Le pressioni della Russia per arruolare gli immigrati dell’Asia centrale
Dall'inizio dell'invasione dell'Ucraina, Mosca fa pressione sui lavoratori immigrati dell'Asia centrale, dall'Uzbekistan al Tagikistan, affinché si arruolino nell'esercito. In cambio, oltre a una paga di poche centinaia di euro al mese, promette di snellire l'iter per la cittadinanza. «Tutte balle, sono usati come carne da cannone», denunciano gli attivisti.
La guerra in Ucraina sta costando cara alla Russia, anche in termini di perdite. Così Mosca, secondo quando ricostruisce il quotidiano indipendente Moscow Times in base a testimonianze e a segnalazioni degli attivisti per i diritti dei migranti, starebbe facendo pressione sui cittadini dall’Asia centrale affinché si arruolino nell’esercito.
La pressione di Mosca sui lavoratori tagiki e uzbeki
I bilanci delle vittime, da una parte e dall’altra, restano avvolti nella propaganda. Difficile infatti risalire con esattezza ai caduti ucraini e russi e alla loro provenienza. Il primo marzo, il quotidiano Ukrainska Pravda aveva reso noti i dati personali di 120 mila soldati russi: nomi, numeri di matricola, luoghi di servizio. Nell’elenco di 6.616 pagine, non verificato in modo indipendente, comparivano però molti nomi tipici dell’Asia centrale. Al Moscow Times, Valentina Chupik, un’attivista per i diritti civili che si occupa prevalentemente di immigrati in Russia, ha però confermato che dal 26 febbraio più di una dozzina di cittadini provenienti dall’Asia centrale ha chiesto la sua consulenza legale in seguito alle pressioni ricevute per firmare un contratto con l’esercito russo.

La cittadinanza russa in cambio di una firma per entrare nell’esercito
Chupik ha riferito di aver ricevuto chiamate da 10 immigrati tagiki e uzbeki residenti in Russia. Sarebbero stati contattati telefonicamente da presunti studi legali specializzati in immigrazione che promettevano loro di accelerare l’iter per ottenere la cittadinanza russa se si fossero arruolati nell’esercito. «Si tratta di una menzogna, la legge non lo permette», ha spiegato Chupik. «Ho detto a questi ragazzi non è altro che un truffatore». Ma i ‘reclutatori’ russi agiscono anche in un altro modo. Nelle stazioni della metropolitana di Mosca sono stati allestiti infopoint dove funzionari cercano di convincere i pendolari a entrare nell’esercito volontario della Repubblica popolare di Donetsk. Anche in questo caso vengono presi di mira i migranti attirati con la promessa di ottenere la cittadinanza in soli sei mesi. Secondo Chupik il governo starebbe usando i migranti come carne da cannone in Ucraina, arruolandoli non solo attraverso il ministero della Difesa ma anche con compagnie di contractor. Per questo su Facebook l’attivista ha invitato gli immigrati provenienti dall’Asia centrale tra i 18 e i 60 anni a lasciare immediatamente la Russia.
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Si va in guerra con un contratto di tre mesi a 440 euro
Non mancano le testimonianze e i video che confermano queste pressioni. In un video diffuso su Telegram un soldato uzbeko ha detto di essere stato obbligato ad arruolarsi con i russi per la sua esperienza in Afghanistan. «Ci sono molti uzbeki nell’esercito russo, e molte persone provenienti dal Tagikistan. Abbiamo tutti un contratto», ha aggiunto. Contattato da Radio Free Europe/Radio Liberty, l’uomo ha confermato di aver firmato un contratto di tre mesi con uno stipendio da 50 mila rubli, nemmeno 440 euro, e la promessa di ottenere la cittadinanza russa. L”offerta di lavoro’ in questo caso era stata pubblicata dal sito di annunci UzMigrant.

Anche chi ha ottenuto il passaporto russo è ricattabile
Anche chi ha già ottenuto un passaporto russo però è bersaglio delle pressioni di Mosca. In un video caricato su TikTok dall’account @kyrgyznation a inizio marzo un uomo denunciava: «Se hai un passaporto russo e ricevi una convocazione dall’esercito prova a tornare in Kirghizistan». Il video, prima che venissero disattivati i commenti, è stato inondato di offese e critiche contro i kirghisi che sfuggirebbero alla guerra. «I centroasiatici naturalizzati temono che venga loro revocata la cittadinanza e sono così costretti a firmare un contratto con l’esercito», ha spiegato Chupik al Moscow Times. «Devono rifiutare. È meglio perdere la cittadinanza che morire in una guerra ingiusta o diventare un assassino mercenario». Una scelta comunque difficile visto che la cittadinanza russa è considerata un eldorado per molti migranti dell’Asia centrale in cerca di lavoro. Per avere un’idea è sufficiente dare uno sguardo ai numeri: le rimesse del lavoro dall’estero, principalmente dalla Russia, rappresentano il 30 per cento del Pil del Tagikistan e il 28 per cento di quello del Kirghizistan. Nel 2021, lavoravano in Russia 4,5 milioni di uzbeki, 2,4 milioni di tagiki e 920 mila kirgizi. Lavoratori spesso vittime di abusi e sfruttamento. Ottenere la cittadinanza russa cambierebbe per loro le cose. Anche se spesso l’iter viene oliato con mazzette e falsificazione di documenti. I richiedenti così diventano ricattabili.

La stretta di Tagikistan e Uzbekistan contro i mercenari
Ma non è finita. Questi lavoratori immigrati si trovano infatti stretti tra le pressioni e le minacce di Mosca e la stretta contro i contractor dei Paesi d’origine. In Russia i cittadini stranieri tra i 18 e i 30 anni possono prestare servizio a contratto nell’esercito dal 2003. Nel 2015, anno in cui Mosca ha aiutato il regime di Damasco nella guerra contro i cosiddetti ribelli siriani, Putin ha firmato un decreto che apriva alla agenzie di contractor straniere nelle operazioni dell’esercito russo. I governi dell’Asia centrale però contrastano i mercenari. Il Tagikistan per esempio punisce i propri foreign fighter con la reclusione fino a 20 anni. Dopo l’invasione russa in Ucraina, il ministero della Giustizia uzbeko ha stabilito che i cittadini arruolati in un esercito o in una forza di polizia stranieri rischiano fino a cinque anni di carcere. Un modo per evitare gli arresti è naturalmente acquisire la cittadinanza russa. Non a caso a fine dicembre 2021, meno di due mesi prima dell’invasione, Putin aveva proposto di accorciare l’iter per i soldati a contratto provenienti dalle ex Repubbliche sovietiche. Nonostante i rapporti economici con la Russia, i leader dell’Asia centrale hanno evitato di approvare o criticare apertamente la guerra di Mosca. All’assemblea generale delle Nazioni Unite del 2 marzo, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan si erano astenuti, mentre Uzbekistan e Turkmenistan non avevano proprio votato. Recentemente però il ministro degli Esteri uzbeko Abdulaziz Kamilov si è espresso nettamente contro la guerra. «In primo luogo, l’Uzbekistan è seriamente preoccupato per la situazione intorno all’Ucraina», ha dichiarato davanti al parlamento. «In secondo luogo, vogliamo trovare una soluzione pacifica e risolvere il conflitto attraverso mezzi politici e diplomatici. Ma per farlo, prima di tutto, le ostilità e la violenza devono cessare immediatamente».