Guerra in Ucraina, il piano di Johnson per fermare Putin
Lo ha illustrato lo stesso premier britannico in un intervento pubblicato sul New York Times. Sei i punti. Ecco quali sono.
In un intervento sul New York Times, il primo ministro britannico Boris Johnson ha illustrato il piano in sei punti che la comunità internazionale dovrebbe mettere in atto per fermare la guerra scatenata da Vladimir Putin in Ucraina. Sei azioni, diverse ma complementari e tutte necessarie, da attuare in fretta in quanto «non saranno gli storici ma il popolo ucraino a giudicarci», spiega il premier. «Mai in vita mia ho assistito a una crisi internazionale in cui la linea di demarcazione tra giusto e sbagliato fosse netta, mentre la macchina da guerra russa scatena la sua furia su un’orgogliosa democrazia», scrive Boris Johnson. «L’atto di aggressione di Vladimir Putin deve fallire e deve essere visto fallire. Non dobbiamo permettere a nessuno al Cremlino di farla franca. Questo non è un conflitto Nato e non lo diventerà. Nessun alleato ha inviato truppe da combattimento in Ucraina. Non abbiamo ostilità verso il popolo russo. Siamo disperati per la decisione di mandare giovani innocenti a fare una guerra inutile. La verità, scrive il premier britannico, «è che l’Ucraina non aveva alcuna prospettiva seria di adesione alla Nato ed eravamo pronti a rispondere alle preoccupazioni della Russia in materia di sicurezza attraverso negoziati». Poi i sei punti.

Boris Johnson, i sei punti illustrati al New York Times
Innanzitutto, Johnson è necessaria una «una coalizione umanitaria internazionale» per l’Ucraina: «Dobbiamo lavorare tutti insieme per stabilire un cessate il fuoco immediato e consentire ai civili evacuazioni sicure, cibo e medicinali». In secondo luogo, occorre continuare a sostenere Kiev nei suoi sforzi di difesa: «Sempre più nazioni sono disposte a fornire equipaggiamento. Dobbiamo agire rapidamente per coordinare i nostri sforzi a favore del governo ucraino». Terzo punto, moltiplicare e inasprire le sanzioni, intensificando la pressione economica sulla Russia: «Finora, il Regno Unito ha imposto sanzioni a più di 300 persone e entità, incluso lo stesso presidente russo. Ma queste misure saranno insufficienti a meno che l’Europa non inizi a rinunciare a petrolio e gas russi, che finanziano la macchina da guerra di Putin».

Secondo Boris Johnson, la comunità internazionale deve rifiutare la normalizzazione delle azioni di Putin in Ucraina: «La lezione dell’invasione della Georgia nel 2008 e della presa della Crimea nel 2014 è che accettare i risultati dell’aggressione russa incoraggia, semplicemente, una maggiore aggressività». Il quinto punto è la soluzione diplomatica della guerra, da perseguire però con la piena partecipazione del legittimo governo ucraino, perché «non ci può essere una nuova Yalta», dove a decidere sono potenze esterne. Infine, sesto punto, è fondamentale «non solo il rafforzamento del fianco orientale della Nato, ma anche il sostegno ai Paesi europei che sono potenzialmente a rischio di aggressione russa, come la Moldavia, la Georgia e le nazioni dei Balcani occidentali».