La scorsa settimana è arrivato a Kyiv per dare sostegno a Volodymyr Zelensky anche il presidente romeno Klaus Iohannis. Pur non viaggiando sullo stesso treno di Mario Draghi, Emmanuel Macron e Olaf Scholz, Iohannis è giunto all’appuntamento simbolico, e comune, in via Bankova, nel centro della Capitale ucraina, come rappresentante dell’Europa orientale, strategicamente più vicina non solo a Kyiv ma soprattutto a Washington. La Romania è infatti sul lato sudorientale il partner più importante per gli Stati Uniti, al pari della Polonia che ricopre lo stesso ruolo sul fianco nordorientale. Per Bucarest, entrata nel 2004 nella Nato, tre anni prima di fare il proprio ingresso nel club di Bruxelles, i rapporti transatlantici sono fondamentali. E viceversa.
Il gruppo Bucarest 9 in chiave anti-russa
La presenza di Iohannis a Kyiv in contemporanea con il premier italiano, il presidente francese e il cancelliere tedesco non è stata certo casuale ed è servita a controbilanciare il peso della vecchia Europa con quella nuova. Che segue, o vorrebbe seguire, una linea decisamente più dura nei confronti della Russia. Pochi giorni prima del mini vertice in Ucraina, nella Capitale romena si sono ritrovati i capi di Stato e di governo del gruppo Bucarest 9, che comprende i nove Paesi dell’Europa orientale che fanno parte dell’Alleanza Atlantica: oltre a Romania e Polonia, Bulgaria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria e le tre repubbliche baltiche. In sintesi è stato deciso di aumentare la collaborazione militare in chiave anti-russa, con un occhio di riguardo ovviamente a tutto il versante orientale che va dal Baltico a Mar Nero.

L’invasione dell’Ucraina ha rafforzato i rapporti tra Romania e Usa
Nell’Europa meridionale la Romania ha un ruolo rilevante. L’invasione russa dell’Ucraina non ha fatto altro che accelerare il processo di rafforzamento dei rapporti tra Bucarest e Washington in corso dagli ultimi due decenni. Dalla sua entrata nell’Alleanza Atlantica, 18 anni fa, la Romania è diventata un Paese strategico per la sua posizione chiave anche sul Mar Nero: la base di Deveselu, costruita dai sovietici negli Anni 50, si è trasformata in uno dei maggiori siti a stelle e strisce negli Stati dell’ex Patto di Varsavia. Qui dal 2015 è attivo l’Aegis Ashore Missile Defense System (AAMDS), parte del European Phased Adaptive Approach (EPAA), in sostanza lo scudo spaziale americano. A Oradea si trova il Nato Humint Center of Intelligence, vale a a dire uno dei centri di eccellenza dell’Alleanza Atlantica che si occupa della formazione dei servizi segreti. L’Unione europea ha piazzato dallo scorso anno nella capitale romena l’European Cybersecurity Competence Center. Senza contare che proprio sul filo dell’entrata nella Nato, tra l’11 settembre e i primi anni 2000, la Romania ha ospitato alcuni Black Site, le prigioni segrete della Cia, utilizzate per le operazioni di extraordinary rendition contro sospetti terroristi.

Gli interessi di Bucarest nell’Europa sud orientale
Dall’inizio della guerra in Ucraina la Romania ha tenuto un profilo politico basso, pur mettendo a disposizione logistica e materiale bellico nell’ambito Nato. Il presidente Iohannis, eletto la prima volta nel 2014 e rieletto nel 2019, è un convinto atlantista. D’altro canto gli interessi nazionali di Bucarest nella regione sono evidenti, insieme alle questioni di sicurezza, che vanno dall’Isola dei serpenti, a poche decine di km dalla costa romena, ora occupata dalla forze russe ma fino al 2003 al centro di una disputa territoriale con l’Ucraina finita solo alla vigilia dell’ingresso nella Nato, al rapporto complicato con la Moldavia, fuori dalla Ue ma contesa tra Bruxelles e Mosca e con una numerosa comunità romena. Per gli Usa, insomma, Bucarest è un perfetto alleato.