Il viso stanco, sfiancato dalla guerra. La maglia verde diventata simbolo di resistenza. I discorsi a distanza che strappano standing ovation convinte a ogni latitudine. Volodymyr Zelensky guida l’Ucraina dalla prima linea, ma soprattutto sa toccare le corde giuste, del popolo come dei suoi colleghi. Insomma, spacca lo schermo e il merito è anche di un brillante passato nel mondo dello spettacolo. Il presidente ucraino appare sui monitor alle manifestazioni di piazza, davanti al parlamento tedesco, britannico o al congresso americano. Le sue parole non sono mai casuali, le video call intrise di citazioni. I riferimenti cambiano a seconda degli interlocutori. Usa, Regno Unito, Germania: ogni Paese si porta dietro ferite e personaggi iconici, rievocarli serve a Zelensky per rendere la tragedia comune, fare una presa maggiore sull’interlocutore di turno. In concreto, a ottenere più aiuti. Medicine, cibo, armi. Retorica, si obietterà. Ma in guerra vale tutto, ci si arrangia come si può. E se il miracolo no fly zone non gli è riuscito, tante altre richieste sono andate invece a buon fine.
Il discorso al Bundestag di Zelensky e i riferimenti al muro di Berlino
Così, ospite a distanza del Bundestag, ha rimproverato la Germania, colpevole di non fare abbastanza di fronte all’atrocità dei bombardamenti. «Bisogna abbattere il nuovo muro, che si sta alzando in Europa contro l’Ucraina», affermazione forte, specie in un Paese realmente spaccato per 30 anni dal dolore di una barriera alzata nel cuore della Capitale. «Questo muro è più forte con ogni bomba che cade in Ucraina, con ogni decisione che non viene presa nonostante il fatto che voi potreste aiutarci». Il discorso è generale, l’indice puntato contro tutta l’Europa, la parola muro una volontaria ripetizione. «State esitando sul nostro ingresso nell’Ue. Un’altra pietra per il muro. Noi stiamo organizzando un tentativo difesa estrema. Tutto viene colpito e distrutto: asili, scuole, ospedali. Persino i convogli umanitari non riescono a lasciare le città. Si tenta di costruire un muro, ma vogliamo vedere oltre questo muro». Zelensky ha chiuso rievocando Ronald Regan: «Cancelliere Scholz, butti giù questo muro». Il presidente americano lo disse nel 1987 davanti alla Porta di Brandeburgo, l’omologo ucraino ha parlato da una Kyiv devastata dalle cannonate.

Dal monte Rushmore all’11 settembre: cosa ha detto Zelensky al congresso americano
Ieri di fronte al congresso americano in seduta speciale, Zelensky aveva scelto accuratamente i richiami storici ma la sostanza era sempre la stessa. «La Russia ha mandato i carri armati contro le nostre libertà, contro i nostri sogni nazionali. Sogni che sono esattamente come quelli del popolo americano». Cristallizzati nel «Monte Rushmore, dove sono scolpite le facce dei vostri più importanti presidenti, quelli che posero le fondamenta dell’America: democrazia, indipendenza, libertà e attenzione per chiunque lavori con impegno, viva onestamente. Rispetti la legge. Lo stesso che vogliamo noi». Quindi ha tirato fuori Pearl Harbor: «Quel terribile mattino del 7 dicembre 1941 quando il vostro cielo fu annerito dagli aerei che vi attaccavano». Ancora, l’11 settembre «quando il male cercò di trasformare le vostre città in un campo di battaglia, quando persone innocenti furono attaccate dall’aria in un modo che nessuno si sarebbe mai atteso, in un modo che nessuno poteva fermare. La nostra nazione vive questa situazione ogni giorno. La Russia ha trasformato il cielo ucraino in fonte di morte per migliaia di persone». Tutto, Martin Luther King incluso, per invocare la no fly zone. Così il presidente ucraina adatta lo slogan «I have a dream» e lo fa diventare «I have a need», ho una necessità. «Di una vostra decisione, del vostro aiuto».

William Shakespeare e Churchill, così Zelensky si è rivolto ai britannici
Richiesta di sostegno anticipata lo scorso 8 marzo alla camera dei Comuni britannica riprendendo William Shakespeare e l’Amleto: «La domanda ora è Essere o non essere. Per 13 giorni avrebbe potuto essere posta a tutti noi, ma ora posso dare una risposta definitiva. E decisamente sì, la risposta è essere». Poi ha invocato Winston Churchill giurando che l’Ucraina «combatterà fino alla fine».«Continueremo a combattere per la nostra terra, a qualunque costo. Combatteremo nelle foreste, nei campi, sulle coste e nelle strade», ha aggiunto. Una chiara citazione del celebre discorso del primo ministro britannico del 4 giugno 1940, subito dopo la sconfitta anglo-francese nella battaglia di Dunkerque e l’evacuazione via mare di oltre 300 mila soldati alleati durante l’Operazione Dynamo. Churchill, tra l’altro, era stato già citato da Boris Johnson che condannando l’invasione di Mosca parlò di «ora più buia». Ma Zelensky ne ha anche per i russi: «In che modo il tuo assedio di Mariupol è diverso dall’assedio di Leningrado durante la seconda guerra mondiale?», ha chiesto in un video diffuso nelle scorse ore, in cui oltre al drammatico episodio consumatosi nell’odierna San Pietroburgo tra il 1941 e il 1944 e in cui persero la vita circa 700 mila persone, ha citato l’Afghanistan e la Cecenia: «Le madri russe piangeranno più figli di allora. Ma c’è una una possibilità: ogni soldato che depone le armi sopravvivrà». Chissà cosa dirà il 22 marzo a Montecitorio.