre possibilità fermare attività permesse dalle norme nazionali, e sempre BolognaFiere ci ha comunicato di aver deciso di non avviare alcuna nuova iniziativa con la Russia, né di consolidare quelle potenzialmente in essere».

Tag:Crisi ucraina
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