L’ammiraglio Igor Osipov, comandante della flotta russa nel Mar Nero, è stato rimosso dall’incarico e arrestato dopo l’affondamento del Moskva, l’incrociatore di Mosca che coordinava il blocco navale davanti a Odessa, affondato pochi giorni fa. Lo riporta il media polacco Onet citando il portale Defence Express, che scrive di una« caccia ai responsabili della disfatta». Sempre secondo la stessa fonte, i russi stanno conducendo sopralluoghi nel punto dell’affondamento della nave: sarebbe sotto inchiesta anche il vice ammiraglio Arkady Romanov, che per adesso ha assunto la guida della flotta nell’area.

Affondamento del Moskva, per il Cremlino non sono stati i missili ucraini
La notizia di una rappresaglia da parte del Cremlino nei confronti dei militari responsabili dell’affondamento della Moskva era già emersa. Il Corriere della Sera aveva già scritto di voci su una «punizione inflitta a Osipov, arrestato e malmenato». Il capitano Anton Kuprin sarebbe invece morto in occasione dell’attacco ucraino, sferrato con missili Neptunes. Ma anche in questo caso non ci sono certezze: se da una parte Kyiv rivendica l’affondamento del Moskva (con conferme del Pentagono), il Cremlino continua a parlare genericamente di un’esplosione a bordo. Per quanto riguarda le vittime, secondo fonti russe vicine al comando della flotta russa, il bilancio dell’affondamento dell’incrociatore è di 37 morti e almeno 100 feriti. Le autorità di Mosca, in un comunicato, hanno invece riferito che l’intero equipaggio è stato messo in salvo, mentre i parenti dei marinai denunciano decine di morti e dispersi.

Affondamento del Moskva, una vicenda che ricorda quella del Kursk
Il Moskva, fiore all’occhiello dell’esercito di Vladimir Putin, era un gigante bellico dal valore di oltre 750 milioni di euro: anche se è affondato, diverse navi russe stanno presidiando l’area dove l’incrociatore è stato colpito e si è inabissato. Continua il mistero attorno a una vicenda che, in Russia e non solo, sta ricordando quella del sottomarino Kursk, la cui esplosione nel 2000 causò la morte di 118 marinai.