Guerra in Ucraina, la risposta dei giornalisti alla censura russa
Da Dozhd a Ekho Moskvy, passando per Novaya Gazeta, dopo l'ultima stretta del governo numerose testate ed emittenti russe hanno chiuso i battenti. Ma i giornalisti non hanno smesso di lavorare: ecco come, nonostante i problemi, si sono reinventati.
Con l’invasione dell’Ucraina è arrivata una stretta ulteriore sui media russi. Il governo ha così messo a tacere ogni voce di dissenso, proveniente soprattutto da testate indipendenti. A distanza di una settimana dall’inizio dell’«operazione militare speciale» annunciata dal presidente Vladimir Putin, l’emittente televisiva Dohzd e la stazione radiofonica Ekho Moskvy sono state oscurate dopo, rispettivamente, 12 e 32 anni di servizio. Ieri, la celebre testata dissidente Novaya Gazeta, pur di non piegarsi agli avvertimenti recapitati dal Roskomnadzor, il servizio federale che si occupa di supervisionare la comunicazione di massa, ha deciso di sospendere le pubblicazioni su carta e su web fino alla fine della guerra.

Tra blog, video e social: la risposta dei giornalisti di Dozhd alla censura
Davanti a uno scenario in cui le notizie obbediscono esclusivamente diktat imposti dall’alto e i reporter controcorrente rischiano la pelle, diverse le firme hanno abbandonato il Paese, continuando a fare a distanza il proprio lavoro. È il caso di diversi giornalisti di Dozhd che hanno puntato su una copertura social più capillare del solito, aperto nuovi blog in cui pubblicare anche i pezzi più ‘scomodi’ e trasformato i canali YouTube. Tra loro, anche Masha Borzunova, ex co-conduttrice del talk show informativo Fake News che ha ora aperto uno spazio su Substack dove pubblica report e inchieste di carattere investigativo. Ha rispolverato inoltre Masha on Tour, un vecchio account su Telegram. «Ho un seguito più o meno nutrito online e, riflettendoci, ho pensato che avrei potuto sfruttare questo vantaggio a mio favore», ha spiegato a Meduza, «nei giorni successivi alla chiusura, non avevo idea di cosa fare con la mia vita. Poi, ritornando a lavoro, le idee mi si sono schiarite in un attimo».
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Sulla stessa linea, si sono mossi anche diversi colleghi come Ilya Shepelin, Natalia Sindeeva, Bogdan Bakaleyko e Denis Kataev che, tra videointerviste, trasmissioni all news in streaming e tweetcronache degli eventi che scelgono di rimanere attivi e sperimentare nuovi format. «Non è ammissibile far morire il giornalismo in un periodo del genere», ha puntualizzato Shepelin, «se si ha la forza necessaria per proseguire, bisogna farlo. Da quando sono disoccupata, non ho mai lavorato a ritmi così serrati. Mi sveglio presto al mattino, faccio una rassegna stampa su Telegram, poi mi sposto su Twitter e infine concludo con una diretta su YouTube». Più strade diverse per raggiungere un obiettivo fondamentale: «Per chi lavora nel giornalismo, è un crimine rimanere in silenzio», ha precisato Bakaleyko, «dobbiamo far vedere al mondo quel che sta succedendo in Ucraina, raccontare le storie della gente che sopravvive a fatica sotto le bombe. Tutto il resto è solo propaganda».
La nuova vita delle radio oscurate dalle autorità russe
Non sono rimasti a guardare neppure gli speaker di Ekho Moskvy. Ricalcando, come possibile, i format e la grammatica utilizzata in radio, figure come Alexey Venediktov e Sergey Buntman sono sbarcate su YouTube, ospitando molti degli esperti che, negli anni, si sono alternati nel palinsesto dell’emittente. «Non ho mai pensato di gettare la spugna e smettere di lavorare», ha aggiunto Buntman, «ci teniamo in allenamento proponendo vecchi programmi e lavorando a nuove idee. C’è tanto da fare, non abbiamo tempo di struggerci su un futuro che, purtroppo, non dipende da noi». Il desiderio di non lasciarsi zittire è stato, nel loro caso, ben più forte della paura. E non sono stati pochi quelli che, pur non potendo contare sugli stessi strumenti o sullo stesso pubblico, hanno provato a seguirne l’esempio, proponendo progetti originali, creando un’offerta differenziata e raccontando la realtà senza filtri.
