Russia: Tuva, la repubblica dove la povertà spinge al fronte
Tuva, poverissima repubblica siberiana dove è nato il ministro della Difesa russo Shoigu e si crede che Putin sia la reincarnazione di Gengis Khan, conta il tasso più alto di caduti in Ucraina. Viaggio tra sciamani filo-Cremlino, monaci buddisti e oppositori a Mosca.
Tuva, nella Siberia centromeridionale al confine con la Mongolia, è una delle repubbliche più isolate della Russia, tanto che i locali nemmeno la chiamano per nome: «Oltre i monti Sayan», dicono. La Capitale Kyzyl è raggiungibile solo in aereo o con un’unica strada. La stazione dei treni è una cattedrale nella steppa. I lavori per la ferrovia infatti sono stati bloccati dopo la cerimonia di inaugurazione con Vladimir Putin del 2011. Ma, soprattutto, Tuva (300 mila abitanti circa) – che ha dato i natali al ministro della Difesa Sergei Shoigu – è la regione russa in cui i russi sono una minoranza (solo il 16 per cento della popolazione) ma con la percentuale più alta di caduti in Ucraina su 100 mila abitanti: 29, esclusi i dispersi (in termini assoluti al primo posto restano invece il Daghestan e la Buriazia).

A Tuva il 34 per cento della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà
Il triste record non è casuale. Esattamente come la Buriazia e il Daghestan, Tuva è una delle repubbliche più povere della Federazione: il 34,1 per cento della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, il 6,8 per cento in povertà estrema. Secondo Rosstat, lo stipendio medio nel 2021 era di 20.041 rubli al mese, poco più di 328 euro. Comprensibile dunque che l’esercito sia un’occasione ghiotta. La divisa infatti può garantire dai 730 ai 970 euro al mese. Nel 2015, racconta Meduza in un lungo reportage, a Tuva è stato realizzato un campo di addestramento per fucilieri motorizzati, i cosiddetti Leopardi neri. Ci fu una vera e propria corsa alle armi, pubblicizzata anche dall’esaltazione del celebre connazionale Shoigu, ma nessuno immaginava che sette anni dopo sarebbe scoppiata una vera guerra.
Shoigu e Putin sono considerati le reincarnazioni di Subedei e Gengis Khan
Shoigu a Tuva è eroe nazionale. I suoi ritratti campeggiano sulle facciate dei palazzi di Kyzyl e la passeggiata lungo il fiume Yenisei è stata intitolata nel 2011 – sotto la presidenza Medvedev e con Shoigu al ministero delle Emergenze – al padre Kuzhuget, già segretario del Pcus regionale. L’ammirazione e l’orgoglio per il titolare della Difesa sono tali che viene considerato la reincarnazione di Subedei, braccio destro di Gengis Khan a sua volta – e non poteva essere altrimenti – reincarnazione di Putin. Un paragone lanciato in realtà durante una campagna elettorale di Russia Unita. Partito come una battuta, alla fine è stato cavalcato dal partito e, ora, è tornato d’attualità per la narrazione del governo: I mongoli di Gengis Khan, guidati da Subadei, nel 1223 entrarono a Kyiv saccheggiandola. E da lì lanciarono la campagna per conquistare l’Europa.

Il silenzio del governo sui caduti in Ucraina
I tuvani che partono per l’Ucraina sono celebrati come eroi, anche se con l’andare del tempo le informazioni sui caduti si sono rarefatte. Tra i pochi che cercano di raccogliere informazioni sui morti e sulle loro famiglie, c’è Nadezhda Antufieva, fondatrice nel 1991 del quotidiano Asia centrale. Primo giornale indipendente della repubblica, ha chiuso i battenti per mancanza di fondi nel 2019. «Il numero dei nostri caduti non viene diffuso per non smorzare l’entusiasmo», ha detto la giornalista a Meduza. «Conviene di più scattare foto con un soldato in alta uniforme in giro per la repubblica». Si tratta di Mergen Dongak, il secondo tuviniano ad aver ricevuto il titolo di Eroe della Russia dopo Sergei Shoigu. È lui il testimonial locale della cosiddetta operazione militare speciale di Mosca. Secondo la versione ufficiale del governo, Dongak in Ucraina avrebbe ucciso un comandante e messo in fuga il nemico. Così lungo le strade è tutto un susseguirsi di suoi cartelloni; insieme al governatore, premia gli sportivi e tiene brevi discorsi patriottici.
Le divisioni tra buddisti e sciamani
Nemmeno il clero buddista – il buddismo tibetano insieme con lo sciamanesimo sono le principali religioni di Tuva – si esprime sulla guerra. Lo scorso marzo il Kamby Lama Gelek Natsyk-Dorzhu aveva celebrato un rito di purificazione per i connazionali al fronte. Da allora più nulla, anche se i familiari dei soldati continuano a chiedere riti di protezione. Invece lo sciamano supremo della Russia Kara-ool Dopchun-ool, ex cacciatore di pellicce, nel suo studio pieno di teste di animali impagliati ha appeso i ritratti di Putin, Shoigu e Subedei. Dopchun-ool accusa i buddisti di tutti i mali. Persino il nazionalismo in Ucraina, a suo avviso, si è diffuso dopo la visita del Dalai Lama, a seguito della quale gli ucraini «hanno immediatamente tirato fuori Bandera e rovesciato il loro presidente (Viktor Janukovyc, messo in stato d’accusa e fuggito dopo Euromaidan nel 2014, ndr)». Poco importa che il Dalai Lama non abbia mai visitato l’Ucraina. Per lo sciamano la sua protezione è l’unica a funzionare davvero: chi invece si è rivolto al Lama locale, ripete, è tornato in una bara.

