Un anno di guerra in Ucraina tra numeri e propaganda

Stefano Grazioli
24/02/2023

Nei primi 12 mesi di guerra si calcolano dai 100 ai 200 mila tra caduti e feriti. Milioni i profughi, interni ed esterni. Mai come in questo caso propaganda e partite economiche hanno giocato un ruolo centrale. Facendo dimenticare gli altri conflitti che hanno insanguinato l'Europa nel secondo Dopoguerra. Il punto.

Un anno di guerra in Ucraina tra numeri e propaganda

È passato un anno dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina. I numeri delle guerre sono sempre da prendere con le molle, ma aiutano comunque a fare un po’ di ordine sulla dimensione di un conflitto che, pur non essendo il primo in Europa dalla fine della Seconda guerra mondiale, è quello che ha riportato indietro la ruota del tempo al XX secolo: le Nazioni Unite hanno contato sino all’inizio di febbraio 7199 vittime civili, di cui 438 bambini e ragazzi; quelle militari sui due lati del fronte sono difficili da quantificare con esattezza, ma si va ovviamente nell’ordine delle decine di migliaia, con una forbice ampia tra le 100 mila e le 200 mila unità. A queste cifre si aggiungono quelle dei profughi ucraini interni (circa 6 milioni) ed esterni (circa 7 milioni), che si sono rifugiati in parte nei Paesi dell’Unione Europea e in parte in Russia (circa 2,5 milioni). La guerra su larga scala voluta da Vladimir Putin è arrivata dopo che negli otto anni precedenti si era combattuto nel Donbass un conflitto a minor intensità, avviato il 15 aprile del 2014 con l’inizio dell’Ato, la cosiddetta operazione antiterrorismo lanciata dal governo di Kyiv per riportare sotto controllo le repubbliche ribelli di Donetsk e Lugansk. In otto anni l’Onu ha registrato oltre 14 mila vittime.

 Guerra in Ucraina tra numeri e propaganda
Gli ucraini uccisi dal 2014-2022 in Donbass (Getty Images).

Da Cipro ai Balcani, le altre guerre europee 

Il conflitto in Ucraina non è il primo in Europa dal 1945, dove nell’ultimo mezzo secolo si è assistito a diverse guerre, di breve o di lunga durata, basti pensare a quelle nei Balcani che tra il 1991 e il 2001 hanno devastato i Paesi della ex Yugoslavia, con l’intervento anche dei Paesi occidentali e della Nato che ha condotto poi all’indipendenza del Kosovo, Paese non riconosciuto nemmeno da diversi Stati dell’Unione Europea. Le guerre nei Balcani hanno provocato circa 150 mila morti e sono state il teatro di massacri come quello di Srebrenica (8 mila morti). Altra operazione militare, breve, è stata quella di Cipro, con l’isola occupata nel 1974 dalle truppe turche e la creazione della Repubblica di Cipro Nord, non riconosciuta da nessun Paese al mondo, se non da Ankara: il risultato è che de facto ancora oggi un pezzo di un Paese Ue è occupato illegalmente da uno Stato fantasma sostenuto da un membro della Nato. In questo quadro la questione ucraina, dall’annessione della Crimea sino al conflitto armato non rappresenta certo un unicum nella recente storia europea. Anche se trasformandosi da subito anche in guerra del gas ha avuto una incidenza pratica ben più pesante sul Vecchio Continente, minando partnership economiche decennali, dalla Germania all’Italia.

Lo ha deciso l'Alto rappresentante della Bosnia-Erzegovina. La comunità serba del Paese minaccia però ritorsioni.
Una sopravvissuta al genocidio di Srebrenica prega davanti a una tomba (Getty Images).

I conflitti in Afghanistan, Iraq, Libia e Siria

Come non lo sono le altre guerre, condotte al di fuori dell’Europa dai Paesi europei, occidentali, riuniti sotto l’egida della Nato e la guida degli Stati Uniti. I tre esempi più eclatanti all’inizio del XXI secolo sono quella in Afghanistan (2001-2021), quella in Iraq (2003-2011) e quella in Libia (2011-2020), che in realtà continuano sottotraccia. Anche nel conflitto in Siria e in Iraq contro il sedicente Stato islamico il ruolo della Turchia e della Nato è ancora da decifrare a fondo. Di quella in Iraq ricorre il 6 marzo il 20esimo anniversario dell’inizio, un conflitto voluto principalmente da Usa e Gran Bretagna a cui si sono associati i cosiddetti volenterosi, inclusa l’Italia, e avviato sulla base di prove falsificate e presentate al Consiglio di sicurezza della Nazioni Unite sulle presunte armi di distruzione di massa in possesso di Saddam Hussein. La guerra in Iraq ha fatto, a seconda delle fonti, da 150 mila a 460 mila morti, oltre 200 mila civili stando al Body Count Project, e non è stata esente da massacri e violenze, con protagonisti anche le forze occidentali: uno su tutti lo scandalo delle torture perpetrate dai soldati statunitensi nel carcere di Abu Ghraib.

Guerra in Ucraina tra numeri e propaganda
Un cimitero di soldati russi (Getty Images).

L’Occidente al fianco dell’aggredito

Ciò che differenzia la guerra in Ucraina da tutte le altre è il fatto che l’Occidente questa volta non è dalla parte di chi ha avviato il conflitto, come appunto in Afganistan, Iraq e Libia, ma è schierato con l’aggredito: l’invasione russa ha rovesciato la solita prospettiva delle guerre iniziate dagli Stati Uniti e dalla Nato per i più disparati motivi, ufficiali, e ha messo l’Occidente in difesa. Non solo dal punto di vista militare e politico, ma anche della narrazione e della comunicazione. I media occidentali raccontano per la prima volta una guerra dal punto di vista di chi è attaccato, di chi si deve difendere e l’Ucraina guidata dal presidente Voldymyr Zelensky rappresenta appunto una parte di Occidente da sostenere contro la brutale aggressione russa. Le decine di migliaia di morti in Afganistan, Iraq e Libia, le donne violentate, i bambini massacrati, le infrastrutture civili prese di mira, insieme a tutti gli altri crimini di guerra, dimenticando che la stessa guerra è un crimine, non sono mai stati raccontati in Europa e negli Usa se non come episodi di vicende lontane, salvo poi accorgersi che se Bucha è lontana oltre 2000 km da Milano, Srebrenica ne dista solo 1000. Basta poi allargare lo sguardo all’Africa dove da decenni e ancora oggi si svolgono conflitti sanguinosi senza che nessuno se ne preoccupi, per capire il ruolo della propaganda nel duello tra Russia e Occidente. Le guerre occidentali, a partire da quella del Golfo nel 1991 con l’invenzione del giornalismo “embedded” in versione moderna, non sono mai state raccontate così in profondità come questa volta proprio da parte di chi le bombe le ha in verità sempre sganciate.