Come la guerra ucraina ha cambiato l’immagine della Polonia

Redazione
03/03/2022

L'aggressione russa dell'Ucraina ha trasformato in pochi giorni l'immagine della Polonia. Da pecora nera dell'Ue ora è campione di solidarietà. Ma i problemi con Bruxelles sullo stato di diritto restano. Insieme al blocco dei 36 miliardi di fondi comunitari.

Come la guerra ucraina ha cambiato l’immagine della Polonia

La guerra in Ucraina sta cambiando anche gli equilibri interni all’Unione europea. Da un lato è innegabile che l’offensiva scatenata da Vladimir Putin abbia ricompattato i Ventisette, almeno sulla Difesa, tanto da rilanciare il progetto di un esercito comune Ue sponsorizzato da Emmanuel Macron, dall’altro ha dato l’opportunità alla Polonia di cambiare la propria immagine: da pecora nera dell’Unione pronta a stracciare i trattati, tanto che si parlava di Polexit, è diventata in pochi giorni campione di solidarietà nei confronti del popolo ucraino.

La solidarietà polacca nei confronti dei rifugiati ucraini

Vero è che la Polonia sta aiutando con estrema generosità gli oltre 500 mila rifugiati che hanno attraversato e continuano ad attraversare il confine orientale. I cittadini aprono le loro case, raccolgono aiuti umanitari, offrono passaggi, organizzano punti di raccolta dove distribuiscono agli sfollati cibo e bevande calde. Senza dimenticare che sul piano strategico, il Paese è giocoforza la base per rifornire di armi e munizioni l’esercito ucraino. Un attivismo e un ruolo che hanno catapultato la Polonia al centro della scena mediatica continentale. E questa volta positivamente.

la polonia ha cambiato immagine in Ue con la guerra in Ucraina
Sfollati ucraini al confine con la Polonia (Getty Images).

I complimenti inaspettati di Michel al premier Morawiecki

Solo qualche giorno fa, infatti, la Polonia era, con l’Ungheria, la pecora nera dell’Ue. Il 16 febbraio, poche ore prima dell’offensiva russa, la Corte di giustizia europea aveva respinto i ricorsi presentati da Varsavia e Budapest contro il meccanismo di condizionalità che subordina il beneficio di finanziamenti di Bruxelles al rispetto da parte degli Stati membri dei principi dello Stato di diritto. «Parliamo di potenza bruta e del suo trasferimento a chi, con il pretesto dello stato di diritto, vuole esercitare questo potere a spese degli Stati membri», aveva commentato duro il ministro della Giustizia Zbigniew Ziobro. L’aria ora però è cambiata. Il primo ministro Mateusz Morawiecki, leader di Diritto e Giustizia (PiS), è stato addirittura elogiato dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel durante la sua visita il 2 marzo a Rzeszówa, città al confine con l’Ucraina. «Il motivo della mia presenza qui questa mattina con lei, caro primo ministro, non è solo quello di mostrare la nostra piena solidarietà europea nei confronti della Polonia, della sua équipe e delle persone sul campo che stanno lavorando per garantire l’ospitalità dei rifugiati», ha detto Michel. «È anche per dimostrare che siamo insieme. Ecco perché la Commissione europea ha preso poche ore fa la decisione di stanziare 500 milioni di euro per l’assistenza umanitaria».

Quando Varsavia minacciava Bruxelles

Complimenti graditi quanto inaspettati visti i toni che pochi mesi fa lo stesso Morawiecki usava con l’Ue. «Se Bruxelles vuole scatenare il terzo conflitto mondiale noi difenderemo i nostri diritti con tutte le armi che abbiamo a disposizione», aveva minacciato in una intervista al Financial Times alludendo a un possibile veto polacco al pacchetto europeo sul clima. Parole che comprensibilmente avevano fatto sobbalzare le istituzioni europee e spinto il portavoce del premier Piotr Muller a gettare acqua sul fuoco.

la trasformazione della polonia con la guerra in Ucraina
Guardie di frontiera al confine polacco bielorusso dove sorgerà la recinzione (Getty Images).

Il muro voluto da Varsavia al confine con la Bielorussia

Il Paese di cui oggi, a ragione, Michel elogia la solidarietà è lo stesso che a gennaio 2022 ha cominciato su un altro confine, quello bielorusso, la costruzione di una barriera per bloccare l’ingresso dei migranti provenienti da Siria, Iraq, Yemen e Afghanistan ammassati alla frontiera Ue lo scorso autunno da Alexander Lukashenko. La recinzione, che sarà ultimata a giugno, è lunga 186 chilometri e costerà 340 milioni di euro. Non che la Polonia sia sola. Fa parte infatti dei 12 Paesi Ue (Austria, Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Grecia, Ungheria, Lituania, Polonia, Lettonia, e Slovacchia) che a ottobre 2021 hanno firmato una lettera ufficiale indirizzata all’Ue in cui chiedevano di finanziare la costruzione di barriere di confine per arrestare i flussi migratori.

La destra polacca chiede all’Ue di rivedere le sue decisioni contro Varsavia

Il nuovo protagonismo polacco e la prova di generosità dei suoi cittadini potrebbero appianare le divergenze con l’Ue? Ancora presto per dirlo. Ma c’è chi mette già le mani avanti come Patryk Jaki, europarlamentare di Solidarna Polska, partito di destra della coalizione di governo nazionalista di Destra Unita. «La Commissione europea dovrebbe cancellare immediatamente ogni misura contro la Polonia», ha dichiarato recentemente. Al momento la Commissione non ha ancora sbloccato i 36 miliardi di euro in sovvenzioni e prestiti alla Polonia nell’ambito del programma di aiuti per la pandemia. La presidente della Commissione Ursula von der Leyen aveva chiarito che ciò sarebbe avvenuto dopo lo smantellamento da parte di Varsavia della camera disciplinare per i giudici dichiarata illegale dalla Corte Ue lo scorso luglio e dopo il reintegro dei togati radiati.

in polonia i giudici vanno in tour per difendere la costituzione da Duda
Il presidente polacco Andrzej Duda (Getty Images).

Difficile che Varsavia getti la spugna su tutti i fronti, comprese le leggi anti LGBTQ condannate dall’Ue e dall’opinione pubblica internazionale. Le speranze non sono comunque abbandonate. Szymon Hołownia, leader del partito di opposizione Polonia 2050, fa appello a «una rapida risoluzione della questione della camera disciplinare e dello stato di diritto in modo che il fronte aperto contro Bruxelles sia finalmente chiuso». Donald Tusk, ex premier e già presidente del Consiglio europeo nonché leader del partito di opposizione Piattaforma civica ha plaudito all’unità nazionale formatasi dopo l’invasione russa dell’Ucraina, chiedendo però «il ritorno dello stato di diritto in Polonia». Sciogliere il nodo della magistratura, ha scritto in una lettera aperta, «è una condizione necessaria per rafforzare la Polonia di fronte ai nostri alleati, Ue e Usa. Il conflitto interno su questo tema ci indebolisce».