Guerra in Ucraina: chi sono i fedelissimi di Putin
Il presidente russo dopo l'invasione in Ucraina è sempre più isolato a livello internazionale e in casa. Gli restano accanto una manciata di fedelissimi, per la maggior parte siloviki ex Kgb. Ecco chi sono.
Vladimir Putin è sempre più solo, fuori e dentro la Russia. All’Assemblea generale dell’Onu la risoluzione contro l’invasione dell’Ucraina è stata votata da 141 Paesi su 193 con Cina, India, Iran e Cuba che hanno deciso di astenersi. Mosca ormai può contare solo sull’appoggio di Bielorussia, di fatto suo protettorato, Corea del Nord, Siria ed Eritrea. Ma anche in casa le cose non vanno meglio. Molti oligarchi, nel mirino delle sanzioni occidentali, sono contrari all’aggressione; il ministro degli Esteri Sergei Lavrov, incline alle armi diplomatiche più che a quelle letali, è evidentemente in difficoltà così come il capo dell’Intelligence internazionale Sergei Naryškin, umiliato pubblicamente dal presidente durante una cruciale riunione del consiglio di sicurezza nazionale. Intorno a Putin, ma sempre a distanza fisica, plasticamente raffigurata dall’ormai famoso tavolo, resta così una ristretta cerchia di fedelissimi falchi, su tutti il potente e ascoltatissimo ministro della Difesa Sergei Shoigu. Ecco chi sono gli uomini del cerchio magico di Putin, molti dei quali siloviki provenienti dal Kgb.
Sergei Shoigu, il falco della Difesa
Consigliere di lunga data del presidente russo, con cui ama andare a pesca in Siberia, il ministro della Difesa Sergei Shoigu, oggi 66enne, dal 1994 al 2012 è stato ministro delle Situazioni di emergenza facendosi la fama di Mr Wolf della Federazione. Il fatto che sia rimasto così a lungo a capo di una cabina di regia essenziale e sottoposta a continue sollecitazioni depone sicuramente a favore delle sue qualità di manager. Aveva studiato per diventare ingegnere ed è finito a combattere le catastrofi naturali. Pur indossando la divisa e aver reintrodotto l’uniforme sovietica del 1945, infatti, non ha mai prestato servizio nell’esercito. Dopo una breve parentesi come governatore della regione di Mosca, dal 2012 è ministro della Difesa. È considerato il responsabile dell’annessione della Crimea del 2014 e, come capo dell’Intelligence militare (il Gru), di due avvelenamenti: l’uccisione Il 4 marzo 2018 a Salisbury dell’ex spia Sergei Skripal e della figlia Julia con l’agente nervino Novičok, e quello che nel 2020 è quasi costato la vita ad Alexei Navalny. Ultimo appunto: Shoigu è una delle tre persone ad avere i codici per il lancio dei missili nucleari russi: gli altri sono naturalmente Putin e il capo di Stato maggiore interforze Valery Gerasimov.

Valery Gerasimov, il capo di stato maggiore
Valery Gerasimov è il capo di stato maggiore da quasi 10 anni ed è vice di Shoigu alla Difesa. Nato nel 1955, ha frequentato la Scuola militare a Kazan e tra gli Anni 70 e 80 cominciando la carriera nell’Armata Rossa. Dopo la specializzazione all’Accademia dello stato maggiore, con stazioni tra il Caucaso del nord, San Pietroburgo e Mosca, il generale è salito alla ribalta all’inizio di questo decennio, diventando il vice capo di stato maggiore nel 2010. Poi, con l’arrivo di Shoigu alla Difesa, è passato direttamente al comando, diventando anche automaticamente membro del Consiglio di sicurezza. Nel 1999 si mise in luce nella guerra in Cecenia. Nel 2014 ha guidato l’annessione della Crimea e la guerra nel Donbass; nel 2015 è stato invece il regista e comandante dell’operazione russa in Siria, per la quale nel maggio dell’anno successivo si è guadagnato il titolo di Eroe della Federazione russa. Ovviamente ha supervisionato le esercitazioni militari in Bielorussia che hanno anticipato l’invasione dell’Ucraina. Secondo alcuni analisti, Gerasimov è stato recentemente messo in disparte da Putin per l’inizio incerto della guerra in Ucraina, che nei piani dei falchi doveva essere una Blitzkrieg, e per lo scarso sostegno morale offerto alle truppe. Resta però il fatto che senza Gerasimov le operazioni militari sul campo mancherebbero di una vera regia.

Nikolai Patrushev, segretario del consiglio di sicurezza
Uno dei consiglieri più fedeli dello zar è senza dubbio Nikolai Patrushev, dal 2008 segretario del consiglio di sicurezza nazionale. Patrushev conosce Putin dagli Anni 70. I due hanno servito nello stesso periodo nel Kgb e Patrushev è succeduto proprio a Putin alla guida del Fsb dal 1999 al 2008. Proprio in questo ruolo, avrebbe dato l’ok all’uccisione di Alexander Litvinenko ex spia e dissidente avvelenato a Londra nel 2006 con il Polonio-210. Per molti governi occidentali ci sarebbe il suo zampino anche dietro agli omicidi Skripal. Sottoposto a sanzioni occidentali insieme a uno dei suoi figli – Andrei, dirigente di Gazprom Neft – è l’uomo che conosce i dossier anti-terrorismo in Medio Oriente e in Libia, ed è incaricato a trattare con William Burns, numero uno della Cia. Tre giorni prima dell’invasione dell’Ucraina, durante una riunione del consiglio di sicurezza, Patrushev si era detto convinto che l’obiettivo degli Stati Uniti fosse «lo smembramento della Russia».

Aleksandr Bortnikov, il potente capo del Fsb
Fonte primaria di informazioni per Putin è Alexander Bortnikov, altro veterano del Kgb a Leningrado, che ha sostituito Patrushev alla guida del Fsb. Ha una enorme influenza sugli altri servizi e sul ministero dell’Interno. Dispone anche di proprie forze speciali: i gruppi di élite Alfa e Vympel.

Sergei Naryshkin, il capo delle spie russe
Sergei Naryshkin è il terzo dei vecchi compagni di Putin a Leningrado (completano il trio Bortnikov e Patrushev) ed è a capo dell’intelligence internazionale dal 2016. Balzato agli onori delle cronache occidentali per essere stato pubblicamente umiliato da Putin, in realtà molti analisti sostengono che in fin dei conti si sia trattato di un teatrino visto che il presidente russo amerebbe “giocare” con i suoi più stretti consiglieri. Naryshkrin, tra coloro meno convinti dell’opportunità dell’invasione ucraina, tra il 1988 e il 1992 ha lavorato all’ambasciata sovietica a Bruxelles. Successivamente ha fatto parte dello staff del sindaco di San Pietroburgo. Nel 2004 è entrato nell’ufficio di Putin e dal 2011 al 2016 è stato presidente della Duma, il parlamento russo. È considerato l’ideologo – o uno degli ideologi – del leader del Cremlino.