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Wargame

L’Onu dall’impotenza in Ucraina ai fallimenti in ex Jugoslavia e Ruanda

L’Onu è il grande assente dello scenario ucraino. Un’impotenza sottolineata anche da Papa Francesco. Si conferma così l’inutilità e la debolezza dell’Organizzazione tra fallimenti passati e veti incrociati. Nonostante vanti una dotazione di oltre 3 miliardi.

7 Aprile 2022 08:49 Stefano Iannaccone
l'Onu e i fallimenti oltre l'Ucraina

Nazioni Unite. E impalpabili. Ancora una volta, infatti, l’Onu è il grande assente da uno scenario di crisi. Il massacro di Bucha, in Ucraina, riporta alla memoria altre fosse comuni, che l’organizzazione mondiale, fondata nel 1945, non è riuscita a evitare. La bocciatura cocente è arrivata addirittura da Papa Francesco: «Nell’attuale guerra in Ucraina, assistiamo all’impotenza delle Organizzazioni delle Nazioni Unite», ha affermato il Pontefice. Parole che hanno fatto seguito al duro attacco del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky: «L’Onu ci protegga o si sciolga». Un marchio di inutilità fissato con toni diversi. Il principale destinatario è il segretario generale, Antonio Guterres, che dall’inizio del suo mandato non ha lasciato alcuna traccia.

L'Onu dall'impotenza in Ucraina ai fallimenti in ex Jugoslavia e Ruanda
Il segretario delle Nazioni Unite António Guterres (Getty Images).

L’Onu e i fallimenti degli Anni 90 dal Ruanda al massacro di Srebrenica

La storia delle Nazioni Unite è del resto costellata da fallimenti. I più gravi risalgono agli Anni 90, quando l’organizzazione non è stata capace di evitare il genocidio in Ruanda e il massacro di Srebrenica. Nel primo caso, addirittura l’ex segretario generale dell’Onu, Ban ki-moon, parlò di una «vergogna mai cancellata». Il motivo? «Il genocidio dei tutsi è stata una delle pagine più oscure della storia dell’umanità», ammise l’ex numero uno del Palazzo di Vetro celebrando, nel 2014, il ventennale della tragedia nel Paese africano. La mossa dell’Onu fu quella di ritirare, nell’aprile del 1994, il contingente dei caschi blu, proprio mentre la violenza degli Hutu si stava abbattendo sulla minoranza tutsi. In pochi mesi fu portato avanti il genocidio del Ruanda con un bilancio di almeno 800 mila morti. Una macchia indelebile nella storia. Dopo un anno, però, l’Onu ha fatto anche di peggio: nel luglio del 1995 nella città bosniaca di Srebrenica furono massacrati 8 mila musulmani a causa dell’azione ordinata dal generale serbo Ratko Mladic. Il tutto sotto gli occhi dei caschi blu olandesi chiamati a presidiare l’area, definita una safe zone. Di sicuro, però, ci fu solo la morte verso cui andarono migliaia di persone, tra i 12 e i 77 anni, trucidati barbaramente dai soldati di Belgrado e da milizie paramilitari. I caschi blu non avevano il mandato di proteggere la popolazione ed erano stati inviati come forma di deterrenza. Un progetto smentito dai fatti.  Il mancato raggiungimento degli obiettivi è quindi nel dna delle Nazioni Unite. Dall’inizio degli Anni 2000 in poi, il ruolo è gradualmente diventato marginale. Basti pensare a quanto accaduto in Afghanistan, dove l’Onu ha autorizzato la missione Isaf per favorire lo sviluppo delle Istituzioni democratiche, avallando l’operazione statunitense contro il terrorismo islamico dopo l’attentato dell’11 settembre. Ma l’esito è sotto gli occhi di tutti. I talebani, lo scorso anno, sono tornati al potere.

La giostra dei veti al Consiglio di Sicurezza

La struttura stessa delle Nazioni Unite è la ragione dell’incapacità a incidere. Il Consiglio di Sicurezza è formato da cinque membri permanenti, Cina, Francia, Regno Unito, Russia e Stati Uniti, più altri a rotazione, che hanno ovviamente visioni e interessi diversi. Il diritto di veto, per esempio usato dalla Russia anche sulla risoluzione relativa all’Ucraina, dimostra la difficoltà a raggiungere l’unanimità. Un fatto che solo in sette occasioni è avvenuto. L’ultimo risale al 2011, quando ci fu l’autorizzazione alla missione militare in Libia contro il rais Muammar Gheddafi che non aveva rispettato la tregua. In precedenza il via libera del Consiglio di Sicurezza era maturato per Haiti (1994), Bosnia-Erzegovina (1993), Somalia (1992) e in Iraq (1990) per la prima guerra del Golfo. Prima di questo, bisogna tornare al 1950 per la guerra di Corea.

l'impotenza dell'Onu e la crisi ucraina
L’Assemblea generale delle Nazioni Unite (Getty Images).

Il bilancio delle Nazioni Unite supera i 3 miliardi di dollari

E dire che l’apparato delle Nazioni Unite è alquanto imponente. Al di là delle varie agenzie, come l’Organizzazione mondiale per la Sanità (Oms) o l’organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), ci sono in tutto il mondo 37 mila dipendenti agli ordini dell’organismo. Il bilancio interno smuove qualcosa come 3 miliardi e 176 milioni di dollari, che servono a mandare avanti la macchina elefantiaca. La metà della dotazione, esattamente un miliardo e 400 milioni di dollari, è inghiottito dal funzionamento degli uffici. Chi lavora all’Onu non se la passa così male: secondo alcune stime, un funzionario del Palazzo di Vetro ha uno stipendio circa 30 volte più alto di qualsiasi altro collega impiegato presso l’amministrazione statunitense di Washington. Senza considerare dei benefici fiscali di cui gode. Un carrozzone utile più a chi lavora al suo interno che per mantenere la pace nel mondo.

Tag:Crisi ucraina
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