Meta ha imposto una deroga ai messaggi di odio su Facebook e Instagram per permettere agli utenti di “attaccare”, via social, le forze armate russe impegnate nell’invasione in Ucraina. Immediata la risposta di Mosca che ha chiesto agli Stati Uniti di intervenire per sanare la situazione. «Chiediamo alle autorità di fermare le attività estremiste di Meta e prendere misure per portare i responsabili di fronte alla giustizia», recita un tweet dell’ambasciata russa a Washington, «gli utenti di Facebook e Instagram non hanno dato ai proprietari di queste piattaforme il diritto di determinare i criteri della verità e di mettere le nazioni l’una contro l’altra».
☝️We demand that 🇺🇸 authorities stop the extremist activities of @Meta, take measures to bring the perpetrators to justice. Users of #Facebook & #Instagram did not give the owners of these platforms the right to determine the criteria of truth and pit nations against each other. https://t.co/1RkrjRmEtA pic.twitter.com/sTacSm4nDt
— Russian Embassy in USA 🇷🇺 (@RusEmbUSA) March 11, 2022
La protesta di Mosca contro la deroga di Meta all’hate speech contro la Russia
«La politica aggressiva e criminale di Meta, che porta all’incitamento all’odio e all’ostilità nei confronti dei russi, provoca la nostra indignazione», si legge in una nota dell’Ambasciata russa a Washington. «Azioni che sono l’ennesima prova della guerra dell’informazione senza regole dichiarata al nostro Paese. Le società dei media sono diventate soldati della macchina di propaganda dei circoli al potere in Occidente».

I termini della deroga di Meta all’hate speech contro la Russia
Il provvedimento di Meta è temporaneo, ma la politica è chiara. La deroga ai limiti ai messaggi di odio contro l’esercito russo dovrebbe essere valida solo in alcuni Paesi, come indicato nella nota interna diffusa da Reuters: Armenia, Azerbaigian, Estonia, Georgia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Russia, Slovacchia e Ucraina. La misura, come specificato in una nota destinata ai moderatori, consente di inviare messaggi «diretti verso i soldati russi, a eccezione dei prigionieri di guerra, o russi quando è chiaro che il contesto è l’invasione russa dell’Ucraina (ad esempio se il contenuto menziona l’invasione, l’autodifesa e così via)» e permette perfino di invocare la morte del presidente di Russia Vladimir Putin e di quello della Bielorussia Alexander Lukashenko. Le minacce però non devono contenere riferimenti ad altri soggetti. Non solo. Vengono rimosse, sempre temporaneamente, le limitazioni alle lodi al Battaglione Azov, «nello stretto contesto della difesa dell’Ucraina o del suo ruolo come parte della Guardia Nazionale Ucraina». Già lo scorso luglio, Facebook, aveva consentito temporaneamente di invocare la morte della guida suprema iraniana, Ali Khamenei, durante le proteste nella Repubblica Islamica. «In seguito all’invasione russa dell’Ucraina abbiamo consentito temporaneamente forme di espressione politica che normalmente violerebbero le nostre regole come i messaggi violenti quali ‘morte agli invasori russi», recita una nota di Meta, «continueremo a non permettere appelli alla violenza credibili contro i civili russi».