Guerra in Ucraina: le speculazioni sui mercati finanziari

Come ogni guerra, anche quella in Ucraina attira speculatori di ogni tipo. Lo dimostra il boom di ricerche su Google. Cereali, gas e petrolio volano, il rublo ai minimi fa gola così come il war bond emesso da Kiev per finanziare la resistenza. Mentre le criptovalute sono sulle montagne russe. Il punto.

Guerra in Ucraina: le speculazioni sui mercati finanziari

Forse non tutte le guerre sono combattute per denaro, come diceva Socrate. Ma certamente tutte le guerre portano ricchezze facili a chi sa specularci sopra. E non si tratta solo dei produttori di armi o dell’industria bellica in generale, perché nell’era della finanza digitale globalizzata il conflitto russo-ucraino ha subito attirato le mire fameliche di fondi, broker, trader professionisti o anche semplicemente di chi ha dimestichezza con le piattaforme di titoli, obbligazioni o derivati.

Le Borse segnano record per energia, food e oro

Materie prime dell’energia e commodity del settore food sono naturalmente in prima fila e stanno facendo le fortune di chi le vende, anche in termini di derivati, dopo averle comprate in tempi di pace. Sulla Borsa di Amsterdam (dove ha sede l’Ice Endex e vengono gestiti gli scambi dei contratti) il prezzo del gas si muove adesso intorno ai 175 euro Mwh e soltanto oggi è schizzato del 9 per cento: c’è molta volatilità, dunque tutto può succedere anche se non siamo molto distanti dai massimi di 200 euro. Fa comunque impressione pensare che appena due settimane fa la quotazione fosse sotto i 70 euro. Anche il petrolio è in rally, seppur in modo meno tumultuoso: il Brent viaggia oltre i 112 dollari mentre una quindicina di giorni fa navigava intorno ai 95 dollari e a inizio dicembre era appena a 70 dollari al barile. Chi ha comprato, insomma, ora vende e festeggia. Stessa dinamica per l’oro, classico bene rifugio per gli investitori, che ormai viene quotato sopra i 1.940 dollari l’oncia e si avvicina ai massimi di gennaio 2021.

speculazioni finanziarie con la guerra ucraina
La borsa di Chicago (Getty Images).

Il prezzo dei cereali fuori controllo

La volatilità dei mercati fa paura, ma attira i trader che pensano di poterla cavalcare nel breve termine. Prendiamo i cereali: la Russia è il maggior fornitore mondiale di grano e, insieme all’Ucraina, rappresenta il 29 per cento dell’export di grano stesso e il 19 per cento di quello di mais. In Paesi come l’Egitto e la Turchia, per esempio, quel flusso di grano equivale a oltre il 70 per cento delle importazioni. I future (che sono contratti assicurativi derivati) su questo genere di commodity segnalano l’incremento fuori controllo dei prezzi. In una settimana, dall’inizio della guerra, il grano è schizzato di circa il 39 per cento, il mais è salito del 17 e del 6 per cento il prezzo della soia. I dati che arrivano dalla Borsa di Chicago Srw, punto di riferimento globale del commercio dei prodotti agricoli, segnalano il future sul grano a 11,91-1/4 dollari per bushel (27,2 chili), al top da marzo 2008, mentre il mais è a 7,6 dollari per bushel, ai massimi da 10 anni, e la soia a 16,78 dollari per bushel. I future sul frumento, invece, sono decollati da poco meno di 900 dollari una settimana fa a oltre 1.200 dollari di oggi. Insomma, coloro che hanno comprato a suo tempo ora vendono e fanno plusvalenze da sogno.

La svalutazione del rublo e l’isolamento della Banca centrale di Mosca 

Per chi vuole investire, naturalmente, le materie prime sono una possibile copertura rispetto ad altri rischi, ma contribuiscono a generare l’inflazione e quindi, dall’altra parte, impoveriscono la liquidità dei conti in banca. Quella stessa liquidità che i russi stanno vedendo pian piano trasformarsi in carta straccia: il rublo infatti si sta svalutando pesantemente per effetto delle sanzioni che hanno di fatto isolato la Banca centrale di Mosca e il Fondo sovrano russo. La valuta che prima della guerra in Ucraina quotava 75 per un dollaro, oggi è arrivata oltre i 110, con punte a 117. Ecco perché qualcuno sta pensando di comprarla adesso, o magari di aspettare ancora un po’, per poi attendere con pazienza una rivalutazione.

