La Russia ora rischia il default ma l’economia con Putin non ha mai brillato: i numeri
Con le sanzioni per l'invasione dell'Ucraina, la Russia ora rischia la bancarotta. Nei 20 anni di Putin però l'economia del Paese non ha mai brillato. Anzi. I numeri.
Un default lungo 20 anni. Tra un’inflazione galoppante, salari bassi e un sistema economico fondato principalmente su petrolio e gas, la Russia da anni vive in affanno. Ora le sanzioni occidentali in risposta all’invasione dell’Ucraina hanno fatto precipitare la situazione, velocizzando le crisi aziendali e il tracollo del rublo. Con una esposizione di svariati miliardi di dollari, il Paese ora rischia davvero la bancarotta.
Il Pil russo è più basso di quello italiano
Va detto però che Vladimir Putin non ha mai brillato per capacità economica.Dal suo insediamento (nel 1999) in poi, la potenza è rimasta sulla carta: non è mai davvero diventata tale, a differenza – per esempio – della Cina. I numeri, confrontati con quelli del nostro Paese, aiutano a comprendere il quadro: il Pil russo è stabilmente più basso rispetto a quello dell’Italia, a fronte di una popolazione di 144 milioni di abitanti, più del doppio di quella italiana. Secondo i dati della Banca mondiale, nel 2020, il prodotto interno lordo ammontava a 1.483 miliardi di dollari contro i 1.886 dell’Italia. Certo, da anni si sente il peso delle precedenti sanzioni, quelle adottate nel 2014 dopo l’annessione della Crimea, che hanno rallentato la crescita. Il picco massimo del Pil russo si è registrato nel 2013 con 2.229 miliardi di dollari, giusto leggermente meglio dell’Italia che in quell’anno si era attestata su 2.141, avvertendo l’onda lunga della recessione iniziata nel 2008. Insomma, dati che non hanno mai fatto gridare al miracolo economico per la Russia, che successivamente ha subito il controsorpasso di Roma.

L’economia russa è dipendente dall’export di gas e petrolio
Eppure Putin aveva promesso un vasto programma di ammodernamento del Paese dopo il tracollo economico del 1998 che aveva portato alla svalutazione del rublo. Il governo si dichiarò inadempiente per quanto riguarda il debito interno. Allo stesso tempo annunciò una moratoria sul rimborso del debito estero. In questo contesto Putin, con grandi promesse, iniziò la sua scalata prendendo il posto di Boris Yeltsin. La ripartenza, in realtà, è stata legata principalmente all’aumento dei prezzi del petrolio, materia prima che è alla base dell’export russo, insieme al gas. Così l’export di queste materie prime ha fatto volano alla ripresa. Un balzo che comunque non hai raggiunto mai livelli occidentali. Ancora altre cifre sono significative. Il reddito pro capite, nel 2020, era di 10.126 dollari, su livelli inferiori rispetto a quelli del 2008 quando era sopra gli 11 mila dollari. In 12 anni, insomma, c’è stata una contrazione. L’apice, come prevedibile, è stato toccato nel 2013, prima delle sanzioni, con 15 mila dollari di reddito pro capite. Per rendere la proporzione, però, in quello stesso anno e quindi sempre dopo la lunga recessione, in Italia era superiore ai 35 mila euro. Perciò, a leggerla con una lente decennale, l’era di Putin è caratterizzata da una sostanziale stagnazione senza un miglioramento sostanziale.

Il livello di disoccupazione si attesta sul 4 per cento
Qualche risultato migliore è giunto sull’occupazione. Il presidente russo ha raccolto un’eredità disastrosa, come era prevedibile: nel 1999 il tasso di disoccupazione era al 13 per cento. Il trend positivo lo ha portato fino al 6 per cento del 2007. Successivamente c’è stata una lieve nuova impennata, che ha portato il dato all’8,3 per cento nel 2008. La curva, però, è tornata a calare negli anni successivi, toccando il minimo del 4,5 per cento nel 2019. Dal 2020, infatti, è ripresa a salire andando sopra il 5 e proseguendo in maniera oscillante fino ai giorni precedenti all’invasione dell’Ucraina. Stando a quanto riferito dal Fondo monetario internazionale sarebbe di nuovo al 4 per cento.
L’inflazione oscilla tra il 7 e il 3 per cento
Un altro indicatore dello stato di salute tutt’altro che eccellente riguarda l’inflazione. A fronte di una crescita modesta, i prezzi sono sempre aumentati negli anni. Nel 2021 secondo il Fondo monetario internazionale era del 5,9 per cento. Nel 2020 del 3,4 per cento. E si parla di anni in cui la situazione era migliorata. Nel 2005 era al 12,7 per cento. Mentre nel 2015 è risalita toccando il 15,5 per cento. Muovendosi, negli anni successivi, tra il 7 e il 3 per cento. Mentre i redditi restavano fermi. Come l’economia della Russia putiniana.

La Russia si conferma uno dei Paesi con più disuguaglianza al mondo
Uno dei dati economici che però colpisce di più è quello relativo alla disuguaglianza. Nel World Inequality Report 2018 pubblicato da Thomas Piketty e dal suo team emergeva come la forbice della ricchezza fosse tornata ai livelli del 1905, in epoca zarista. Se ai tempi della prima rivoluzione russa il 10 per cento più ricco della società riceveva il il 47 per cento delle entrate nazionali e il 50 per cento più povero il 17 per cento, nel 2016 il 10 per cento dei ricchi si intascava il 45,5 per cento delle entrate mentre il 50 per cento dei meno abbienti solo il 17. Si stima che lo 0,01 per cento della popolazione russa guadagni 2524 volte più della media che si aggira sui 23 mila dollari. Nel 2017 i russi sotto il livello di povertà erano più di 20 milioni, concentrati soprattutto in Siberia. E contro la fame, si sa, non c’è propaganda che tenga.