Guerra in Ucraina: la fuga dei giornalisti russi in Turchia e Georgia

Redazione
18/03/2022

Almeno 150 giornalisti sono fuggiti dal Paese per trasferirsi temporaneamente in Turchia o in Georgia, a Tbilisi. La censura di Putin e le leggi contro le presunte fake news sulla guerra in Ucraina hanno reso di fatto la professione 'illegale'.

Guerra in Ucraina: la fuga dei giornalisti russi in Turchia e Georgia

Il primo marzo, una settimana dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina, i provider Internet russi hanno oscurato anche il sito e l’app di Dozhd TV, l’unico canale televisivo indipendente del Paese. Destino a cui sono andati incontro praticamente tutti i media che non erano megafoni della propaganda del Cremlino: dal sito Meduza alla radio Ekho Moskvy. Mosca ha bloccato anche Facebook, Instagram e Twitter, così come ha limitato l’accesso a testate straniere come Bbc, Deutsche Welle e Radio Free Europe. Parte del ‘pacchetto’ bavaglio anche l’ultima legge che punisce la diffusione di “fake news” sulla guerra in Ucraina con la reclusione fino a 15 anni.

Dalla Russia a Istanbul e Tbilisi: la fuga dei giornalisti

La censura di Putin ha così spinto reporter e giornalisti a lasciare la Russia. Secondo alcune stime sarebbero già 150. Una parte della redazione di Dohzd tv, dopo il blocco, si è temporaneamente trasferita a Instanbul per decidere sul da farsi. La Turchia però è solo una tappa temporanea e quasi obbligata vista la mancanza di alternative: molti Paesi occidentali infatti hanno chiuso il loro spazio aereo alle compagnie russe che, a loro volta, hanno cancellato i voli internazionali. Altra meta gettonata è Tbilisi, in Georgia.  «Non c’è nessun piano al momento. Stiamo solo cercando di capire cosa fare delle nostre vite», ha detto al Guardian la conduttrice Maria Borzunova. «La nostra intenzione era lavorare anche dopo essere stati messi offiline», ha aggiunto la videoreporter Sonia Groysman. Purtroppo però non è stato possibile. La polizia avrebbe potuto da un momento all’altro fare irruzione negli studi così le due giornaliste e il resto del team hanno comprato i primi biglietti aerei disponibili per fuggire all’estero. «Quando siamo venuti a conoscenza del possibile raid, sapevamo che dovevamo andarcene. Il gioco era finito», ha sottolineato Groysman.

LEGGI ANCHE: La giornalista Marina Ovsyannikova ha rifiutato l’offerta di asilo di Parigi

Tra i media che resistono autocensurandosi e quelli che trasferiscono le redazioni all’estero

Alcuni giornali e siti, come la Novaya Gazeta, cercano di resistere dichiarando ai lettori l’autocensura a cui si sottopongono. Altri, come il già citato Meduza e il Moscow Times, hanno direttamente trasferito uffici e redazioni fuori dalla Russia. Per Dozhd entrambe queste vie non erano percorribili. «Non potevamo svolgere il nostro lavoro onestamente con questa nuova legge», ha spiegato Borzunova. Del resto Dohzd è un canale televisivo e trasferire all’estero tutta la strumentazione era impossibile. L’unica scelta che avevano quindi è stata chiudere i battenti.

Guerra in Ucraina: la fuga dei giornalisti russi in Turchia e Georgia
La propaganda di Putin (Getty Images).

Se media e Ong sono considerati ‘agenti stranieri’

La stretta di Putin all’informazione successiva all’invasione dell’Ucraina è solo l’ultima di una lunga serie. Dal 2012 è infatti in vigore una legge che considera ‘agenti stranieri’ o ‘indesiderabili’ media e Ong che ricevevano fondi dall’estero. Lo scorso anno la black list del Cremlino è stata aggiornata. Il ministero della Giustizia ha aggiunto persone e organizzazioni come il gruppo di assistenza legale OVD-Info e la testata indipendente Mediazon. Lo stesso era accaduto a Meduza e all’agenzia Proekt la cui sede era stata perquisita. Nonostante questa stretta, i media indipendenti russi erano comunque accessibili. Da quando però è cominciata la guerra lavorare è diventato impossibile. «È il giornalismo stesso a essere diventato illegale», ha commentato Aleksandr Gorbachev, reporter e videomaker del sito indipendente Holod, fuggito con la moglie, giornalista della Bbc, a Istanbul non appena Putin ha annunciato l’invasione.

LEGGI ANCHE: Boom di richiedenti asilo russi negli Stati Uniti

Il giornalismo è diventato contro-propaganda

Cosa ne sarà della professione in futuro? Ilya Shepelin, ex giornalista di Dohzd che si trova a Tblisi ha le idee piuttosto chiare: «Non sono più sicuro di essere un giornalista nel senso tradizionale. Chiamo il mio lavoro contro-propaganda», ha spiegato. «A un certo punto, i russi vedranno che i loro frigoriferi sono vuoti, indipendentemente da quel che dice la tv. Ci sarà un momento in cui si renderanno conto che il Cremlino ha sempre mentito su questa guerra. Ed è qui che entreremo in gioco, pronti a dire la verità».