Che sia Covid o guerra in Ucraina la politica guarda sempre il proprio ombelico

Giulio Cavalli
19/03/2022

Trattare i drammi mondiali come liti da cortile è sintomo del provincialismo italiano. È successo con il Covid e succede ora con il conflitto in Ucraina. Usato come clava per colpire gli avversari.

Che sia Covid o guerra in Ucraina la politica guarda sempre il proprio ombelico

Forte l’Italia mentre spirano venti di guerra. Forte questa insulsa capacità in cui siamo diventati maestri di riuscire a piegare qualsiasi tema, anche il più catastrofico e sanguinario, per le nostre piccole dispute da cortile. È accaduto con la pandemia e accade ora con la guerra in Ucraina, in un corso di specializzazione che ci trasforma ogni giorno in persone peggiori, anche se ne siamo fieri.

Oltre ai leader di partito ci siamo ritrovati con i virologi di riferimento

Prima era il Covid che veniva usato come randello: nel giro di due anni siamo riusciti ad accreditare politicamente virologi che dovrebbero misurarsi con la pubblicazione di studi e siamo finiti per avere il virologo di destra, quello di sinistra, l’alfiere degli aperturisti e l’alfiere delle chiusure. Avremmo potuto capire già in quel momento che quest’attitudine di fermentare qualsiasi argomento in scontro politico era qualcosa di poco etico, un vezzo di cui vergognarsi. E invece accanto ai nostri leader di partito ci siamo ritrovati il virologo di riferimento. Oggi non ci facciamo caso ma se ci avessero detto poco più di due anni fa che Matteo Salvini ed Enrico Letta si sarebbero scontrati sulla contagiosità di un nuovo virus (usando ognuno il suo virologo da guardia come arma) non ci avremmo mai creduto.

Prima era il Covid ora è la guerra ma l'atteggiamento provinciale non cambia
Una manifestazione contro il Super Green Pass (Getty Images).

C’è chi pretende di applicare i paradigmi scientifici alle opinioni sulla guerra

Piegare i drammi mondiali alle nostre liti da cortile è il sintomo di tutto il provincialismo della politica italiana, un cicaleccio continuo che non troverebbe pace nemmeno se il resto del mondo crollasse all’improvviso. Lo stesso accade con la guerra in Ucraina. Ed è una guerra che ha dato alla testa se è vero che si leggono persone fino a ieri equilibrate che riescono a scrivere senza un minimo di vergogna che esistono opinioni giuste e posizioni sbagliate. Non si è più in disaccordo: si è nel “giusto”. Un affondamento della cultura del dibattito e della democrazia che vorrebbe applicare paradigmi scientifici a opinioni politiche. Non è un caso che il noto virologo diventato famoso per l’antipatica simpatia a cui rispondeva di «studiare virologia prima di permettersi di commentare» in questi giorni commenti la geopolitica come se fosse una nuova variante. Gli auguriamo caldamente di non incontrare uno studioso di geopolitica che goda di improvviso successo per la scioltezza in cui gli dà del cretino.

Prima era il Covid ora è la guerra ma l'atteggiamento provinciale non cambia
Sfollati di Mariupol (Getty Images).

Se il conflitto fa comodo solo per bastonare gli avversari

Perfino i liberali di casa nostra, quelli che fino a ieri usavano il reddito di cittadinanza come clava, oggi hanno deciso di usare la guerra. Badate bene, della guerra non gli interessa assolutamente nulla, è solo un mezzo per bastonare i propri avversari. E i loro avversari, indovina un po’, sono quelli che chiamano “pacifisti, senza nemmeno sapere cosa sia il pacifismo e senza mai averlo studiato. Solo che non se la prendono con i pacifisti in quanto tali (del resto sono ignoranti e non li riconoscono) ma se la prendono con chiunque non sia d’accordo nell’impalare Putin in pubblica piazza e nel fornire a Zelensky cannoni in grado di polverizzare le truppe nemiche per andarsi a prendere la Russia e fare vincere il bene sul male. E sono settimane che insistono: bombardano un asilo e sbattono i morti addosso ai loro avversari da cortile, bombardano un ospedale e ululano contro i pacifisti. Sono bastati 10 giorni e perfino i putiniani non sono più quei quattro fanfaroni sovranisti di destra. No, ora per loro i putiniani sono quelli di sinistra, sarà che nella loro poca infarinatura di storia generale sentono ancora profumo di “sovietico” e quindi “comunista”. E allora l’analisi più semplice da fare potrebbe stare racchiusa in una sola riga: in una guerra, tra aggredito e aggressore, riuscire a prendersela con i pacifisti è davvero da coglioni.