Guerra in Ucraina: le speculazioni
Un ufficio cambi a San Pietroburgo (Getty Images).

Criptovalute sulle montagne russe

Dalle monete tradizioni a quelle digitali il passo è breve. L’inizio del conflitto ha fatto schizzare le quotazioni delle criptovalute, Bitcoin in testa, anche in considerazione del fatto che la Russia le sta utilizzando per aggirare in parte le sanzioni e l’Ucraina per finanziare la resistenza armata. Poi, invece, si è accentuata la fuga da un asset considerato rischioso verso i beni rifugio. Di conseguenza, il Bitcoin sta scendendo su quota 40 mila dollari ed Ether, la seconda maggiore, plana appena sopra i 2.700 dollari. In ogni caso, il frangente è di grande volatilità e nell’altalena quelli più bravi sanno come guadagnarci. «Alcuni russi stano usando le criptovalute quale ancora di salvezza adesso che il prezzo del rublo è crollato», ha detto Brian Armstrong, il Ceo di Coinbase Global, con Binance e Kraken una delle principali piattaforme che gestiscono gli scambi in criptovalute e che hanno deciso di non congelare conti e fondi dei connazionali di Putin perché «molti di loro si oppongono a quello che sta succedendo e un blocco colpirebbe anche loro», ha chiarito lo stesso Armstrong.

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Da “Buy ukraine stocks” a “How to profite war ukraine”: le keyword più cercate su Google

A far gola ai trader ci sono poi gli asset, i titoli, le obbligazioni o i derivati legati alle grandi imprese dei due Paesi coinvolti in prima battuta nel conflitto, Russia in testa. Si compra a prezzi d’occasione con un rischio grosso e cedole molto alte per rivendere alla prima, auspicabile schiarita sullo scenario geopolitico. Secondo quanto emerge da un’analisi di InvestinGoal, uno dei principali portali globali per la ricerca e comparazione di broker e piattaforme per il trading online, nelle ultime settimane c’è stato un boom di ricerche sul web relative a possibili investimenti legati alla guerra. Lo studio è basato su dati Google Trend ed evidenzia, nella settimana tra il 20 e il 26 febbraio, grandi incrementi nelle ricerche su alcune keyword internazionali come “ETF Russia” (+9900 per cento), “Buy ukraine stocks” (+9900 per cento), “How to profit war ukraine” (+9900 per cento), “Invest war ukraine” (+614,29 per cento), “How to trade crude oil” (+300 per cento). Anche in Italia si è acceso l’interesse sugli Etf (fondi che replicano fedelmente un indice sottostante) ucraini e russi. A oggi, rispetto a inizio anno, c’è stato un aumento del +1566 per cento sulla keyword “ETF Ucraina” e del 955 su “ETF Russia”. Mentre l’aspetto forse più sconvolgente è che nell’ultima settimana, in Italia, la popolarità della ricerca con keyword “Guadagnare guerra” è aumentata del 733 per cento, con tanti utenti che hanno tentato di capire come comprare oro (+177 per cento) e soprattutto rubli (+1900 per cento). Pure in territorio russo, infine, si sono visti degli aumenti improvvisi nella prima settimana di conflitto come un +9900 per cento su “comprare azioni Sberbank”, un +233 per cento su “comprare azioni Gazprom”, e un generale +100 per cento su “forex trading”. Tutto ciò nonostante i rischi e le difficoltà tecniche legati alle sanzioni nei confronti di Mosca, problemi che riguardano ovviamente anche il trading.

Il war bond emesso da Kiev per finanziare la resistenza

Infine c’è il debito sovrano: sembra assurdo, ma la stessa Ucraina ha emesso un war bond di durata annuale per finanziare la resistenza armata, con il quale ha raccolto oltre 270 milioni di euro. La cedola è molto ghiotta, infatti paga l’11 per cento di interessi: un valore che tuttavia appare ridimensionato se si considera quanto stia schizzando in alto l’inflazione, non solo a Kiev. Ovviamente è un investimento in teoria molto remunerativo, ma ad altissimo rischio di mancato rimborso per il default dell’emittente. Basti dire che le agenzie di rating hanno appena declassato nuovamente il debito ucraino: B- per S&P, CCC per Fitch e B3 per Moody’s. In pratica, spazzatura della spazzatura. Peccato che alla fin fine, guerra o non guerra, pecunia non olet.