Secondo stime internazionali l’esercito russo ha avuto dal 24 febbraio 2022 in Ucraina quasi il doppio dei 58 mila caduti americani in Vietnam. In un anno quindi due volte le perdite subite in Estremo Oriente dagli americani in circa 15 anni. Di simile entità sarebbero le vittime combattenti ucraine, sempre per le stime internazionali, e circa 40 mila le vittime civili, secondo dati di Kyiv. La distruzione sistematica di un Paese e un massacro di uomini e donne, e bambini, che non è ancora finito. Si combatte aspramente sul campo e si combatte nel mondo delle idee e della propaganda. Qui l’Occidente vede forse la sua stella meno luminosa che in passato, ma Mosca ha perso del tutto quel formidabile appeal che aveva quando ogni mossa di Realpolitik espansionista poteva essere giustificata in nome dell’avanzata o difesa del socialismo.

Gli obiettivi di Mosca e Kyiv e l’impossibilità per ora di una tregua
Un anno fa l’obiettivo, che resta sullo sfondo, era per il presidente russo Vladimir Putin quello di bloccare la marcia di avvicinamento dell’Ucraina all’Occidente in genere e all’Unione europea in particolare. Una Ucraina più vicina all’Occidente sarebbe per un certo mondo russo una pericolosa pietra di paragone. Adesso c’è anche un obiettivo più ravvicinato, per Putin: rivendicare dopo mesi di preparazione la superiorità militare russa, riparare ai numerosi errori strategici e tattici dei mesi scorsi e rovesciare l’umiliante altolà imposto dal binomio Ucraina-Nato. A fronte di questo ci sono gli obiettivi ucraini: respingere l’invasione e riconquistare quanto andato perduto non solo adesso nelle aree orientali, ma anche nei precedenti scontri del 2014, a partire dall’agognata Crimea. Ma qui, per chiudere (forse) questa guerra, bisognerà trattare. Quando? Putin non ha fretta, e spera che l’opinione pubblica occidentale si stanchi. Intanto la guerra del gas non sta andando bene per Putin e l’Europa ha le riserve ancora mezze piene a inverno avanzato.

Hitler, Stalin e la lezione finlandese
I finlandesi, che di Russia se ne intendono avendo avuto gli zar in casa per quasi 110 anni a partire dal 1809 (e la Mosca sovietica come ingombrante “alleato” dal 1947 al 1989-1991), hanno sempre spiegato la guerra Ucraina facendo ricorso alla Storia. E alla “guerra d’inverno” del 1939-1940, quando Stalin alleato di Hitler cercò di riprendersi una parte di Finlandia, incontrando una dura e abile resistenza e fermandosi solo quando Francia e Gran Bretagna si preparavano a intervenire. Il tutto all’ombra del Patto di non aggressione Ribbentrop-Molotov del settembre 1939 – giugno 1941 che era in realtà, con le clausole segrete, un Patto di aggressione russo-nazista per spartirsi i territori nord orientali d’Europa a partire dalla Polonia. Il Cremlino del 1939-1940 cercava di imporre con le armi la tesi di una Finlandia solo sulla carta indipendente e in realtà vassalla di Mosca e lo stesso sta facendo ora con l’Ucraina, distruggendola nel frattempo senza pietà, per insegnare chi comanda.

Putin ha portato la Russia a una crociata contro l’Occidente
Putin è sicuro che alla fine la Russia vince sempre, dimenticandosi che ha vinto nel ’45 solo dopo essersi trovata alleata con l’Occidente. E dimenticando che ha perso, e male, la Guerra Fredda, cioè il grande scontro che Stalin stesso aveva definito più volte tra il 1947 e il 1950, rivelano i documenti declassificati 30 anni fa, come prima di tutto una competizione per dimostrare chi più era capace di migliorare le condizioni di vita dei popoli. Putin ripropone ora vagamente una società diversa da quella euro-americana, definendo quella occidentale un “pensiero unico” nemico dei popoli. E ha portato la sua Russia a una crociata contro l’Occidente vissuta dai russi sembra senza entusiasmi ma con accettabili, per ora, consensi. «Non avrei mai immaginato di poter avere nostalgia del Politburo», diceva un anno fa il decano della diplomazia finlandese René Nyberg, ex ambasciatore a Mosca e a Berlino, ricordando la necessità di inserire il caso Ucraino nell’insieme dell’ultimo secolo di diplomazia sovietica, e lamentando l’inesistenza ormai in Russia, a fronte della dittatura di Putin, di qualsiasi organismo in grado di metterlo «di fronte alle sue responsabilità».

Putin cerca un patto con Washington, non con l’Ue terra di conquista o con il suddito Zelensky
Winston Churchill e ancor più Franklin D. Roosevelt concessero l’Europa orientale a Stalin, che sopportava il peso maggiore della guerra, dietro la foglia di fico di libere elezioni che o non ci furono o non furono libere o vennero subito ribaltate, e lo fecero al vertice di Yalta nel febbraio ’45 dopo averlo preannunciato alla conferenza di Teheran nel dicembre ’43. Ugualmente Putin cerca ora, alla fine, un patto con gli americani, sulla testa di un’Europa che, per lui come per Stalin, resta potenziale terra di conquista. Non è interessato a trattare con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, un suddito. Non si abbassa a trattare con gli europei e tantomeno con la Ue come istituzione, da sempre considerata al Cremlino un prodotto anti-russo della Guerra Fredda. È dal 1944, quando Churchill lanciò l’idea del Benelux, che Mosca è contraria a particolari alleanze, e tantomeno processi di integrazione nell’occidente europeo, considerati di fatto o potenzialmente antirussi. I piani sovietici del periodo bellico prevedevano un’Europa disarmata in toto o in parte, con limiti precisi anche alle forze armate francesi oltre che un totale disarmo tedesco ovviamente, l’Urss come unica potenza militare di terra, e il Regno Unito potenza marittima, se avrebbe ancora potuto permetterselo. Putin è figlio di quella visione e nel caso ucraino, un “fatto interno” e quindi una guerra civile, lo sta dimostrando.

Senza fermezza, Mosca si muoverà come bullo globale
Tutta l’Europa, se Washington avesse deciso di tornare oltre Atlantico dopo il 1945, sarebbe agli occhi di Mosca un “fatto interno”. Chi potrebbe senza la Nato, cioè senza Washington, bilanciare il potere militare moscovita? Si tratta di vedere se la campagna militare del 2023 sarà più fortunata in Ucraina per Putin di quella del 2022. Aspettiamoci massacri e distruzioni infinite. E per seguire il consiglio finlandese ricordiamo un po’ di Storia. «Se si accetta la politica che l’Unione Sovietica ha il diritto di penetrare nel territorio dei Paesi confinanti per motivi di sicurezza», diceva nel 1944 l’ambasciatore americano a Mosca Averell Harriman, «penetrare nel territorio del successivo Paese confinante diventa col tempo ugualmente logico». E alla fine «se non adottiamo adesso una politica di fermezza ci troveremo ad avere a che fare con una politica sovietica che si muoverà come un bullo globale». Il consiglio era di usare come teatro di questa fermezza l’Europa orientale e non aspettare di doverlo fare in Europa occidentale, con una Russia convinta ormai, nel vuoto europeo, di poter dominare la scena dall’estremo Pacifico all’Atlantico. I tempi e i rischi sono diversi, ma l’orso russo si muove sempre con lo stesso ritmo.