L‘invasione dell‘Ucraina rappresenta una cesura tra la Russia e l’Occidente. Oltre 30 anni dopo la fine della Guerra fredda vengono ridefiniti gli equilibri continentali, con un fossato che si riapre tra Mosca e l’Europa, ricompattata di fronte al nemico comune e riavvicinata agli Stati Uniti. Ritorna così la divisione in due blocchi, attraverso un conflitto causato proprio dal duello, nemmeno troppo sottotraccia, che Russia e Stati Uniti hanno combattuto sui diversi scacchieri. Uno dei quali, quello ucraino, negli ultimi 20 anni è stato il teatro di questa proxy war, una guerra per procura che ha visto dalla rivoluzione del 2004 al 2022 una costante escalation.
Dal Donbass alla Georgia, come la Russia è diventata l’alternativa ad Europa e Stati Uniti
Passando attraverso il regime change e l’annessione della Crimea del 2014, la guerra nel Donbass negli ultimi otto anni e l’invasione oggi dell’ex repubblica sovietica, si riconosce una linea ben definita. Che con lo sguardo oltre l’Ucraina, tra il Blitzkrieg in Georgia nel 2008, l’intervento in Siria nel 2015, ha ridefinito la posizione della Russia come alternativa e quella di Europa e Stati Uniti. Niente più sogni di un continente unito da Lisbona a Vladivostok e il ritorno quindi allo schema dei blocchi contrapposti. Con la differenza che rispetto all’ordine creato dopo la fine della Seconda guerra mondiale, c’è anche un altro grande attore, la Cina.

La svolta anti-occidentale ed euroasiatica di Vladimir Putin, è un prodotto della rinascita della Russia come potenza continentale, della ripresa di quella volontà imperialistica vista nel passato dagli zar a Stalin, ed è anche la reazione a quello che negli scorsi tre decenni è accaduto nei rapporti con gli Stati Uniti e con l’Europa. La guerra in Europa non è una novità, con le devastazioni nei Balcani per un decennio negli Anni 90 e decine di migliaia di morti, ed è stata la regola per gli occidentali negli ultimi 20 anni, con i militari statunitensi e della Nato impegnati tra Afghanistan, Iraq, Libia, Siria. Ancor di più nello spazio post-sovietico, con le lotte fratricide in Tagikistan, Georgia, Armenia e Azerbaijan, tutte scaturite dopo il crollo dell’Urss, ben prima che Putin facesse capolino al Cremlino.
Perché Bruxelles e Washington non hanno evitato la guerra in Ucraina
La differenza con le guerre occidentali recenti è che questa volta in Europa l’Alleanza atlantica sta fuori dal teatro più vicino e importante, lasciando l’Ucraina in pasto a Putin. Se Mosca ha scelto il conflitto con Kiev, Bruxelles e soprattutto Washington non hanno potuto, e nemmeno voluto, evitarlo. Da questo punto di vista c’è davvero da chiedersi, anche, quali errori siano stati fatti dall’Occidente di fronte a un leader che al contrario di quello che spesso si dice è stato sempre ben decifrabile, anche e proprio in quest’ultima occasione che ha visto gli Usa, tra propaganda e strategia, comunque ben consapevoli di ciò che poteva avvenire e sta avvenendo.

Il nuovo muro tra Russia e Occidente ma in un mondo interconnesso
I ponti adesso sono tagliati. La Russia non appartiene più all’Occidente né lo farà per molto tempo. Il muro di una volta è ricostruito, ma il mondo è cambiato. Al di là del discorso della Cina, che farà da spalla in chiave anti-americana e del nuovo ordine mondiale multipolare, Mosca ha scelto la strada del confronto, voluto dai falchi intorno al Cremlino e imposto da quelli che a Washington hanno sempre spinto dal 1991, indipendentemente dal presidente in carica, per tentare di ridimensionare la Russia erede dell’Unione Sovietica. La differenza con la vera Guerra fredda del XX secolo è che il terzo millennio è quello dell’integrazione mondiale economica, finanziaria, tecnologica e ri-isolarsi, o ri-isolare, sul lungo periodo, sarà complicato: vale naturalmente per le sanzioni dell’Occidente e anche per il futuro dei russi, che difficilmente accetteranno un ritorno all’Urss, non tanto inteso come sistema ideologico e di valori antitetico a quello occidentale, ma come spazio chiuso e di regressione economica. Putin vuole risolvere la questione ucraina in fretta, per evitare appunto riflessi devastanti sul Paese e sulla leadership, esattamente il contrario di chi a Washington vuole un terremoto a Mosca, costi quel che costi.