New Tuva, il gruppo che si oppone alla guerra e aiuta i soldati che vogliono lasciare il fronte
Nella patriottica repubblica siberiana esistono anche sacche di opposizione alla guerra. Come il gruppo New Tuva sbarcato su Instagram il 14 giugno scorso. Volto del movimento è l’ex deputato liberal democratico Eres Kara-Sal. Già il 27 febbraio scorso aveva chiesto a Mosca di fermare «lo spargimento di sangue fratricida» e avviare i negoziati di pace perché, aveva aggiunto, «nessuno metro quadrato di terra vale vite umane». Kara-Sal dopo questa uscita si è dimesso dal partito ed è stato minacciato dalle forze di sicurezza di Tuva. Davanti a un possibile processo penale, ha lasciato la Russia ed è stato cancellato dalla pagina istituzionale del parlamento locale, il Supremo Khural. La metà dei 18 membri attivi dell’organizzazione ormai vive all’estero. Il loro compito è fornire assistenza legale ed economica ai soldati che vogliono rescindere il contratto con la Difesa e lasciare l’esercito e finora hanno aiutato circa 200 militari. «A fine maggio, tre ragazzi di età compresa tra i 18 e i 19 anni sono stati immediatamente inviati in prima linea», racconta a Meduza un attivista. «Dopo aver firmato le dimissioni, è stato assicurato loro che entro una settimana sarebbero rientrati in Russia. Invece con l’inganno sono stati rimandati al fronte. A quel punto hanno tentato la fuga». Stando a New Tuva, a Pervomaisk, nella regione di Lugansk, i soldati pronti a disertare sono stati catturati e imprigionati, trasferiti da un luogo all’altro dell’autoproclamata repubblica. Alcuni sono addirittura stati minacciati dai mercenari della Wagner. A Lugansk sarebbero centinaia i militari russi che hanno chiesto di ritirarsi dal servizio. Chi è tornato a casa e ha denunciato la detenzione, ora rischia di finire a processo per falsa denuncia. In totale secondo stime dell’organizzazione sono stati mandati al fronte dai 2 ai 4 mila tuviani (dallo 0,6 all’1,4 per cento della popolazione).

La responsabilità è dei funzionari locali che mandano a morire ragazzi per due soldi
«La gente non aveva una posizione sull‘invasione russa dell’Ucraina», dice Ayan, blogger e avvocato di Tuva, «e ha assorbito quella imposta dal governo. Le persone credono in ciò in cui vogliono credere: e cioè che là fuori ci sono fascisti da uccidere e che i loro figli sono morti per una giusta causa. È difficile rendersi conto che il tuo Stato è terrorista». Per Ayan la maggior parte dei tuviani non ha colpe ma è solo vittima della propaganda: «Quando la maggioranza delle persone vive sull’orlo della povertà, senza aver accesso a un’istruzione di qualità, da dove proviene il pensiero di massa?», si chiede. La vera responsabilità è dei politici e dei funzionari locali che «glorificano la guerra mandando a morire i ragazzi». «Avrei un atteggiamento diverso se uno Stato straniero ci invadesse», spiega Ayan. «Invece la propaganda sostiene che i morti tuvani hanno dato eroicamente la vita per la loro patria. Ma dov’è la nostra patria? Dov’è Tuva e dov’è Lisichansk (città nella regione di Lugansk, ndr)? A migliaia di chilometri di distanza». Anche lui, da giovane, ha votato per Putin e aveva persino firmato un contratto con l’esercito. Ma nel 2017 di dimise dopo aver toccato con mano la discriminazione etnica: i soldati tuviani erano ispezionati ogni giorno, umiliati, solo in base al pregiudizio secondo cui un tuviano nasconde sempre un coltello nei calzini o nelle mutande. Pregiudizi che ora si stanno moltiplicando: gli asiatici siberiani infatti sono presentati come il vero volto dell’invasione. Anche chi torna ferito, sottolinea Ayan, e ottiene un risarcimento di 3 milioni di rubli (meno di 50 mila euro) non se la passa bene. I ragazzi non sanno che fare, dove lavorare e così sperperano quei soldi, cominciando a bere. Perché a Tuva, come in Daghestan, è questa la fine degli eroi che portano a casa la pelle.