Alevtina Shernina era soltanto una bambina quando, durante la Seconda Guerra Mondiale, riuscì a sopravvivere all’assedio di Leningrado, consumatosi tra il 1941 e il 1944. Oggi, a 80 anni di distanza, anziana e così fragile da non riuscire a parlare e a muoversi senza qualcuno che la assista, si trova a rivivere nuovamente l’incubo della guerra. A 91 anni, residente a Kharkiv, la seconda città più estesa dell’Ucraina e una delle aree urbane più colpite dagli attacchi dell’esercito russo, Shernina è stata costretta a riabituarsi al suono delle bombe, che hanno distrutto le finestre del suo appartamento. A causa della salute precaria, è intrappolata tra le quattro mura di casa e non può scappare via né ripararsi in un rifugio antiaereo. I problemi di cuore da cui, da tempo, è affetta, infatti, la rendono troppo debole per poter camminare da sola e, addirittura, per essere trasportata nei sottoscala dove, in questi giorni, i suoi concittadini si rifugiano per scampare ai raid aerei. «Prima che scoppiasse il conflitto era reattiva, parlava, adesso non risponde più a nessuno», ha raccontato al Guardian la nuora Natalia che, come la suocera, è rimasta terrorizzata dal bombardamento. «Ero in cucina a preparare del tè e, all’improvviso, non ho più capito cosa stesse succedendo. Ho aperto la porta e c’era del fuoco vicino al davanzale. Poi, ho visto le finestre andare in mille pezzi».

Alevtina Shernina: sotto assedio come a Leningrado
Scoraggiata, pallida e con gli occhi vuoti, Shernina trascorre le sue giornate su una poltrona, avvolta da una coperta, vicino a una stufa e a un tavolino con tutti i farmaci che le ha prescritto il medico. «Sento una rabbia enorme a pensare che, da piccola, Alevtina ha iniziato la sua vita a Leningrado sotto assedio, tra freddo e fame, e ora sta per avviarsi alla fine nello stesso, identico modo», ha proseguito Natalia, che, presa dalla collera, non si è fatta problemi a sparare a zero sulle truppe di Vladimir Putin e a paragonarle ai fascisti che assediarono Leningrado, oggi San Pietroburgo, per oltre 900 giorni. «Ma come fanno a proclamarsi difensori?», ha tuonato, «chi sono venuti a proteggere?».

Le scarse possibilità di fuga di Alevtina Shernina dalla zona di conflitto
Tra i ricordi che la 91enne ha conservato di quel tragico periodo c’è anche una tessera che attesta lo status di sopravvissuta a Leningrado. Tanti altri non ebbero la stessa sorte. Si calcola che morirono almeno 700 mila persone, ma le stime sono approssimative. Un incubo in cui da giorni si trova stretta anche Kharkiv a 40 chilometri dal confine russo. Alcuni residenti sono riusciti a salire sul primo aereo e a volare via. Altri, invece, come Shernina e la famiglia, sono stati obbligati a rimanere, affidandosi solo alla speranza che tutto possa concludersi al più presto.

«Ci piacerebbe andare via ma Alevtina non può farlo, è rischioso spostarla», ha aggiunto la nuora. «In più, mia figlia lavora come dottoressa nel reparto maternità dell’ospedale e anche questo ci trattiene qui. Esce per andare a lavoro quattro giorni a settimana, perché è rischioso muoversi da sola di notte». Per raggiungere la struttura percorre a piedi oltre sei miglia, visto che i trasporti pubblici non sono più attivi. E, dello staff medico con cui ha sempre lavorato, è rimasto solo un terzo perché molti colleghi sono stati evacuati per paura di nuovi agguati. Prospettiva che le due temono possa toccarle da vicino: per questo, stanno valutando una strategia che, in caso di nuovi attacchi, permetterebbe loro di spostare l’anziana capofamiglia in uno spazio sotterraneo provvisto di brandine di metallo fissate alle mura di cemento e in grado di darle un minimo di agio. «Si tratta comunque di una possibilità remota e difficile da mettere in pratica», ha concluso Natalia, «muoverla senza recarle danno sarebbe molto difficile e non riusciremmo mai a nasconderci in tempo».
